Scritto da Scoiattolina il 26 Gennaio 2011 |
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Le altre donne
Il disagio è profondo. Lo dico come sindacalista impegnato da decenni per affermare
i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei pensionati, dei deboli, delle donne. Dal ’46 cerchiamo
ogni giorno di conquistare un nuovo, piccolo o grande diritto, o di riaffermarlo, senza mai dare
nulla per scontato.
E sappiamo bene come le donne, spesso sole e anziane, a volte con problemi di salute, stanno ogni
giorno al nostro fianco nelle piazze, nelle sedi Spi e Cgil e nei luoghi del volontariato. A testa alta,
con la nostra Costituzione sotto braccio, per riaffermare dignità e diritti, soprattutto per i più deboli.
Il disagio è profondo, nel constatare che il corpo delle donne torna ad essere, ancora,
prepotentemente oggetto di scambio, di favori, di violenza. Che la bellezza esteriore prevale su
quella interiore, sui valori, sull’intelligenza, sull’istruzione, sull’educazione. Che il mostrare il
proprio corpo è il primo passo per concederlo successivamente al potente di turno, al conduttore
televisivo, al direttore di rete, al politico prepotente. Che la chirurgia estetica è considerata più
efficace di una laurea, di un’esperienza di formazione nel mondo del lavoro o del volontariato.
Così, mentre da una parte si privano i giovani del futuro, emarginandoli dal lavoro ed espropriandoli
dei loro sogni; i lavoratori precari dalla possibilità di crearsi un progetto di vita e di famiglia;
dall’altra si propongono con sempre più insistenza modelli culturali basati sulla mercificazione del
corpo e delle coscienze.
Si, è proprio un baratro culturale quello che in questo decennio si sta producendo. Una cortina che
progressivamente offusca diritti e dignità. L’immagine della donna che il nostro Paese produce e
veicola, anche all’estero, è più vicina a quella delle democrazie mancate che di quelle evolute.
Un contagio lento che dalle televisioni commerciali e dai rotocalchi della cronaca rosa è entrato
nelle nostre famiglie, e le ha catturate, spesso anestetizzate; che ha toccato l’immaginario di coloro
culturalmente ed economicamente più poveri. Il corpo come unica merce per un riscatto altrimenti
impossibile. Un rito sacrificale a cui giovani e meno giovani si rendono spesso disponibili, nelle
lunghe maratone per una selezione ad un talk show di uno di quei tanti programmi-spazzatura che
abbondano sempre più nelle tv commerciali nazionali e locali.
Una fuga creduta facile e sostituiva di una sofferta e faticosa costruzione di un futuro fatto di studio,
formazione, lavoro ed impegno sociale; ancora più difficile per ragazze spesso immigrate
illegalmente, estranee ad una nuova società che non accoglie e non offre opportunità di inserimento,
di cittadinanza.
Ma non ci arrendiamo. Alla marginalità, alla violenza, allo sfruttamento sessuale delle donne noi
dobbiamo opporre, come antidoto, la cultura dell’inclusione, del dialogo, dei diritti. E siamo
convinti che il luogo giusto per farlo sia lo spazio pubblico.
La strada, la piazza, i luoghi dell’incontro, le sedi sindacali, i centri culturali e le associazioni del
volontariato. Luoghi aperti, diversificati, dove esperienza personale ed esperienza collettiva possano
ricomporsi. Dove ripartire da quel disagio, con la forza della verità e della dignità, dove riprogettare
assieme un riscatto culturale che ci rimetta sul sentiero delle democrazie evolute.
Un riscatto culturale che rifiuti l’immagine di un “paese-bordello”, dove si utilizzi il potere per calpestare i diritti delle donne e non solo.
Svegliarsi è un obbligo di tutti, e non solo delle donne....
SCRITTO DA AACIMA
