LA DOMENICA DEL BOSCO

     

Quando mangiamo un panino o siamo a tavola per mangiare un bel piatto di spaghetti non pensiamo certamente a cosa c’è dietro questi usuali alimenti della nostra dieta quotidiana chiamata anche dieta mediterranea. Cominciamo col dire che il 50% delle calorie consumate nel mondo derivano dai cereali, principalmente dalla grande produzione di grano, riso e mais, oltre ad altri cereali di minore produzione.

Il grano, ovvero frumento, è coltivato sin dall’antichità in tutte le parti del mondo. Si distingue in due varietà principali: il grano duro, ricco di glutine, coltivato nelle regioni calde, è adatto alla produzione della semola e quindi della pasta, mentre il grano cosiddetto tenero, più ricco di amido, si coltiva meglio nelle regioni temperate ed è quello più adatto alla panificazione. Il grano si coltiva ancora in tutto il mondo (Cina, ex URSS e USA ne sono i maggiori produttori ed esportatori) e la raccolta viene effettuata ormai con sistemi meccanici industrializzati ma se ci guardiamo un po’ indietro possiamo renderci conto delle fatiche umane che erano necessarie per conquistare il pane quotidiano ed è proprio il caso di dire, che doveva essere guadagnato col sudore della fronte.

Domani si festeggia San Giovanni Battista e tale ricorrenza, nella maggior parte delle regioni italiane, dava inizio alla stagione della mietitura.

Perdonatemi per questa forse noiosa premessa ma mi sembrava quasi doverosa per presentarvi il seguente bellissimo racconto dell’amica Enrica che, a sua volta, ha voluto esternarci, alla sua maniera, i ricordi di gioventù riferitegli dalla simpatica nonna Licia.

Grazie Enrica, proponiti ancora, amiche e amici di Eldy ti aspettano sempre.

   

   

Ogni settimana Licia mi racconta qualcosa di nuovo inerente la sua vita. Era una signorina che faceva il fieno, aiutava la mamma nell'orto e partecipava in tutto ciò che era la vita contadina di allora.

Le brillano gli occhi, ai ricordi della sua gioventù di cui non rinnega nulla, anzi ha tutto l'orgoglio di una persona di umili origini con tanta, tantissima nostalgia.

I campi erano vestiti dell'abito più bello, l'abito più ricco di tutta la stagione, di grano dorato, altri, verdi di erba medica e i prati fioriti. Intorno a questo quadro che la natura disegnava, i villaggi agresti facevano da cornice coi camposanti aperti. Il campanile della chiesa segnava le tre del mattino e già si sentiva sulla strada il calpestio dei passi dei mietitori che si avviavano al lavoro nei campi.

 

In calzoni, camicia, cappellaccio, con la falce attaccata alla cintura e la zucca secca a mó di bottiglia con dentro il nostranello, si avviavano al campo. Sotto il cappellaccio per raccogliere il sudore avevano i fazzoletti, le mani piene di calli. Le unghie di questi uomini diventavano bianche solo la domenica perché venivano spazzolate ben bene. Ai margini del campo la rugiada ancora tremolava sulle foglie in attesa di essere asciugata dai primi tepori del sole. Gli steli sono ricchi e dorati, con le spighe colme ripiegate qua e là, sembrava che baciassero un fiordaliso, un papavero rosso o un fiore bianco di cui nemmeno Licia ricorda il nome (così ha descritto il campo). Insieme tra compagni, recidevano le mannelle e delicatamente venivano posate su  stoppie aguzze, pungenti, sono tante e segnano i contorni del campo, come striscioni, ora il sole è sorto alto e cocente, i mietitori continuano il loro lavoro e si inoltrano nel fitto, è una gioia vedere il raccolto.

 

La fatica, dura e snervante fa colare il sudore non più trattenuto dai vari fazzoletti, e allora con delle pezzuole vengono asciugati i visi e con  un sorso di nostranello rinfrescate le gole riarse dal caldo, dalla polvere e dalla fatica. Poi continuavano fino a che le spighe non venivano messe tutte a terra e solo a fine lavoro si  tornava ai casolari. Nel pomeriggio con carri buoi e famiglia, nonne, mamme, mogli e figli, tornavano ai campi legavano i covoni con rami di segale preparati in precedenza, li disponevano ordinatamente sul carro per il lungo e per il traverso fino creare un bel quadrato, legato come un blocco d'oro, che attraversava le contrade del paese come un vincitore. Veniva poi trasportato al proprio casale e messo in uno stanzone a seccare.

Nei giorni successivi  iniziava la battitura, ed erano giornate campali, le donne pulivano con cura l'aia, gli animali da cortile si lasciavano nel pollaio affinché non la sporcassero e gli uomini facevano uno strato di creta fresca e acqua che diventava un lastrico levigato sull'aia. Il frumento poi veniva tolto dallo stanzone dove era stato riposto e uomini e donne divisi in due gruppi iniziavano la battitura. Le spighe di frumento secche crepitavano sotto i colpi fino a che ne uscivano i grani, dall'altra parte si metteva la paglia che poi veniva lisciata: a mezzogiorno si mangiava una fetta di polenta con un pò di salame o formaggio e si beveva ancora un pò di nostranello e si riprendeva a battere fino a sera.

