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La Domenica del Bosco

   

 

Erano altri tempi, la selvaggina era abbondante, non c’era l’esigenza di fermi biologici o di ripopolamento delle specie in via di estinzione. Si andava a caccia non solo per il gusto di snidare le prede e portare a casa un ricco carniere ma anche per una salutare sgambata all’aria aperta. Solitamente si organizzava la battuta in gruppo, tre, quattro al massimo. Si preparava tutto dalla sera prima: doppietta, cartucce e cartucciera, carniere, sacca con generi di conforto, pane, salsiccia secca, immancabile coltello a serramanico, formaggio e, per completare, non poteva mancare una bella fiasca di malvasia, quella buona. I cani seguivano i preparativi e si rendevano conto che il giorno dopo sarebbe stata giornata di libera uscita per loro ed entravano in smania, forse anche loro dormivano poco la notte della vigilia. Ci si alzava prestissimo e ci si avviava per tempo in modo da essere sul posto al sorgere del sole, l’ora migliore per scovare le prede al loro risveglio e fare bottino.

Anche per Otto i preparativi erano gli stessi, meticoloso come sempre, maniaco della precisione fino all’eccesso ma preferiva la battuta da solitario. Per lui aveva più valore la passeggiata in sé stessa più che la battuta di caccia vera e propria.

Preferiva soffermarsi ad ammirare l’alba, ad osservare il contorno delle montagne, la natura selvaggia dei boschi e della campagna e, all’occorrenza, nella stagione giusta, a fare raccolta di funghi mangerecci dei quali era ghiotto.

Brillo, il suo cane, sapientemente addestrato, conosceva bene il suo padrone e lo assecondava in tutto, anche nella ricerca dei funghi che, con il suo fiuto, riusciva a scovare pure se erano coperti da uno strato abbondante di foglie cadute dagli alberi per gli effetti stagionali dell’autunno.

Per il cacciatore solitario non era importante premere il grilletto ogni volta che il suo segugio stnava una preda ma, in un millesimo di secondo, valutava se sparare o lasciar vivere l’animale scovato, fosse questo un volatile, un coniglio o un leprotto. Spesso preferiva la seconda soluzione con la convinzione che il suo gesto era un suo dono personale alla salvaguardia della natura.

Anche oggi, nell’augurarvi una Buona e serena Domenica, posso dirvi che ho voluto fare questa breve premessa per proporvi la lettura di una premiata composizione poetica il cui autore avete già capito chi può essere.

Grazie per la cortese attenzione.

                                                 

  

       

   

                        Sei nobile e superba,

sei “sarda” stanziale,

ami l’ecologia e vivi

tra lentischi e mirti

e nei maggesi preferiti.

Con il tuo volo radente

e le piume al vento,

passi dal colle alla valle

e ignori altri lidi.

Invisibile tra gli asfodeli,

temi l’astore misterioso

più solerte del cacciatore.

Nelle aurore il tuo canto

dà lietezza, chiama a raccolta

e rasciuga la guazza.

Quante volte stanata

dal cane in “ferma”

al frullare delle sue ali,

al suo andare veloce e altera,

al suo volo tra le forre,

costoni, balze e balze,

al suo planare elegante

tra le stoppie arse di sole,

son rimasto trepido, attonito,

ignorando lo schioppo

felice e libero

ebbro di solitudine,

amando questa caccia

come una musica misteriosa,

senza bottino o preda,

sognando la cinepresa.

Assaporavo questi istanti

E alla sera contento e fiacco

rientravo come dopo un’ora d’amore…

                        

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