Archive for giugno 27th, 2013

Arte!!

     

Melozzo degli Ambrosi,  prese dalla propria città natale il nome da artista e  passò alla storia come Melozzo da Forlì. Non si hanno notizie certe sulla giovinezza e sulla formazione di Melozzo, ma si ritiene che  iniziasse a lavorare con dei pittori giotteschi a Forlì e fu influenzato dall’arte di Mantegna.  Dal maestro veneto derivò  l’illusionismo prospettico, facendo degli scorci dal basso, e l’attenzione all’espressività delle figure,  un suo tratto caratteristico. Inoltre, ebbe molta familiarità con Giovanni Santi, il padre di Raffaello. Appare del tutto verosimile un suo soggiorno alla corte di Urbino, nel decennio 1465-75, dove poté conoscere Piero della Francesca, di cui studiò le opere marchigiane e di cui, forse, fu allievo.

 

Angelo musicante

 

Lo stile dell’artista fu piuttosto affine a quello di Piero della Francesca. Melozzo apprese dal Maestro l’arte e la scienza della prospettiva, grande innovazione della pittura rinascimentale e i lucenti e densi impasti cromatici.  Egli  fu  anche conosciuto per la sua visione spaziale ampia e solenne nella quale si affermarono appieno il suo gusto per la rappresentazione scenografica e la sua ammirevole abilità prospettica, tale da far scrivere a Giorgio Vasari nel XVI secolo: “Il Melozzo fu un grandissimo prospettivo”.

 

Angelo col liuto

 

Oltre che da una delle sue rare opere su tavola (Cristo benedicente – Urbino, Galleria Nazionale delle Marche), la presenza di Melozzo nell’ambiente urbinate fu testimoniata dall’indubbio contatto col giovane Bramante e, come abbiamo già accennato, dal rapporto con Giovanni Santi, padre di Raffaello. Importante fu  anche  l’influenza esercitata dal gruppo di decoratori dello studiolo di Federico da Montefeltro in Palazzo Ducale, che si concretizzò in uno stile che  volge l’astrazione geometrica di Piero in una immediata aderenza ai valori umani.

 

Cristo benedicente - Ascensione

 

È lo stesso Piero della Francesca che introdusse Melozzo presso la corte pontificia, probabilmente già intorno al 1470. Nella Città Eterna l’artista raggiungerà i vertici della sua arte, affrontando grandiose imprese, diventando il nome di punta del pontefice Sisto IV della Rovere, fino a conquistare il titolo di “pictor papalis”.

La prima di tali imprese fu l’affresco dell’abside della chiesa dei Santi Apostoli a Roma,  commissionato intorno ai  primi anni Settanta del Quattrocento dal cardinale Pietro Riario, nipote del pontefice.

 

Angelo musicante

 

«Trovatori del cielo»,  li aveva definiti Adolfo Venturi nel 1913 nella Storia dell’arte italiana. E loro, angeli musicanti con cimbali, tamburi, liuti, mandolini, continuano a volare spensierati nell’azzurro, con riccioli d’oro e volti birichini. Raccontano come fosse bravo Melozzo da Forlì,  e come avesse ben capito la lezione di Piero della Francesca, umanizzandola. Li aveva dipinti a Roma,  in un grande affresco con l’Ascensione di Cristo, una sarabanda di scorci spericolati, di salti nel vuoto, di acrobazie celesti.

 

Angelo  musicante

Ridotti in quattordici frammenti nel 1711 sono sopravvissuti insieme agli Apostoli, tutti conservati nella Pinacoteca Vaticana, meno uno che si trova al  Museo el Prado di  Madrid, mentre il Cristo è nel Palazzo del Quirinale.

A Roma già da diversi anni, Melozzo  dipinse per la Biblioteca Vaticana l’affresco con Sisto IV che nomina il Platina prefetto della Bibioteca Vaticana (ora staccato e conservato nella Pinacoteca), l’opera sua maggiore, ove i personaggi, intensamente caratterizzati, si stagliano con viva presenza umana in un solenne ambiente architettonico.

