Scritto da Giuseppe il 4 Agosto 2013 |
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Quando sfoggiavamo una bella fresca camicia di seta, un coloratissimo foulard, una splendida cravatta, un nœud papillon o un fazzoletto da taschino, tutto di seta pura, non pensavamo certo a cosa c’era a monte di questi preziosi indumenti e accessori d’abbigliamento. Oggi ce lo racconta la nostra amica Enrica con questa bella storia di nonna Licia. Entrambe hanno avuto un ruolo, anche se in settori differenti, nel processo dei vari cicli produttivi della seta naturale. Leggiamola insieme e ringraziamo ancora Enrica e Nonna Licia per il loro solidale binomio d’intesa e per questa bella lezione di cultura sui lavori di una volta.



E' cosa conosciuta che Como e la sua provincia abbia sempre vissuto di seta, io stessa da ragazzina ho imparato il lavoro dell'orditrice presso una tessitura del mio paese. E' un lavoro da certosini, ma io ho lavorato il filo della seta già finito, tinto e trattato pronto per essere lavorato, per diventare poi cravatte, foulards o seta per abiti, Licia invece, mi racconta come nel suo casale la sua famiglia coltivasse i bachi da seta.
La mia nonnina, (io la chiamo così), mi dice adesso non si coltiva più niente hanno strappato tutti i miei "moroni"... le piante di gelso con le cui foglie si alimentavano i bachi da seta.
Il gelso
Ai primi di maggio, nel pomeriggio dopo la processione, il curato benediceva in cotta e stola i cartoni di sementi che la nonna portava alla balaustra dell'altare maggiore, erano foglie di gelso. Si benediceva poi, la stampa del SS.Crocifisso dell'Annunciata di Como, una stampa non più grande della pagina di un vecchio messale che avvolta in un candido mantilo, conteneva qualche oncia di roba: minutissimi vermi, sottili come la punta di un ago, neri e fini come i semi del tabacco.
Le donne anziane su quel brulicame vegliavano: attente al colore, al moto, all'odore e traevano pronostici sul futuro raccolto, con trepida speranza....
Per permettere a questi vermi di diventare sani e produttori di bava che poi diventava seta, la nonna se li metteva in seno e li trattava come una reliquia, si attardava a lasciare il letto per le diverse mattine che seguivano perché il tepore del corpo serviva ad aprire le larve.
Era la speranza che sosteneva Licia e la sua famiglia e lo faceva per alcuni mesi, le larve venivano poi disposte in locali appositi e posti su dei tavoli che non erano veri e propri tavoli, le larve che si schiudevano diventavano filugelli produttori di filo detti "cavalieri".
Baco da seta - prime fasi
Era un impegno notevole, la "bigatteria" così venivano chiamate le stanze doveva essere ben chiusa agli spifferi di aria e agli sbalzi di temperatura per cui si aprivano le finestre solo al bel tempo e si chiudevano tutte le finestre e tutti i buchi nei temporali freddi e a volte lividi di maggio.
Il pericolo più grosso era che i bruchi si ammalassero di calcino (che Dio ce ne liberi) o di giallume e i bruchi grossi e lucenti, si afflosciavano e insecchivano a migliaia.
La nonna, la mamma e le zie di Licia, coglievano il gelso e lo tritavano come una polvere che veniva sfarinata sulla muta dei cavalieri piano, piano, quasi un vapore verde e leggero, le cimette giovanissime del gelso tritate durante la notte fresche come nebbia, una polvere per nutrire quei bruchi che in una quindicina di giorni, un mese al massimo, sarebbero diventati trenta quaranta graticci di canne, collocati a dieci a dieci uno sull'altro alle pareti e, in doppia fila nello stanzone, grande come il refettorio di una caserma.
Il bruco del baco da seta
I "cavalieri" la facevano da padroni sempre più ghiotti, esigenti, insaziabili, perché dopo la seconda o più ancora la terza dormita crescevano a vista d'occhio e divoravano a tutto spiano, giorno e notte. Per mantenere la temperatura costante nei giorni piovosi, Licia, con le sorelle e i cugini dovevano far provvista di legna per il focolare e ventilare l'aria con grandi drappi, oppure a controllare le finestre nei giorni di sole per evitare i colpi d'aria...