Il grano si ammucchiava e le spighe vuote venivano spostate con i forconi sotto i portici affinché non si bagnassero, il grano dorato accumulato veniva spostato con la pala, messo nel carretto e portato nel granaio a seccare, la paglia poi veniva messa nel cortile e con il carro carico di più persone veniva schiacciata  finché la paglia lisciata veniva poi infilzata nei rebbi delle forche e portata nel pagliaio, spesso veniva usata per rifare i materassi.

Licia si lamenta, e dice: "poi  non è più stato così, con l'arrivo dei trattori e della macchina... mi dice anche il nome del trattore  ma non lo ricordo, mi pare “Landini testa calda”.

La macchina (la chiama così) prende in una boccata i covoni e divide contemporaneamente da un lato il frumento dall'altro paglia e pula, in poche giornate, in tutto il paese, le giornate gioiose della trebbiatura diventano giornate piene rumorose e polverose, i contadini si aiutano a vicenda, sono tempi frenetici, le donne sono scarmigliate nel raccogliere la paglia e la pula e a stiparla in solai,  granai e sottoscale. Il grano viene raccolto in sacchi, già mondato che poi verrà portato dal mugnaio per esser macinato.

   

Licia guarda fuori dalla finestra e mi dice ero incinta l'ultima volta che ho battuto il grano, ora da noi non vedo campi coltivati, o forse si, c'è chi lo coltiva ancora, sono vecchia esco poco, chissà come faranno adesso, sarà ancora più in fretta, per cosa poi, andavamo più adagio, una volta, ma c'era lavoro per tutti, ora corri e corri, il lavoro lo fanno le macchine e gli uomini sono  senza lavoro, tristi e delusi dalla vita, parlano di solidarietà, di volontariato, noi non ne parlavamo, noi ci aiutavamo, il volontariato lo facevamo già.... tra di noi.

 

   

   §  -  Grafica, immagini e video musicale a cura di Giovanna.

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 Richard Clayderman  - Nostalgie

 


COMMENTI

  1. il 23 giugno, 2013 Lorenzo.rm dice:

    Ma che bella avventura ci avete proposto stamattina. Abbiamo raccolto il grano anche noi, partecipi come ogni volta, con Enrica, riscoprendo la tenerezza dei tempi andati, che fanno parte delle nostre radici. Grazie a te, Enrica, a Giuseppe e a Giovanna. Vi siamo grati della nuovo storia.

  2. il 23 giugno, 2013 Giuseppe3,ca dice:

    Vero Lorenzo, una nuova storia che ci riporta indietro nel tempo per ricordare come eravamo ed è bello, dopo questa lettura, chiudere gli occhi e ricordare il nostro passato.
    Da ragazzino trascorrevo le vacanze al paese e partecipavo anch’io con i miei zii ai lavori della mietitura che aveva dei rituali contadini non privi di una certa sacralità tramandata da secoli di generazione in generazione. Alla fine dei lavori nei volti degli addetti c’erano i segni della fatica ma anche tanta gioia e soddisfazione per aver partecipato ad una così importante fase della vita agreste.

  3. il 23 giugno, 2013 giovanna3.rm dice:

    Una simpatica descrizione della mietitura: molti di noi ricordano con interesse, e magari con qualche nostalgia, quei tempi che terminavano anche con una festa folcloristica. Grazie per averceli ricordati, Enrica!

  4. il 23 giugno, 2013 alba morsilli dice:

    ho letto con attenzione il racconto, se fosse solo fantasia mi piacerebbe un sacco, ma purtroppo è realtà, io penso a quelle persone gobbe, che vedevamo un termpo vecchi a 50anni, donne consumate dalla fatica perchè come sempre abbiamo due compiti dentro casa e fuori.
    le braccia servivano tanto che i bambini non andavano a scuola, le lotte dei contadini contro i padroni che cosa sono sevite se erano così feici ?vedi che io ho messo i ricordi in senso inverso perchè vedo solo tanta fatica per un tozzo di pane.
    Invece grazie alla tecnologia l’agricoltore ora è un signorino, i suoi figli sono dei diplomati se non laureati in agraria, possono godersi la vita e forse andare anche in vacanza, perciò fa bene ricordare ma è meglio vivere il presente se è a beneficio dell’uomo

  5. il 23 giugno, 2013 Nembo dice:

    Un’altra bella storia che mi riporta indietro alla mia fanciullezza, la trebbiatura ogni anno era un vero e proprio rito con i suoi tempi e le sue modalità che sono poi descritte nel racconto di Enrica. Ancora oggi al mio paesello dove sono nato, ogni anno c’è la rievocazione della trebbiatura, un’occasione che mi ricorda i bei tempi di una volta, adesso al posto del canto dei contadini, c’è il rumore delle trebbiatrici, inoltre a causa dei fertilizzanti, pesticidi, inquinamento delle macchine operatrici agicole, potrebbe essere inquinato anche il grano. Ricordo pure che a questo rito della mietitura, è stata scritta una bellissima canzone ” Andiamo a mietere il grano 1965″ Ringraziamo Giovanna per la musica che ci ha proposto.

