LA DOMENICA DEL BOSCO

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B.D. 14

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Oggi presentiamo una new-entry per i racconti della Domenica del Bosco: Ignazia. É iscritta in Eldy da quando ha preso dimestichezza con il PC e legge regolarmente le storie del Bosco anche se, solo saltuariamente ci onora di un suo commento. Stimolata comunque dai nostri racconti ha voluto lei stessa cimentarsi nello scrivere, raccontandoci questa sua storia che mi sembra ricca di spunti interessanti e che pubblichiamo volentieri invitando la nuova amica del Bosco ad essere più costante anche nell’esprimere il suo pensiero. Grazie!

 

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Ero appena un embrione di donna nel ventre di mia madre quando iniziarono i bombardamenti nella mia città: febbraio 1943. Mio padre che, per effetto degli eventi bellici, era stato richiamato sotto le armi, aveva lasciato questo regalino a mia madre prima di partire, inquadrato nelle forze di complemento della Seconda Guerra Mondiale. Le autorità comunali impartirono i comunicati che chi poteva doveva abbandonare la città verso i paesi limitrofi meno esposti alle bombe e iniziò così lo sfollamento.

 

Bombardiere in azioneBombardiere in azione

 

Mia madre, sposa da appena sei anni e madre già di due bambini, in preda alla disperazione della solitudine, decise di trasferirsi in un paesino al centro della Sardegna che si trovava a pochi chilometri dalla caserma militare dove era stato destinato suo marito, mio padre. La caserma era una postazione strategica dislocata tra i monti e dotata di armamenti antiaereo in difesa di una grande diga di sbarramento del fiume Tirso che alloggiava una importante stazione idroelettrica. Si trattava di un punto sensibile quindi non esente dalle minacce belliche da parte delle incursioni di aerei nemici sia di ricognizione che da bombardamento.

Diga di Santa Chiara sul Fiume TirsoDiga di Santa Chiara sul Fiume Tirso

Secondo le istruzioni ricevute dal marito, non so se per lettera o, molto più probabilmente, per telegramma, mia madre raccolse l’essenziale come stoviglie, indumenti, lenzuola e qualche coperta e, infagottato il tutto, si preparò a partire insieme ad una sua coetanea che si trovava nelle stesse condizioni, anche lei con due bambini: un maschietto ed una femminuccia come mia madre. Si dovevano percorrere circa 150 km. e fu un viaggio avventuroso durato due giorni e una notte con corriera, treno e ancora corriera perché la stazione ferroviaria di Cagliari era stato il primo punto sensibile distrutto dalle bombe e quindi era inagibile. Si era costretti a raggiungere una stazione intermedia del percorso con altri mezzi, proseguire con uno dei pochi treni ancora in servizio e poi ancora con una sgangherata corriera fino alla destinazione finale. Mio padre aveva preparato una casa dove presero alloggio mia madre e i suoi due bambini, mio fratello e mia sorella. Io continuavo a crescere nel ventre materno e vidi la luce qualche mese più tardi in questo paesino sperduto tra le montagne della Sardegna.

 

Piccolo paese sardo tra le montagnePaesino sardo tra le montagne

Al termine della guerra mio padre fu congedato e si poneva il problema del rientro nella città d’origine. Occorreva verificare se la casa dove si abitava prima della guerra non fosse stata distrutta dalle bombe ed era necessario la ricerca di un lavoro. Mio padre ci lasciò al paese e fece un primo viaggio di ricognizione prima di trasferire la famiglia. In una città quasi rasa al suolo e piena di macerie, i muri della nostra casa, situata alla periferia, erano rimasti fortunatamente in piedi e conteneva ancora i principali suppellettili ma tutto il resto era stato depredato: abiti, biancheria, stoviglie… non c’era più niente.

Cagliari 1943  Viale-Regina-MargheritaCagliari - Viale Regina Margherita

Il mio papà, che di professione faceva il panettiere, ebbe a constatare che purtroppo la panetteria dove lavorava prima della guerra e del suo richiamo sotto le armi, era stata distrutta dagli eventi bellici e dei proprietari non se ne sapeva nulla. Prese accordi per il lavoro in un’altra panetteria e decise di far rientrare la famiglia, si ricominciava tutto da capo.