Racconta di un odore nauseabondo, dice che a volte lo stomaco ne risentiva ma, se quel raccolto fosse stato proficuo avrebbero avuto un anno buono a seguire. Le donne dormivano poche ore non avevano più tempo nemmeno per sistemarsi, scarmigliate e spettinate come zingare, accudivano queste larve instancabilmente dando loro ora, foglie intere non più tritate.

La foglia intera veniva colta dagli uomini e dai ragazzi nei giorni di sole e messa in sacchi di juta chiamati sacchi di moggia aperti con cerchi di legno oppure durante i giorni di pioggia tagliavano i rami che mettevano sotto i portici ad asciugare...
Negli ultimi, giorni nello stanzone, un brusio ingordo riempiva il silenzio i bruchi continuavano a mangiare non c'era tregua nemmeno di notte, la nonna, chiamata "Reggiura" era la prima ad alzarsi e l'ultima a coricarsi e quante volte interrompeva il suo sonno, una corsetta al buio, per vedere, regolare, e pulire sotto a quei mangioni, gettare una manata di foglia in più ai più voraci, a diradare i grovigli, a spiare se ne cadevano, o se ne morivano.
Bozzoli gialli del baco da seta
Quando non mangiavano più, sui graticci di canne si rizzava un bosco erano mazzi di ravizzone, cespugli di scoparia posti per far si che tra gli steli si arrampicassero lenti, a decine di migliaia i cavalieri cerniti, puliti, bianchi lucenti, oscillando lievemente, boccheggiavano davano un quasi invisibile filo che si allungava e si sdoppiava, si moltiplicava dalla bocca instancabile, per metri, centinaia di metri, Il bruco si includeva in questo velo leggero,che diventava sempre più fitto, e dorato,in poco tempo diventava duro e compatto e la vita del bruco si spegneva ma pendevano dai rami mille e mille caldi bozzoli, soffici, come piccolissime balene, preziosi come l'oro, nella penombra di questo stanzone, Licia ha visto piangere di gioia le donne della sua famiglia.
Ultime fasi
Ora si doveva procedere al rcolto, era un giorno di festa e di canti nel casale del Ronco, bisognava avere mani decise ma delicate, le gallette stavano tenacemente attaccate ai rami con un filo bianco che le avvolgeva si doveva star attenti a rompere solo quel filo e a non schiacciare il bozzolo, era un lieve sdrucio di seta lacerata e poi questi fragili bozzoli, di una lucentezza meravigliosa, cadevano nei cesti che venivano ricoperti di una tela bianca casalinga e poi caricati sui carri per essere portati alla filanda. I bovi trainavano il carro con passo lento e deciso davanti il nonno col papà di Licia e tutta la famiglia a piedi vestita a festa, questa giornata era il rendiconto, la posta più alta di tutta l'annata...
La nonna, la "Reggiura" prendeva intanto un'altro sentiero, si recava in chiesa e all'altare della Madonna, donava un involtino con una decima delle gallette, era seta e la Madonna aveva benedetto i cavalieri... porta bene un manto di seta in paradiso.

§ - La grafica, l'impaginazione, le immagini e il video musicale sono a cura di Giovanna3.rm
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Richard Clayderman - All the things you are
In un mondo digitale, dove milioni di persone oggigiorno sono perennemente connessse ad internet visitando i siti web, per sapere notizie e altro, dove anche il -Fax- nella P.A., va in soffitta, bello è leggere il racconto di Enrica con i ricordi di nonna Licia sulle tradizioni e lavori popolari di una volta patrimonio di una cultura che ci riporta indietro nel tempo, questa volta sulla lavorazione della seta che nasce da un piccolo insetto laborioso. Un plauso va sempre alla nostra Giovanna che ci propone sempre musica bellissima, un saluto a a Giuseppe-ca.
Grazie Nembo per il tuo flash: ha descritto una illuminata fotografia del servizio di oggi. Ringraziamo ancora Enrica per queste sue antologie di cultura del passato, è giusto ricordarle per non dimenticare.
A Giovanna, grazie, come al solito, per musica e immagini.
Ricevuto il servizio, come sempre gradevole e interessante, storico direi. E grazie ai “responsabili”, a partire da Enrica.
