Scritto da Giuseppe il 21 Ottobre 2012 |
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Erano altri tempi, la selvaggina era abbondante, non c’era l’esigenza di fermi biologici o di ripopolamento delle specie in via di estinzione. Si andava a caccia non solo per il gusto di snidare le prede e portare a casa un ricco carniere ma anche per una salutare sgambata all’aria aperta. Solitamente si organizzava la battuta in gruppo, tre, quattro al massimo. Si preparava tutto dalla sera prima: doppietta, cartucce e cartucciera, carniere, sacca con generi di conforto, pane, salsiccia secca, immancabile coltello a serramanico, formaggio e, per completare, non poteva mancare una bella fiasca di malvasia, quella buona. I cani seguivano i preparativi e si rendevano conto che il giorno dopo sarebbe stata giornata di libera uscita per loro ed entravano in smania, forse anche loro dormivano poco la notte della vigilia. Ci si alzava prestissimo e ci si avviava per tempo in modo da essere sul posto al sorgere del sole, l’ora migliore per scovare le prede al loro risveglio e fare bottino.
Anche per Otto i preparativi erano gli stessi, meticoloso come sempre, maniaco della precisione fino all’eccesso ma preferiva la battuta da solitario. Per lui aveva più valore la passeggiata in sé stessa più che la battuta di caccia vera e propria.
Preferiva soffermarsi ad ammirare l’alba, ad osservare il contorno delle montagne, la natura selvaggia dei boschi e della campagna e, all’occorrenza, nella stagione giusta, a fare raccolta di funghi mangerecci dei quali era ghiotto.
Brillo, il suo cane, sapientemente addestrato, conosceva bene il suo padrone e lo assecondava in tutto, anche nella ricerca dei funghi che, con il suo fiuto, riusciva a scovare pure se erano coperti da uno strato abbondante di foglie cadute dagli alberi per gli effetti stagionali dell’autunno.
Per il cacciatore solitario non era importante premere il grilletto ogni volta che il suo segugio stnava una preda ma, in un millesimo di secondo, valutava se sparare o lasciar vivere l’animale scovato, fosse questo un volatile, un coniglio o un leprotto. Spesso preferiva la seconda soluzione con la convinzione che il suo gesto era un suo dono personale alla salvaguardia della natura.
Anche oggi, nell’augurarvi una Buona e serena Domenica, posso dirvi che ho voluto fare questa breve premessa per proporvi la lettura di una premiata composizione poetica il cui autore avete già capito chi può essere.
Grazie per la cortese attenzione.

Sei nobile e superba,
sei “sarda” stanziale,
ami l’ecologia e vivi
tra lentischi e mirti
e nei maggesi preferiti.
Con il tuo volo radente
e le piume al vento,
passi dal colle alla valle
e ignori altri lidi.
Invisibile tra gli asfodeli,
temi l’astore misterioso
più solerte del cacciatore.
Nelle aurore il tuo canto
dà lietezza, chiama a raccolta
e rasciuga la guazza.
Quante volte stanata
dal cane in “ferma”
al frullare delle sue ali,
al suo andare veloce e altera,
al suo volo tra le forre,
costoni, balze e balze,
al suo planare elegante
tra le stoppie arse di sole,
son rimasto trepido, attonito,
ignorando lo schioppo
felice e libero
ebbro di solitudine,
amando questa caccia
come una musica misteriosa,
senza bottino o preda,
sognando la cinepresa.
Assaporavo questi istanti
E alla sera contento e fiacco
rientravo come dopo un’ora d’amore…

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Caro Pino, anche se non mi piace la caccia, mi sono immedesimato nel tuo racconto in modo totale. Vivido e vero, infatti. E ho apprezzato moltissimo quel caro mattacchione di Ottorino, che oscillava tra caccia e funghi e decideva sul che fare. I versi, come sempre, stupendi. Arte pura.
Vero Lorenzo, Ottorino ha voluto darci una dimostrazione di come si può essere cacciatori ma con riguardo alla salvaguardia della natura, lui si innamora della preda al primo sguardo e la lascia libera di vivere nel suo ambiente con i suoi simili, familiari e compagni. Ecco come si può amare la vita, la natura e sè stessi. Infatti nella sua poesia ci dice che al posto della doppietta avrebbe preferito una cinepresa per immortalare l’ambiente e le sue splendide bellezze. Grazie Lorenzo e un grande plauso ad Ottorino.