Di tutte queste cose ne sono venuta a conoscenza quando ho iniziato ad avere l’età della ragione mentre i miei ricordi personali risalgono a quando avevo circa 5 o 6 anni, alla fine degli anni ‘40. Sentivo dire dagli adulti che era difficile risollevarsi dalle brutture e dai disastri causati da questa inutile guerra ma io, a quell’età, non potevo capire cosa fosse la guerra, ne subivo solo le conseguenze.

 

Cagliari via Crispi-Squadra di soccorso dopo le bombe (1)Cagliari - Via Crispi e squadra  di soccorso dopo le bombe

 

I ricordi sono particolarmente legati alle emozioni vissute, soprattutto a quelle che hanno provocato delle forti paure ma quelle cerco sempre di allontanarle anche se ogni tanto ritornano a galla.

Racconterò solo qualcuno degli episodi sempre presenti nella mia mente, quelli che, in un modo o nell’altro, penso siano stati utili nella formazione nel mio affacciarmi alla vita: è pur sempre un bagaglio di esperienze.

 

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Mio padre faceva il panettiere e in casa non mancava il pane ma in una famiglia con quattro figli, perché nel frattempo era nata un’altra sorellina, c’era bisogno anche di tante altre cose, era proprio il caso di dire che non si vive di solo pane. Mia mamma ci cuciva dei vestitini e lavorava a maglia per confezionarci qualche maglioncino e delle cuffiette per proteggerci dal freddo, ma aveva però poco tempo per darci le coccole delle quali i bambini hanno bisogno e io ne sentivo particolarmente la mancanza.

 

Primo giorno di scuolaPrimo giorno di scuola

 

Quando avevo sei anni ricordo il primo giorno di scuola: pioveva forte, mia mamma, dopo avermi preparato con un vestitino pulito e un maglioncino nuovo, di quelli confezionati da lei, mi portò a scuola tenendomi in braccio per proteggermi dalla pioggia e non farmi bagnare il mio unico paio di scarpe dismesse da mia sorella più grande e passate a me. In quel momento sentii tutto l’amore della mia mamma che mi stringeva a lei, mi aggrappai al suo collo e non avrei mai abbandonato quell’abbraccio.

 

Il bacio alla mammaIl bacio alla mamma

 

Il distacco fu per me drammatico, arrivati all’ingresso della scuola sentii che qualcuno mi strappava a forza dalla mia mamma e mi depositava nel corridoio che conduceva alle aule. Era il mio primo allontanamento dalla mamma e scoppiai a piangere come se il mondo mi cadesse addosso, non so come riuscirono poi a calmarmi. Allora nella scuola non esisteva la psicologa per aiutare i bambini che presentavano qualche difficoltà comportamentale.  

 

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Nel suo mestiere il mio babbo (lo chiamavamo così), lavorava la notte perché nei panifici, il pane doveva essere pronto al mattino presto per la distribuzione nei punti vendita. Rientrava a casa al mattino, si pranzava tutti insieme poi doveva riposare per riprendere il turno la notte successiva. Affinché non si dovesse disturbare il sonno del babbo costringevano anche noi bambini a metterci a letto e a stare in silenzio. Per me era un supplizio perché avrei preferito mettermi a giocare con le sorelle ma i genitori allora erano molto severi e bisognava ubbidire.

Ricordo che nella vigilia di Natale e Capodanno il babbo non rientrava per il pranzo in quanto era uso fare il pane oltre che nella notte della pre-vigilia, anche durante il giorno di vigilia per avere il pane fresco la sera per il cenone ed essere liberi dal lavoro nel giorno festivo. In questi giorni, mio fratello ed io si andava a portare il pranzo al babbo sul posto del lavoro con un pentolino od altro contenitore adatto e si tornava indietro portando a casa il pane fresco per la famiglia.

 

Il duro lavoro del fornaioIl duro lavoro del fornaio

Erano giornate di dicembre molto fredde e mentre mio fratello indossava un cappotto riciclato dal cugino più grande, io non avevo alcun soprabito ma solo i maglioncini di lana. Dissi a mio fratello che sentivo freddo e lui, sempre di grande inventiva, non si perse d’animo: sfilò il suo braccio sinistro dalla manica del cappotto, che gli stava pure un po’ largo, mi ci fece infilare il mio braccio e richiuse il cappotto, così stavamo al caldo in due, cadenzando il passo camminando abbracciati, mentre si portavano i generi di conforto al babbo sul posto di lavoro. Forse la scena poteva apparire un poco comica ma un proverbio sardo dice:

“Fazzara callenti e arriara sa genti”

Libera traduzione:

“L’importante è stare al caldo anche se la gente ride”.

