LA DOMENICA DEL BOSCO
Scritto da Giuseppe il 21 Dicembre 2014 | 18 commenti- commenta anche tu!
Anche se riferita al altri tempi ecco una storia molto attuale in questi giorni, perciò non si poteva aspettare al dopo Natale per postare nel nostro amato Bosco incantato questo bel racconto che ci ha inviato l’amica Enrica Bosello. Grazie Enrica.
Buona lettura e felice Domenica per tutti.
E' martedì, sono dalla signora Licia, la mia nonnina, dopo i soliti saluti, mi dice: "Fa freddo oggi," le rispondo che ieri sul tunnel del Gottardo nevicava..
Vorrebbe la neve per Natale, perché altrimenti le festività natalizie non si sentono... e come sempre inizia a raccontare...
Era bello il Natale, ora voi giovani, correte fuori e dentro dai negozi, poi vi lamentate che avete speso soldi, e siete stressati, noi invece preparavamo tutto in casa.
Mia mamma e la mia zia Romilda, pulivano tutta la casa, pavimenti lavati a lisciva, e lucidati con la paraffina, lucidavano tutti i paioli di rame, le tende venivano inamidate, e la sera intrecciavano i rami dei salici, facevano le corone, che poi le rivestivano con i rami dell'abete. Ci mettevano noci, nocciole e mele, oppure pigne, e non mancavano mai le quattro candele, decoravano con qualche passamaneria a quadretti, erano belle e profumate.
Con quelle meline, che non si potevano dare al Signor Conte perché erano troppo piccole, facevano di tutto, noi le mangiavamo... eccome se le mangiavamo, erano troppo buone.
Il giorno della vigilia, la zia Romilda con lo zio, preparavano la trippa, il profumo della pietanza si sprigionava per la casa, mentre la mamma finiva gli ultimi preparativi.
La tovaglia ricamata era nel baule nella camera dei miei genitori, la tenevo stretta a me, mentre scendevo le scale, era considerata un tesoro, bisognava tenerla con cura, sulla parete un ramo d'albero, addobbato con la carta delle caramelle o con fiocchetti di carta crespa riciclata, non avevamo l'abete in casa ma facevamo il presepe, con le statuine intagliate nel legno dal mio papà e il muschio fresco, che mio cugino aveva raccolto nel bosco.
Prima di sera, con mio cugino Felice, con il nostro gerletto in spalla, ci recavano nel paese vicino, a prendere il pane per tutti, anche per le famiglie degli zii, che abitavano in un'altra corte.
La zia Armida, da Como, mandava per ogni fratello, una bottiglia di vermouth, per i bambini caramelle. Un anno in particolare ha mandato per me, un bel velo bianco di pizzo, da usare in chiesa durante le funzioni, il bigliettino diceva così: "Voglio bene a tutte e tre, ma a te di più, ma non si deve dire..." mentre me lo racconta, mette il dito sulle labbra e dice in dialetto: "Sa tas"... si sta zitti.
Il giorno di Natale, si mangiava nella “ca' bella”, in pratica in sala da pranzo, l'unico problema era che, il camino non aveva un buon tiraggio, faceva fumo, per cui venivano messi dei bracieri sotto il tavolo e negli angoli per riscaldare la stanza.
Si mangiava pane bianco e "il pan de mej", era festa.
Quello dolce? chiedo io.
No!! era pane di miglio, quello dolce, si mangia per San Giorgio, il mese di aprile...
E' un'enciclopedia umana, penso io... mentre continua a raccontare.
Felice era furbo, spiava la sua mamma e la mia, scopriva dove nascondevano i pochi regali, che ci facevano trovare la mattina di Natale sotto l'albero, qualche biglia per i maschietti, le bambole di pezza per noi bambine, qualche mandarino e spagnoletta (arachidi).
Non era Gesù Bambino, ma "Ul bambin dal Gesù", (il bambino che aiutava Gesù), che consegnava i doni, era il suo aiutante, come faceva se era appena nato a far tutto quel lavoro?
E così, ogni casa, narra la sua leggenda.
Il giorno di Natale, in cucina oltre alla trippa, con le zampe delle galline ed il collo, si faceva il brodo. Il resto del pollo, si faceva arrosto, le patate nel forno della stufa economica, mentre la nonna che affettava il lardo, la pancetta e il salame.
Che profumi, se riuscivamo... rubavamo qualche fettina...
Non mangiavamo il paté, non sapevamo che ci fosse, ma facevano una crema coi fegatini, che messa sul pane, era proprio buona, e poi come dolce mangiavamo la “biascia”. Quando papà riusciva a lavorare in Svizzera, anche per poco tempo, mangiavamo il panettone, non ci mancava niente, "serum paesan", eravamo contadini.
Altro che Supermercato, Ipermercato....era tutta roba di casa, tanta fatica... ma,..
“cumè l'era bel”… come era bello.
Bianco Natale - Coro Alpino Lecchese