 

Sisto IV nomina Platina Prefetto della Biblioteca Vaticana

 

Tra il 1484 e il 1493,  realizzò l'affresco della cupola della sagrestia di San Marco nella Basilica di Loreto, commissionato dal cardinale Girolamo Basso della Rovere. Fu uno dei primi esempi di cupola decorata sia con figure sia con elementi architettonici. Alla base della cupola, sopra la terminazione del tamburo e sotto gli angeli, dipinse su ogni vela otto Profeti seduti su un cornicione dipinto e inclinati in avanti, verso il basso, in modo che i volti mostrino il lato inferiore. Verso la sommità della cupola Melozzo dipinse un circolo di Cherubini e Serafini con al centro, sopra la testa dello spettatore, lo stemma del committente circondato da un festone.

Affresco cupola Basilica di Loreto

 

Più che  mai convincenti sono le figure sospese illusionisticamente nel vuoto, ricreate forse studiando dei modellini in cera sospesi con dei fili, magari riflessi in uno specchio posato per terra. Melozzo non aveva però ancora compreso, come fecero poi Raffaello  (nella cappella Chigi a Santa Maria del Popolo) e Correggio (a Parma),  che se la veduta dal basso era adeguata per le figure alla base della cupola, per quelle al centro era necessaria una veduta orizzontale.

 

Particolare cupola Basilica di Loreto

 

Altre opere da ricordare sono gli affreschi della Cappella di S.Elena nella Chiesa di S.Croce in Gerusalemme a Roma (1489). Sempre a Roma, alla scuola  di Melozzo  è attribuito l’affresco  dei Dottori della Chiesa nella basilica di Santa Francesca Romana, nei pressi del Colosseo.  L’artista, realizzò anche  la decorazione  di alcuni soffitti del Palazzo Comunale di Ancona (1493). Oltre ai bellissimi affreschi,  Melozzo da Forlì ci ha lasciato anche diversi dipinti, fra i quali vogliamo ricordare l’Annunciazione, ora nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Solo in tempi relativamente recenti si  è riscoperto il valore di questo pittore di origine romagnola e, anche se poche delle sue opere sono giunte fino ai giorni nostri, esse sono, comunque, in numero sufficiente a testimoniare la portata dei capolavori di questo grande artista e maestro della pittura quattrocentesca.

 L'Annunciazione - Galleria degli Uffizi

 

L’opera di Melozzo riveste un particolare interesse nell’evoluzione della pittura del tardo Quattrocento, che si avviava a superare gli ambiti delle scuole regionali per raggiungere, proprio in Roma, quella sintesi che nell’opera di Raffaello esprimerà un nuovo linguaggio unitario “nazionale”.

 

“Unì l'uso illusionistico della prospettiva, tipico di Andrea Mantegna, a figure monumentali rese con colori limpidi, vicine ai modi di Piero della Francesca. La luce tersa della sua pittura richiama quella dei "pittori di luce" fiorentini, come Domenico Veneziano e l'ultimo Beato Angelico. Fu il primo a praticare con grande successo lo scorcio dal basso, "l'arte del sotto in su, la più difficile e la più rigorosa"[1].

 

Basilica Santa Croce in Gerusalemme- Roma -  Affresco Gesù benedicente

 

Proprio  Melozzo da Forlì  ebbe notevole influenza su importanti pittori del Rinascimento, come Michelangelo, Raffaello e il Bramante. "Non ci sarebbe stato il Cinquecento di Raffaello e di Michelangelo senza Melozzo",  scrisse lo storico dell’arte Antonio Paolucci. Il grande pittore morì a Forlì nel 1494 e la sua tomba si trova all’interno della chiesa della Santissima Trinità.

(1) -  Dati Web

     

Robert Schumann - Traumerei  (S. Accardo - A. Beltrami)

Performance Optimization WordPress Plugins by W3 EDGE