Purtroppo con l’avvento della chimica sono arrivate anche le stoffe sintetiche, ora la bachicoltura nel nostro paese non sapiamo più nemmeno cosa sia, solo in poche zone d’Italia è rimasta questa usanza ma solo per scopo didattico.
Io ricordo che l’allevamento del baco da seta creava anche nella mia famiglia come in tutte quelle del mio paese un periodi di grande attenzione e preoccupazione, ma poi quando arrivava l’ora di vendere quel filo d’oro erano momenti di grande festa.
Ricordo il vecchio trabiccolo della tessitura serica di Malnate, che passava in ogni contrada e frazione, per ritirare i bozzoli, ricordo anche quando mio padre il mattino successivo dopo aver accudito agli animali partiva per il paese e dopo avere depositato parte del ricavato, tornava a casa con un piccolo dono per me e per mia sorella.
E’ bello leggere che ancora c’è, chi ci ricorda come eravamo, solo mezzo secolo fa.
Grazie Enrica, grazie allo staff del Bosco.
Buona domenica, Riccardo2:co
E’ bello che Enrica ricordi il lavoro dei suoi nonni
e zii. Lavoroche ogginon si ricorda facilmente ,perchè
tutto è sintetico.Se si indossa una camicia in seta ,la
mente non ricorda certo il gelso , ma grandi macchinari.
Grazie Enrica di averci fatto ricordareil tempo del vero
lavoroper avere la seta. Un saluto Gabriella
Mi è stato detto che oggi c’era questo racconto e sono qui per ringraziare,come sempre, chi gradisce quel che ho scritto. Giuseppe ha ancora qualche racconto di quelli che gli avevo mandato, poi si vedrà, in questo momento ho qualche difficoltà, credo che possa capitare….
Gabriella, i bachi qualcuno li deve coltivare ancora, e lo fanno in Cina, mentre da noi è quasi scomparsa la bachicoltura, avevamo il territorio adatto da nord a sud,la qualità del nostro filo era denominato tre A (AAA) tanto era bello, non credo che nessuno ci potrà mai battere in questo.
L’ultimo mio ordito, in organzino 40/44 tinto in filo bianco e porpora in doppia catena,di seta tre A,l’ho ordito quando il Papa Giovanni Paolo II è venuto a Como, tessuto poi con un telaio a navetta,non automatico, non so cosa gli abbiano poi,consegnato se un mantello o una stola, ogni tessitura di Como ha fatto gli onori al Santo Padre,con regali ad hoc,
ricordo ancora i fili totali 10944 fili in 145 di altezza per 100 metri di pezza. Poi si lavorava sempre seta, ma non di qualità tre A questa è la differenza, di qualità. Buona domenica a tutti
Lorenzo, sintetivo e preciso, come sempre: grazie.
Riccardo, la tua è una storia nella storia ::: interessante ed utile ad integrare il lavoro di Enrica. Grazie.
Grazie Enrica per il tuo prezioso inciso sui dettagli che puoi dare proprio da “addetta ai lavori”: chi meglio di te potrebbe farlo?
Puoi essere ancora maggiormente orgogliosa per il tuo contributo personale di lavoro per quanto preparato e donato al Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita a Como. É stato un grande onore per te e puoi conservarne il ricordo con personale soddisfazione. Brava!
“Tutte le cose sei tu” : Grazie Giovanna per il bellissimo video musicale.
Quanto li ho odiati quei bachi da seta!! Dopo la scomparsa di mio padre, l’unico in famiglia a portare a casa lo stipendio, mia mamma e mie sorelle più grandi dovettero “ingegnarsi” con mille invenzioni x tirare avanti.
Quella dei “cavalieri” era una buona fonte di reddito, ma io, piccola, mi rifiutavo di abituarmici.Sempre a raccogliere foglie di gelso (che per fortuna avevamo nel campo) sempre a star dietro a “loro” ! E, nei giorni di brutto tempo ( le ” le burrasche dei cavalieri”. le chiamava mia mamma) tutti fermi per non disturbarli!