Grazie Sabrina per il tuo bellissimo saggio di grafica, immagino che stai per completare il tutto con un video musicale: ti aspettiamo.
Non amo assolutamente la caccia, ma devo dire che ho letto con estremo piacere la magnifica poesia di Ottorino: efficacissimo, come sempre. E’ un personaggio dotato di una vena poetica eccezionale: grazie di cuore Ottorino.
Grazie anche a te Giovanna. Con te condivido l’ammirazione per l’amico Ottorino e mi dispiace che non abbia potuto prendere dimestichezza con il PC, gli sarebbe risultato molto utile e sarebbe stato bravissimo.
Anch;io odio la caccia,ma Ottirino non e’ un cacciatore lui fotografa la preda coi suoi magnifici versi.La sua poesia e ‘ un inno alla natura .un ringraziamento a Giuseppe che cel’ha fatta conoscere
La poesia di Ottorino Mastino è come sempre splendida e inattaccabile nella poetica, ma questa volta mi trova dissenziente nel contenuto. Lascia intendere che l ‘UOMO cacciatore può, a sua scelta, decidere se una “ creatura” può essere salvata, o morire se la sua bellezza è tale da colpire o meno chi imbraccia un fucile!!! Si può passeggiare nei boschi, gustare la natura, amare il paesaggio, ringraziare Dio per le bellezze che ci offre, senza “ straziare “ esseri indifesi, che , con la loro presenza, accrescono questo fascino e questa armonia! Mi spiace Maestro , se questa volta non siamo in sintonia!
Benissimo Ottorino ,lascia lo schioppo (bisognerebbe lasciare sempre tutti gli schioppi) e prendi il bastone , la cinepresa ,la macchina fotografica o anche solo le tue gambe e gira per i boschi a guardar la natura libera e pura e perchè no a mirar anche la pernice sarda (anche perchè ,è chiaro..che se la vedi vuol dire che ti trovi in Sardegna …e non è male!)
Mi associo a chi come me non ama la caccia ,una delle cose piu’ stupide al giorno d’oggi ,visto che non lo si fa’ piu’ x bisogno di mangiare ,ma solo x divertimento (bel divertimento poveri animali )ma ho letto molto volentieri il racconto di Giuseppe sempre encomiabile ,poi la poesia del bravissimo Ottorino ,complimenti a tutti voi che vi prodigate sempre grazie.
Belli i versi della poesia, mi piacciono le armi e mensilmente vado al poligono di tiro, però non ho mai sparato o uciso un’animale, diciamo pure che questo sport di cacciare sta andando lentamente a finire poichè c’è un ricambio generazionale, dove si dà una visione distorta della caccia, dovuto anche al cambiamento socio-economico, ed a una legge non ben definita compreso il suo regolamento regionale poichè intorno alla caccia c’è un grande indotto di lavoro e nessuno si prende la responsabilità di cambiare o modificare questa legge.
Brava Sandra, hai capito qual’è lo spirito di Ottorino cacciatore, catturare per un attimo l’immagine senza uccidere la preda ma farne tesoro per una dedica poetica. Il carniere di Ottorino non si riempiva di animali uccisi ma di rifleaaini poetiche e saggia cultura. Grazie.
Edis.Maria carissima, nel titolo ‘Il cacciator cortese’ è racchiusa in sintesi la morale del racconto e della poesia. Ottorino più che di prede andava a caccia di immagini e ci trova entrambi d’accordo sul fatto che il suo carniere non si riempiva di animali uccisi ma di belle visioni da ricordare. Grazie!
Certo Franco, la tua visione delle cose è giustissima e il grande Ottorino, da Buon Saggio, ci ha dimostrato che aveva capito tutto ancor prima di tutti gli altri. Bravo Ottorino!
Grazie GiovannaVC, il tuo complimento ci riempie di gioia e ci stimola ancora di più a proseguire sulla stessa strada per consolidare l’amicizia nel bel salotto di questo Bosco incantato. Ciao.
