Femminilità al lavoro !!
Scritto da Scoiattolina il 31 Maggio 2010 | 35 commenti- commenta anche tu!
Femminilità al lavoro
Il” valore D” e la nuova economia
Ho trovato sulla rivista Alternative per il socialismo n. 12/2010 (la rivista di Fausto Bertinotti, per intenderci) un articolo di Lea Melandri con il titolo riportato sopra. Ne ho preso alcuni stralci per farvelo valutare e, soprattutto, spingervi al dialogo. E’ un articolo “pessimista” sulla volontà e intenzione di far crescere davvero la donna sul piano del lavoro. Ma, comunque, il pericolo che le nuove cosiddette conquiste siano aria fritta c’è sempre.
Ecco alcuni stralci che mi sembrano significativi.
“Sugli stereotipi di genere non si è fondato solo il dominio dell’uomo sulla donna, o della storia sulla natura, ma anche la divisione sessuale del lavoro. Le donne sono state storicamente confinate sul versante che è parso più vicino alla “loro” natura di genitrici, custodi della sessualità e degli interessi della famiglia; l’uomo ha riservato a sé la sfera pubblica, senza rinunciare per questo ad estendere il suo dominio sugli interni delle case: “Come una stirpe –scrive Freud – o uno strato di popolazione che ne abbia assoggettato un altro per sfruttarlo”.
E’ ormai da alcuni secoli che le donne hanno cominciato la loro migrazione verso i
territori riservati all’altro sesso, tanto che oggi si può parlare di una “femminilizzazione” dello spazio pubblico. Tuttavia, tenendo conto che nel rapporto tra i sessi le “permanenze”sono molto più frequenti dei cambiamenti, è lecito chiedersi quanto lo spostamento dei confini tra privato e pubblico abbia modificato il destino femminile, la collocazione materiale e simbolica che l’uomo ha assegnato alla donna.
Al di là delle costruzioni immaginarie che la cultura maschile vi ha messo sopra nel corso del tempo,
è ipotizzabile che all’origine , a determinare il destino della donna, siano state la capacità biologica di fare figli e la soddisfazione sessuale che l’uomo ha tratto dal suo corpo. Intorno a queste due “potenti attrattive” si è strutturato il paradosso o la contraddizione che rende tuttora così difficile uscire dalla divisione sessuale del lavoro. La maternità è ciò che rende la donna potente agli occhi dell’uomo figlio, il quale dipende da lei per la nascita, le cure e l’amore, essenziali per la sua sopravvivenza; ma è stata anche, storicamente, la ragione per escludere le donne dalla “polis”, mantenerle in uno stato di minorità sociale, giuridica e politica.
Oggi, pur restando ancora predominante nei servizi alla persona, la presenza femminile ha guadagnato terreno: a richiedere “competenze” femminili, capacità relazionali e flessibilità, è il sistema produttivo stesso, la nuova economia incentrata sul lavoro cognitivo, immateriale.
Contratti atipici, part-time, assunzioni personalizzate, sembrano oggi venire incontro sia alle
necessità del sistema produttivo che al desiderio di molte donne di conciliare maternità e lavoro, il “doppio sì” di cui parla il Gruppo lavoro della Libreria delle donne di Milano nel Quaderno di Via Dogana 2008.
Amore e lavoro, riunificati nello spazio pubblico, possono far calare di nuovo sulle coscienze il “lungo sonno” che ha impedito fino alle soglie della modernità di sottrarre alla “natura” il dominio di un sesso sull’altro.
Dicono oggi le donne
Anche se noi lavoriamo fuori casa, le responsabilità della casa e dei figli rimangono sempre nostri. Non si vuole ric
onoscere questo come un lavoro, ma come una funzione naturale della donna e quindi non ci viene neanche pagato. Tutto questo non ha niente a che vedere con le nostre caratteristiche biologiche, con la nostra capacità di partorire. Tutte le donne sanno che, per quanto doloroso sia il parto, esso è ancora poco in confronto alla fatica sfibrante di tutti i giorni che lo seguono. Non solo quindi partorire in questo modo non è naturale, ma di certo anche accudire i figli (e i loro padri) in questo modo non è naturale. Il peso del funzionamento della casa è tutto sociale. Le donne non fanno i figli da sole, li crescono da sole. Proprio perché noi facciamo tutto questo gratis, il capitalismo risparmia tutti i
miliardi che altrimenti dovrebbero spendere in servizi sociali. Noi sosteniamo i nidi, le scuole materne, le mense, le lavanderie nei quartieri, suppliamo a tutte le carenze dei servizi, anche di quelli sanitari. Se si ammala un nostro familiare chi lo assiste siamo ancora noi donne, sia che stiamo in casa, sia che venga ricoverato in ospedale. Anche negli ospedali noi copriamo con il nostro lavoro gratuito di assistenza, giorno e notte, la mancanza di personale sanitario. Ancora una volta il nostro lavoro, imposto come ricatto affettivo, non viene riconosciuto come tale. Negli ospedali le donne spazzano i pavimenti, lavano i gabinetti, o fanno le infermiere, di sicuro non sono mai primari. Anche negli ospedali le donne vengono ricattate con il loro “ruolo femminile e costrette a fare i lavori più pesanti (Basta tacere, Lotta femminista, Ferrara 1973)”.
Lea Melandri.
Certo c’è molta passione, qualche esagerazione, ma davvero vi sembrano questioni di
poco senso quelle affrontate? A me ha preso male allo stomaco. Certo che, se estensione alla dimensione pubblica del ruolo tradizionale della donna nella famiglia vuol dire questo, quale inganno sarebbe per la donna che, invece di crescere in dignità, libertà e parità, accrescerebbe la sua dipendenza e schiavitù...lorenzo.rm
Ma, discutiamone riflettendo. Vi va?
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