Avrei tanti altri episodi ma li racconterò un’altra volta, Buona Domenica.

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E. Morricone  - Amapola


COMMENTI

  1. il 25 gennaio, 2015 lorenzo.rm dice:

    Benvenuta Ignazia. Cronaca di vita in tempi difficili. Stimola il pensiero, i ricordi, gli impegni. Anche oggi, direi soprattutto oggi. Grazie, grazie, a Ignazia e Giovanna.

  2. il 25 gennaio, 2015 Ignazia dice:

    Scusatemi ma sento il dovere di ringraziare per primo Giuseppe che mi ha incoraggiata, sollecitata e, soprattutto, aiutata a scrivere questa paginetta dei miei ricordi. Inizialmente ero sinceramente restia e devo riconoscere il merito a colui che mi ha dato la spinta; senza di lui non avrei potuto. Ora sono contenta; il Bosco è bellissimo con tutti voi.

  3. il 25 gennaio, 2015 giovanna3.rm dice:

    Ignazia, sei la benvenuta da parte di tutti! Hai fatto benissimo a lasciarti coinvolgere da Pino, lui è il nostro prezioso “talent scout”.
    Il tuo racconto ci riporta a periodi bui e difficili, ma abbiamo superato anche quelli e speriamo di non doverci mai più trovare in condizioni analoghe!
    Grazie ancora per il tuo contributo, ma non fermarti lì, continua: ti aspettiamo ancora. Ciao Ignazia.

  4. il 25 gennaio, 2015 alba morsilli dice:

    è giusto che nei giorni della memoria anche noi a modo nostro, non voltiamo la faccia dall’altra parte dicendo “è robba passata ” In questo semplice racconto della amica Ignazia vi è la vita vissuta di molti di noi.
    Essa rimane impressa come dei flex nella nostra memoria, e solo chi ha veramente vissuto quei momenti sono indelebili dentro di noi.
    70 anni sono tanti, e molti non erano ancora nati, in un momento di terrorismo intenazionale di cui stiamo vivendo è giusto parlare del passato perchè gli orrori non sono fantasmi ma vita vissuta da molti di noi.

  5. il 25 gennaio, 2015 gianna dice:

    Ignazia, sei la benvenuta nel nostro bosco, Grazie Giuseppe, e Giovanna, faccio una promessa Ignazia non ti pentirai di essere entrata nella nostra grande famiglia a dopo per il commento ciao!

  6. il 25 gennaio, 2015 armida.ve dice:

    Davvero benvenuta tra noi, Ignazia.. il tuo racconto è pieno di ricordi e di momenti di vita condivisi da molti di noi,nati in quegli anni. E, come spesso capita, quando si parla della nostra infanzia i ricordi sono ammantati di poesia. Ti auguro di continuare a raccontare per noi. Buona Domenica!

  7. il 25 gennaio, 2015 gianna dice:

    Ignazia, Vew-Entry, iscritta in Eldy da molto tempo come scritto nel commento prima, siamo felici che la grande famiglia si allarghi,dopo molto dimestichezza nel pc. leggendo sempre storie nuove, racconti, onoravi con qualche commento,ora stimolata e bene accolta tra noi ti racconti,ora leggevo il tuo racconto bellissimo perche’ andato a buon fine almeno siete riusciti salvarvi dalla guerra spiegato da Giuseppe3,in un modo meraviglioso io ricordo episodi del genere raccontati da mia madre perche’ io sono nata finita la guerra dopo anni, ma ci raccontavo i grandi sacrifici fatti per soppravivere erano gia’ una famiglia numerosa,e bello oggi leggerti, la figlia Ignazia era al sicuro nel grembo della mamma, bombardamenti nella vostra citta’il padre per proteggere i suoi figli e la moglie ha dovuto andare richiamato per ordinanza del comune, lasciando tua madre un bel regalino,si doveva andare nei paesi limitrofi meno esposti alle bombe iniziando lo sfollamento,ma il padre era stato destinato in caserma al centro della Sardegna L’unica suo pensiero era di trovare una casa per i loro figli e la moglie, per fortuna vicino alla caserma dove era stato destinato,dove fossere esenti dalle minaccie belliche di aerei nemici e da bombardamenti,avendo ricevuto l’avviso dal marito di preparare le cose urgenti e partire in compagnia di una coetanea,un viaggio lunghissimo di qualche giorno, perche’ la stazione era stata colpita dalle bombe,facendo un viaggio lunghissimo e stressante arrivavano alla destinazione stabilita e trovata dal padre.Al termine della guerra poi avendo il congedo il padre voleva tornare nella sua citta’, ma doveva andare vedere se la casa era distrutta, cerano solo i principali suppellittili, tutto il resto distrutto cerano solo macerie, la cosa importante era cercare lavoro, lui faceva il panettiere, non cera traccia di nulla nemmeno dei padroni,cara Ignazie nella mente porti ricordi dela tua famiglia, anche voi avete sacrificato molte cose per quelle guerre,giocavate in silenzio purche’ papa’ potesse riposare ,il fornaio lavorava alla notte allora non cerano le impastatrici come oggi, ecco perche’ si impara dare il valore alla vita quando conosci il sacrificio da bambino, Bravissima Ignazia ti aspettiamo presto per portarci altri ricordi, belli della tua splendida Sardegna grazie ciaoo-

  8. il 25 gennaio, 2015 gianna dice:

    Giovanna, scusandomi sempre alle prese con i commento dimentico la persona importante , quella che ci fa vedere e sentire musica e video meravigliosi, foto che sembrano vere sei una grande, la mia non è una dimenticanza della nostra unica giovanna, è solo la fretta che qualcuno mi disturba. un abbraccio di cuore e grazie anche a Giuseppe sempre con la sua precisione nel spiegare, siete meravigliosi ciao-buona domenica a voi….

  9. il 25 gennaio, 2015 Ignazia dice:

    Giovanna, Alba, Armida, Gianna, Lorenzo vi ringrazio tutti per la benevole accoglienza, il vostro benvenuto è incoraggiante e cercherò di onorarlo provando a scrivere ancora qualche episodio dei miei ricordi di ultrasettantenne. Mi servirà ancora l’aiuto di Giuseppe ma so già a priori che non mancherà perché conosco bene la sua disponibilità. Grazie a tutti.

  10. il 25 gennaio, 2015 edis.maria dice:

    Questa splendida canzone ha impreziosito i ricordi delicati, scritti con una certa tristezza , ma piacevoli da leggere. Ignazia hai sollevato pagine storiche che non dobbiamo mai dimenticare, anzi raccontare ai giovani. Grazie di far parte del Bosco, spero di trovare ancora pagine di tuoi ricordi!

  11. il 25 gennaio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Alba, concordo con te: Le “esperienze vissute” non possiamo e non dobbiamo mai considerarle “roba passata” perché fanno parte di noi, sono le vicende che hanno contribuito alla nostra formazione, sono la nostra “forma mentis” alla quale facciamo ricorso per il confronto con la vita di oggi ma, soprattutto, sono esperienze utili ad evitare il reiterare degli errori.

  12. il 25 gennaio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Ti ringrazio Gianna, le tue attenzioni per il Bosco e, in particolare, per i componenti la redazione, sono sempre encomiabili, infondono coraggio e trasmettono l’entusiasmo necessario per proseguire sulla strada intrapresa. Ciao.

  13. il 25 gennaio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Un grande grazie per il tuo riconoscimento Ignazia. Come vedi hai trovato tanti consensi, tante amiche e amici che ti invitano a continuare e con questo dimostrano di volerti già bene. Ti rinnovo anch’io il mio invito e per i prossimi lavori sai cosa devi fare. Un abbraccio fraterno.