Ti ringrazio Fiorenzo, sempre preciso e concreto nei tuoi commenti, completi ed esaurienti. Anche quando ci si rende conto della inutilità delle cose c’è sempre il rovescio della medaglia, per cambiarle ci vuole il suo tempo ma piano, piano con la buona volontà e l’aiuto del maestro ‘tempo’, ci si arriva. Le esercitazioni al Poligono di Tiro possono continuare, non crano danno a nessuno ed anche in questo c’è un indotto economico da salvaguardare. Tutto ok, ciaooooo.
Credo che in Italia si dovrebbe abolire il porto d’armi.
Nel 2012 è assurdo pensare che ci sia qualcuno che si “diverte” ad uccidere degli animali . Avere un arma per legittima difesa è rischiosissimo perchè usandola si può finire in galera (non è la prima volta) e perchè soprattutto ,avendola in casa, i bambini possono maneggiarla e tanti sono morti in questo modo, possono poi essere lo strumento di morte di un folle, di un geloso o di un “abbandonato”, è notizia di cronaca nera quotidiana.
Lasciamo le armi (poche) ,ai soldati ed alle polizie .
Una società civile senza armi, una società ideale nella mente dei benpensanti come te Franco, come me e tanti altri e siamo sicuramente la maggioranza. Purtroppo conosciamo la realtà che è ben diversa e la cronaca quotidiana ce ne dà molteplici resoconti. Ma noi continuiamo a sperare in una società migliore e in un mondo senza guerre. Grazie.
Giò grazie: ho ascoltato volentieri e per l’ennesima volta “No potho reposare”, sempre bellissima, voce, parole e musica.
Giuseppe, penso che i cacciatoriseri,quelli che praticano la cacciacon giudizio e consapevolezza siano tra i pochi veri conoscitori della natura.
La caccia come la pesca sportiva,e un’attività che permette di avere una selettività altissima delle migrazioni e comportamenti.
Cacciando e pescando si impara a rispettare l’ambiente. Non è più nobile mangiare un pollo allevato in gabbia, immobile per tutta la vita,e ucciso da una machina apposita.
E’ vero la caccia non è èiù necessaria per il sostentamento dell’uomo ma allo stesso modo non lo è nemmeno il mangiar carne, visto che ci sono molti vegetariani e vegani che riescono a vivere senza problemi.Potremmo nutrirci di omogenizzati e sentirci meno in colpa, ma in colpa per cosa? Per chiudere il cerchio della naturale legge del più forte? Per toglierci dal vertice della catena alimentare e lasciare il posto ad altri?
Gli animali si nutrono, solo l’uomo mangia. E aggiungo mangiare significa avere la consapevolezza di quello che hai nel piatto, e non sprecarne quel cibo che hai davanti.
Buona giorna a lei Giuseppe, un saluto.
Non era mia intenzione aprire un referendum pro o contro la caccia ma volevo solo intavolare una chiacchierata con gli amici, come facciamo sempre e come in effetti è stato, per presentare una poesia di un grande Poeta come l’amico Ottorino, cacciatore si, ma dall’animo nobile. Per lui era sufficiente stanare la preda e osservarla mentre fuggiva per raggiungere la salvezza. Bastava questo per appagare il suo spirito di ‘cacciatore’ ed ecco da cosa deriva l’appellativo di cortese.
L’articolo non mette in dubbio che i cacciatori possano essere o no conoscitori della natura (non tutti e non solo loro lo sono) ma vorrei aggiungere che non è sufficiente avere nozioni su animali migratori e stanziali per sentirsi conoscitori della natura. Possiamo considerarci veri conoscitori della natura quando impareremo a rispettarla e conservarla come il Buon Dio l’ha creata.
Comunque nel Bosco tutti sono benvenuti e ognuno è libero di esprimere il proprio parere per confrontarlo con gli altri. Grazie Cavalcanti, alla prossima.