Ricordo un particolare: si mettevano dei fogli bucati( li vendevano apposta, carta dei cavalieri, si chiamava..) si mettevano sopra alle grigle dove “loro” stazionavano. Sopra ai fogli ci si mettevano le foglie fresche, tritate. “Loro” si infilavano nei buchi, risalivano a mangiare e intanto veniva pulita la parte bassa… ‘na spussa!!! Questi sono i miei ricordi di bimba, ma poi ho lavorato in un negozio dove vendevamo foulards di seta… Quelli di Como non avevano confronti! Ciao Enrica, grazie.. come sempre!
La domenica del bosco e’ una stanza che merita tanto di cappello ,anche grazie a chi posta i racconti a Giovanna x la scelta della musica ,a giuseppe insomma a tutti ,vi faccio tanto complimenti e sono tutti meritati ,A Enrica un vero plauso ,sei bravissima ,e questo e’ un bel racconto di vita vissuta ,grazie ..
Grazie Armida per la tua testimonianza: un altro contributo prezioso che avvalora il racconto di Enrica, qualora ce ne fosse stato bisogno. É sempre piacevole ricordare il tempo vissuto, anche con i suoi aspetti difficili ma con la consapevolezza che tutto era necessario per la vita.
GiovannaVC, i tuoi complimenti ci riempiono di gioia. Ci fa piacere sapere che il nostro lavoro non è vano e ci sono Amiche/Amici che ci apprezzano. Questo ci spinge a continuare sulla linea che abbiamo tracciato. Grazie.
complimenti giuseppe enrica giovanna , e l’unica stanza che ancora funziona bene in eldy.,,bel racconto enrica anchio ricodo tutto ,mia mamma mi raccontava del lavoro dei bachi da seta? complimenti bravi ciao a tutti ,
Enrica sempre storie bellissime, racconti molto interessanti,cose nuove che noi portando una camicia di seta, oppure qualche altro indumento, mai andiamo a pensare che e un lavoro importantissimo lungo di tante attenzioni di cure per seguire il procedimento della seta, diamo poco valore forse pargliamo che la seta e un indumento molto caro, senza pensare che per quel prezioso indumento,c’è tantissimo lavoro, preoccupazioni che questi bruchi possono ammalarsi, e dovere rinunciare a un enorme sacrificio di chi ha lavorato, certo qui non stiamo parlando di macchine, ma di un lavoro portato avanti per molto tempo artigianalmente! Enrica sei preziosa nel raccontarlo, siete uno staff meraviglioso, complimenti sempre per portare nelle nostre cose il passato che era sicuramente fatto con amore, ma con immensi sacrifici. grazie a voi tutti ciao…
Grazie, Giovanna per il tuo splendido lavoro, per la tua musica e video grazie di cuore!! sei bravissima ciao !!
Gianna, mia omonima: a casa sono anch’io “Gianna”! Mi fa piacere tu abbia gradito il video musicale e altre cose. Mi piace ideare la pagina, trovare accostamenti di colori, in altri termini “animarla”. Ti ringrazio per il tuo apprezzamento.
Bravissima Gianna, hai recepito tutto il lavoro che c’è dietro le quinte, senza fermarti alla ‘prima impressione’ ma analizzando i dettagli nascosti, cioè, quanto c’è dietro ogni lavoro. Dimostri grande perspicacia e te ne siamo grati, ovvero “Grazie di vero cuore”. Continua a seguirci.
Grande merito ad Enrica per la parte descrittiva e un meritato plauso a Giovanna per la sequenza delle immagini, frutto di una accurata e paziente ricerca fatta con passione e dedizione. Con l’aiuto di queste immagini possiamo avere una visione panoramica di tutto il difficile e delicato processo di lavoro per la produzione della seta come si faceva una volta. Una bella ‘botta’ di cultura.
Grazie Enrica, grazie Giovanna: Bravissime!
Le tradizioni della nostra terra… vanno salvaguardate ed è bello ritrovarle nella memoria e condividerle…
Brava Enrica !! ^_^
Cara, Gabriella penso di avere capito, vuoi salutare un caro amico, del bosco, che non sta molto bene, se fosse le facciamo tantissimi auguri, anche noi di una veloce guarigione,guarisci in fretta ti aspettiamo tutti, ma lei specialmente!!ciao se non fosse scusatemi tanto ciao