  6. il 23 giugno, 2013 alba morsilli dice:

    un particore ringraziamento chi ha scelto la musica, soave è l’ascolto le piano con una scenografia molto rilassante,
    ho chiuso gli occhi mentre l’ascoltavo mi ha portatoin uno stato di completo relax grazie

  7. il 23 giugno, 2013 Giuseppe3,ca dice:

    Grazie Alba, il tuo commento allarga il panorama della storia e dell’evoluzione dei lavori in agricoltura. Infatti è grazie alla fatica umana soprattutto nel passato e alla tecnologia moderna di oggi che i prodotti dell’agricoltura riescono a sfamare l’umanità in tutto il mondo.

  8. il 23 giugno, 2013 Giuseppe3,ca dice:

    Affermativo Nembo: questa storia mi ha riportato alla mia infanzia non solo come ricordo dell’evento della trebbiattura ma mi ha fatto ricordare anche l’odore della paglia e il profumo delle spighe del grano che si diffondeva nell’aria in quei giorni di frenetico lavoro nelle aie. Grazie.

  9. il 23 giugno, 2013 enrica. co dice:

    Ringrazio tutti Voi, so benissimo che il lavoro nei campi era duro, ma nella voglia di raccontare della mia nonnina c’è tanta nostalgia, mi ha parlato della fatica e di quanto si aspirasse ad un buon raccolto, volevo solo fare partecipi anche Voi, di quello che mi viene raccontato con tanta passione, tanto profumo e tanto sudore, io non ho mai partecipato alla mietitura anche perhè sono nata nel 1961 e mi mancano dei pezzi di storia …..

  10. il 23 giugno, 2013 Giulio Salvatori dice:

    Complimenti Enrica, ancora un tuffo nel passato.Una bella “Cartolina” impreziosita da una musica dolcissima.Brava e Bravi:Grazie .Dopo una giornata di tensione per il terremoto che ha fatto tremare la Versilia, ci voleva proprio questo Film di ricordi.

  11. il 23 giugno, 2013 wanda dice:

    oltre alla fatica che qualcuno ha notato in questo racconto,oltre alla soddisfazione che qualcun altro ha ricordato sui volti di chi lavorava in quei campi dorati, io penso all’ingegno dell’uomo che riesce a scoprire sempre qualcosa di nuovo per migliorare la vita degli esseri umani. penso che davvero la fatica immensa di tagliare il grano sotto il sole, sia stata alleviata dalle mietitrebbiatrici e che la altrettanto faticosa battitura del grano a mano sia stata alleviata da altre macchine e così anche per ottenere la farina e il buon pane… e ringrazio il Signore per il lavoro si, ma anche per la possibilità che ci ha dato mettendoci a disposizione un cervello in grado di farci progredire su di una strada sempre impervia e ricca di difficoltà. molto bello il racconto del ricordo di questo tempo passato, mi è sembrato di essere sul posto e in quei momenti.

  12. il 24 giugno, 2013 Giuseppe3,ca dice:

    Vero Giulio, anche un bel racconto che ci consente un tuffo nei ricordi del passato può essere utile ad allentare le tensioni di un terremoto. Grazie.

  13. il 24 giugno, 2013 Giuseppe3,ca dice:

    Concordo con quanto hai detto Wanda, sulla necessità delle tecnologie e sulla capacità della mente umana di saper favorire il progresso per migliorare la qualità della vita. Posso anche confermarti che nel leggere questo bel racconto di come eravamo, ho provato anch’io le tue stesse emozioni. Grazie.

  14. il 24 giugno, 2013 gianna dice:

    Enrica i tuoi racconti, sono davvero veri tempi vissuti,ma i ricordi resteranno sempre, quei campi dorati di grano erano i migliori vestiti,mi complimento con tutti,grazie sono ricordi ” la mietitura ” Enrica e Lilia grazie ciao !!

  15. il 24 giugno, 2013 Giuseppe3,ca dice:

    Eureka, Gianna, il tuo commento era fermo in attesa di approvazione: ora è tutto a posto.
    Enrica ti ringrazierà direttamente, per ora ti prego di accettare i miei complimenti. Ciao.

  16. il 25 giugno, 2013 gianna dice:

    Giuseppe, grazie per avermi informata del mio commento, ringrazio Enrica per la suo stupendo racconto,Giuseppe per aver presntato,Giovanna per aver sciento una canzone bellissima (andiamo a mietere il grano) molto rilassante, grazie a voi tutti. ciao


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