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Giovanni Leone, omicidio mediatico ?

DISCUTIAMONE

Giovanni Leone, omicidio mediatico Il titolo è mio ma l’articolo è di Pierluigi Battista ed è comparso  a pag. 35 del Corriere della Sera del 21 settembre 2009, pag. 35. E’ un articolo su un tema specifico e non è, quindi, soggetto a scadenza. Potrebbe fungere, a mio parere, da battistrada in merito ai guasti che possono essere determinati da una stampa male indirizzata, il giornalismo scimitarra, come lo definisce Battista. Ma ecco come viene descritto il caso dell’ex Presidente della Repubblica: giovanni_leone“Ora va molto di moda sui giornali, anche quelli più aggressivi e senza scrupoli, deplorare la pratica chiamata “character assassination”, il massacro dell’immagine e della reputazione di un nemico politico sottoposto alla gogna mediatica. Non sarà dunque superfluo ricordare che, negli anni Settanta, contro l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, l’Italia ha assistito a uno dei più riusciti esperimenti di assassinio d’immagine, a una campagna spietata di denigrazione politico-giornalistica che anticipò la condanna e sfociò nella distruzione umana e politica della vittima designata.. Così come è doveroso riflettere sul fatto che, tra chi approntò la ghigliottina dove far rotolare la testa del povero Leone, si segnalarono gli sforzi congiunti del feroce giornalismo ricattatorio dei dossier e di quello progressista, altrettanto feroce ma pateticamente smanioso di conquistarsi i galloni di un caso Watergate all’italiana. Decenni dopo l’assassinio d’immagine e quello politico, Giovanni Leone fu beffardamente “riabilitato”. Ma la “riabilitazione” è un’orrenda pratica stalinista con cui gli stessi Giovanni Leone in visita a Grumocarnefici elargiscono “post mortem” alla vittima un derisorio risarcimento. Solo i radicali Pannella e Bonino e il presidente Napolitano hanno dimostrato un autentico rammarico per il misfatto compiuto. Ma i tardivi scopritori delle nefandezze di quel rito atroce designato come “character  assassination” non sembrano colpiti dal cumulo di false accuse, ingiurie, diffamazioni con cui il giornalismo al veleno di Mino Pecorelli (riesaminato non senza coraggio da Alessandro Campi sul Riformista) e quello di Camilla Cederna e dell’Espresso, più blasonato e ispirato all’epopea delle inchieste civili contro il potere di matrice anglosassone, allestirono la tenaglia che avrebbe stritolato Leone e la sua famiglia. Non era vero nulla (molto utile la lettura di “Giovanni Leone. Un caso giornalistico degli anni Settanta” pubblicato nel 2005 da “I quaderni di Desk”). Non era vero che Leone fosse l’”Antelope Cobbler” dello scandalo Lockeed. Non era vero che il Quirinale di quegli anni fosse il sordido palcoscenico delle presunte 20081112_02sregolatezze della famiglia del presidente, come insinuava con insistenza ossessiva Pecorelli e come arrivò a voler credere, per odio nei confronti di Leone e della DC, la sinistra politica e giornalistica di allora. Ancora sotto choc per la tragedia di Moro, la DC e il PCI costrinsero Leone, innocente al cento per cento, alle dimissioni. Il giornalismo duro e puro esultò: l’assassinio d’immagine aveva anticipato quello politico. Oggi chi, da destra e da sinistra, sposa nuovamente con soddisfazione quel tipo di giornalismo-scimitarra chiamato “character assassination” (addossandone la colpa solo all’avversario) dovrebbe meditare sulla persecuzione che colpì Giovanni Leone: una vergogna giornalistica che non ammette <riabilitazioni>.

L’articolo è scritto in modo magistrale.  Ma  fa soprattutto riflettere il Cerimoniasuo contenuto, il quale potrà opportunamente fungere da monito, riflessione, spunto per dei ragionamenti in merito ad episodi più recenti che stanno dinanzi agli occhi di tutti, in un campo o nell’altro. Tutto ciò senza voler “parteggiare” in alcun modo. I fatti di costume, quando ci sono, appartengono a tutti. Questi fatti, per dirlo con Battista,  si riassumono in “condanne preventive da parte dell’opinione pubblica, promosse dal giornalismo-scimitarra”. Potrebbero, questo tipo di condanne far capolino ancora nel nostro democratico Paese?  Io penso di sì ma lascio volentieri la parola a voi. Lorenzo.rm

LORENZO.RM
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