discutiamone ………L’incultura!!
Scritto da Scoiattolina il 26 Ottobre 2010 | 13 commenti- commenta anche tu!
L’incultura
Sono riflessioni in libertà. Ma devo dire agli amici che sono anni che soffro quando, alla radio o alla televisione, sento dire che il portiere della Fiorentina, di nazionalità francese, si chiama Sebàstian e non Sebastién, che il giocatore della Roma Juàn si chiama Quàn (come se fosse argentino) e non correttamente Giuàn (essendo brasiliano), che l’ex allenatore dell’Inter Mourinho viene chiamato Cosé e non Giosé. Ripeto, sono anni e mi sono sempre domandato perché non si ponesse fine a questo “cedimento” all’incultura. La verità è che nessuno si impiccia, compresi gli interessati, per farsi rispettare da un pubblico ignorante e aggressivo. E tanto aggressivo che non sopporta neppure di essere corretto. Sicché il portiere francese rimane Sebàstian, come se fosse tedesco, e il giocatore della Roma rimane Quàn anche se è brasiliano. Però il portiere dell’Inter, anche lui brasiliano, viene chiamato correttamente Giulio e non Culio. Paradossi dell’incultura dunque.
Mi veniva in mente questa cosa quando vedevo che i colleghi di Parliamone, già Riflettiamo, avevano imbastito tutto un ragionamento sul tema “Ignoranza è bello”, mettendo in croce il protagonista di una favoletta di Rodari perché egli, a dei poveri emigrati di secoli fa, voleva insegnare che “ho andato” non è forma corretta e che si deve (o dovrebbe dire) “sono andato”. Alla fine il poveretto quasi si vergogna di se stesso accettando una curiosa “evidenza”: quella di non aver capito che i veri problemi sono “altri”, come se ogni cosa non avesse la sua importanza e come se, tutto sommato, il corretto uso degli ausiliari fosse davvero secondario.
Mi ricordo, in proposito, Bertolt Brecht, il quale, scrivendo la “Lode dell’imparare”, aveva fatto della
conquista della cultura per i lavoratori la chiave di volta della vera crescita del movimento operaio. Senza di essa, infatti, i lavoratori non si sarebbero mai potuti mettere alla testa della società e dello stato. E mi ricordo le grandi battaglie per la scuola, posta sempre in primo piano delle conquiste da rivendicare da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
C’è forse un “sonno della ragione, un’incultura di ritorno? Non sarebbe gran cosa, anzi sarebbe un tragico errore. Meglio favorire, con i dovuti modi per carità, e con reciproco rispetto, un proficuo dialogo fra chi sa e chi non sa e cerca di apprendere, con vantaggio di tutti, in questa società distratta e partigiana (non certo quella della Resistenza).
Lorenzo.rm