  14. il 25 gennaio, 2015 gianna dice:

    Giuseppe3, Ignazia e una Signora meravigliosa, il suo racconto ha fatto capire che le guerre portano sacrifici e miserie a tutti, distruggono una vita di grandi sacrifici come il papa’ di Ignazia,i bambini mai sapranno dimenticare,sono ricordi indimenticabili,questi bambini sapevono giocare in silenzio- per lasciare riposare quel papa’meraviglioso, Grazie Ignazia sei una Signora che sei riuscita trasmetterci le tue emozioni di un tempo, ti vogliamo ancora tra noi, non dimenticarti dei fratelli e sorelle del bosco di Eldy.a presto Ignazia…

  15. il 25 gennaio, 2015 sandra vi dice:

    Benvenuta tra noi Ignazia ,grazie per questo tuo bel racconto che ci fa fare un bel tuffo nel passato .Ricordo che anche a Milano sono stati anni tremendi .All’inizio no,noi ragazzini ci divertivamo al suono delle sirene correre in cantina(erano i nostri rifugi) e continuavamo a giocare con disperazione delle mamme ,tutte le notte arrivava un aereo ,lo chiamavamo Pippoe urlavamo “in cantina arriva PIPPO”,ma poi cominciarono a cadere le prime bombe ,le prime case ,le prime vittime.Papa allora ,prese lq decisione ci fece fare i bagagli e con mamma e mio fratello ci mando’ da parenti nel Varesotto.Da li vedevamo passare gli aerei che andavano a bombardare Milano ,ci stringevamo alla gonna di mamma ,spaveentati ,pensando a quante vittime avrebbero fatto.Quando infine tornanno a casa Ignazia……le rovine come le descrivi tu ……dopo tanti anni se chiudo gli occhi mi sembra di vederle ancora .Persino il teatro la Scala….a cielo aperto…..Naturalmente un grazie a Giovanna x AMAPOLA

  16. il 25 gennaio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Si Gianna, la conosco da bambina e posso confermarti che Ignazia è veramente una persona meravigliosa: dalle sue esperienza ha saputo trarre il meglio per la sua famiglia ed è tuttora di grande esempio per tutti. Grazie ancora.

  17. il 25 gennaio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Giovanna, non so quante volte ho già ascoltato e visto il meraviglioso video musicale, veramente delizioso e lo ascolterò ancora. Un pezzo al top per il grande Bosco. Grazie!

  18. il 25 gennaio, 2015 Ignazia dice:

    Grazie edis.maria, le tue parole mi confortano e mi spingono a ripropormi con altri ricordi: sono veramente tanti e non solo dell’infanzia, ci riproverò per stare ancora con tutte le amiche di questo meraviglioso Bosco. A presto ritrovarci, ciao.

  19. il 25 gennaio, 2015 Ignazia dice:

    Ricordi comuni a tante/i della generazione “bambini nella guerra” come te Sandra. Il periodo dell’ultimo conflitto mondiale e dell’immediato dopo guerra è stato un’epoca che ci ha “segnati” tutti e non possiamo dimenticare. Il nostro ricordare serve di monito per i nostri figli, nipoti e tutti i giovani che seguono. Grazie Sandra.

  20. il 26 gennaio, 2015 giovanna3.rm dice:

    Pino, mi fa piacere che il brano musicale ti sia piaciuto: a me è sembrato adatto, poi suonato dall’Orchestra di Ennio Morricone è il massimo. Mi auguro sia piaciuto anche ad Ignazia. Un abbraccio.

  21. il 26 gennaio, 2015 gabriella BZ dice:

    Ciao Ignazia, come ho sentito l’amore di una famiglia nel tuo racconto.Tuo fratello che per tenerti al caldo ti ha offerto metà del giaccone, tua mamma che ti ha portato in braccio il primo giorno di scuola dandoti poi un abbraccio.Prima ancora il tuo papà che vi ha trovato un rifugio vicino a lui.C’era si la guerra, ma da come ho potuto capire tanto amore tra voi.Ed ora che sei entrata nel bosco, ti attendo con tanti altri episodi della tua vita.Ti abbraccio

  22. il 26 gennaio, 2015 Ignazia dice:

    Cara Gabriella tu hai colto l’essenza del rapporto tra i familiari: l’amore. È proprio vero che con l’amore si superano tante difficoltà e i miei genitori ce ne hanno dato grande esempio in un periodo di estreme difficoltà per tutti quale era il periodo post bellico, quando io ero ancora una bambina. Raccolgo anche da te l’invito che mi hanno rivolto in tante e ti ringrazio per questo, va bene, proverò a scrivere ancora qualcosa per questo blog meraviglioso. Abbraccio ricambiato con piena sincerità.


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