Giuseppe, il racconto da te proposto ha suscitato in me la dolcezza di ricordi infantili, legati a mio padre che era cacciatore e di ritorno dalle battute con il gruppo di amici ed i cani, amava raccontare le fatiche, le attese le emozioni. Nel contesto familiare e sociale in cui egli era cresciuto, la caccia non era affatto colpevolizzata, perchè aveva un ruolo ben preciso nella gestione dell’abbondante fauna. L’interesse per l’attività venatoria veniva trasmesso di padre in figlio ed era una esperienza fatta in gruppo, tutti insieme, giovani e meno giovani legati dalla stessa passione. Alle donne di casa spettava il compito di cucinare la selvaggina, e se penso ai succulenti sughi di lepre che mia madre cucinava dedicando ore ed ore alla loro preparazione, mi viene l’acquolina in bocca. La società contadina includeva anche questi riti collettivi. Per fortuna i tempi sono cambiati, adesso i temi legati alla salvaguardia dell’ambiente impongono regole dettate da norme severissime.Il tema della caccia rappresenta per me la gioiosa rivisitazione del passato, senza alcun giudizio.
La poesia del Poeta Ottorino interpreta molto bene il conflitto tra la caccia e l’amore per la natura che sembra prevalere. Buona settimana a tutti!!
Sono estremamente felice nel vedere che il mio Poeta preferito, all’indole del cacciatore antepone l’amore e il rispetto della natura.
Non ne avevo dubbi…
Grazie Silvana per averci resi partecipi dei tuoi ricordi infantili sulle battute di caccia del tuo papà e dei suoi amici cacciatori. Hai allargato l’orizzonte sull’argomento ‘caccia’, dimostrando che ogni epoca ha le sue specificità ed esigenze. La storia ci insegna pure che l’uomo deve adeguarsi e si adegua ai tempi: allora con la caccia nell’abbondanza delle prede si contribuiva in parte anche all’economia familiare, oggi dobbiamo prestare più attenzione alla salvaguardia del patrimonio ‘Natura’.
Con la sua poesia il Grande Ottorino, da buon lungimirante, ci ha dimostrato che sapeva guardar lontano.
Son felice che tu sia felice, Carlotta e ringrazio con te l’amico Ottorino che con le sue liriche poetiche ci coinvolge ed è capace di renderci felici tutti. Grazie.
Io amo la caccia, sono un cacciatore incallito, ogni volta che mi capita di poter catturare una preda, che sia un fagiano, una lepre, un fungo, anche il più velenoso, il clik della mia macchina fotografica scatta, e la preda rimane immortalata nella mia fotocamera, vecchia Rolleiflex alli 70 ma non meno buona di quelle super tecnologiche di oggi.
Sono nato in una zona dove la caccia era un rito quasi obbligatorio, per i miei coetanei, e forse lo sarebbe stato anche per me, se un giorno non avessi avuto un trauma cosi violento, che da quel momento mi portò ha odiare la caccia e i cacciatori, poi con il tempo questo odio si è trasformato in un impegno contro la caccia, ma sempre in modo politico.
posso solo dirti caro Nembo, che io avrei un modo un po polemico ma sicuramente efficace per far si che i cacciatori svolgano quello che loro chiamano, il loro hobby,modo molto interessante cosi che lo potranno chiamare veramente caccia.
Spendiamo circa 20 miliardi di euro all’anno per armamenti e sovvenzioni alle varie missioni di pace, perche non mandiamo questa sottospecie di rambo? visto la loro grande voglia di uccidere, almeno combattono e si tolgono la loro voglia, ma sicuramente io sono un illuso, perche questi davanti ad un avversario che si sà difendere di certo se la fanno sotto, e corrono in lacrime da mammà.
Bravo Riccardo, sei un “cacciatore” di immagini e ti confesso che lo sono anch’io da sempre. Le immagini immortalate con la macchina fotografica puoi conservarle e restano nei ricordi palpabili oltre che mentali.
Qui ognuno ha detto la sua ma senza l’intenzione di far nascere polemiche pro o contro la caccia.
Posso capire il trauma di cui parli perché relativamente alla caccia la cronaca riporta spesso episodi veramente tragici che avvengono durante le battute ma di proposito non ne ho voluto far cenno per mantenere lo spirito allegro.
Grazie per il tuo intervento.