La mia Terra
Scritto da giovanna3rm il 4 Giugno 2015 | 24 commenti- commenta anche tu!
Il quindici maggio è stata per noi una ricorrenza importante e, come di consueto, abbiamo voluto ricordarla con un viaggio ,quest’anno in Abruzzo, nella regione che amiamo in modo particolare e non solo perché da quelle parti è nata la mia “badante”.
Chiamo così mia moglie non per le attenzioni che mi rivolge, da tempo indirizzate esclusivamente ai figli e ai nipoti, ma in tono affettuoso e forse anche per sottolineare lo sguardo attento e severo con il quale mi blocca quando non riesco a frenare i miei istinti di buongustaio.
Sono state giornate intense.
e e bellissime che ci hanno permesso di toccare con mano la semplicità e la generosità della gente del luogo e la varietà del territorio, dove mare, monti e parchi si incorporano alla perfezione.
La costa dei trabocchi di grande valore naturalistico e i bellissimi borghi situati nei dintorni, la stupenda Giulianova distesa su una collina proprio alle spalle del centro costiero e ricca di monumenti, il Parco del Gran Sasso con i suoi spazi aperti quasi mai sfiorati dalla mano dell’uomo, e tante altre località marine sono state le mete delle nostre escursioni giornaliere, questa volta organizzate con maggiore calma ed interesse.
Dulcis in fundo, la passeggiata sulla Maiella, dopo aver scelto furbescamente un sentiero semplice, corto e abbastanza accessibile.
Un bel po’ di fatica e tanti i momenti di panico, per la sensazione di non riuscire ad andare avanti, ma ne è valsa la pena. E’ impossibile non emozionarsi, non apprezzare la bellezza del silenzio, la purezza dell’aria, l’ aiutarsi mano nella mano quando a metà strada le forze vengono meno. Con un po’ di affanno ce l’abbiamo fatta. Siamo stati gli ultimi della comitiva , ma forse i piu’ soddisfatti, perché abbiamo avuto tutto il tempo per godere la bellezza della natura con i suoi spazi immensi, che ti fanno riflettere al punto che non vorresti mai rientrare nel caos dove vivi.
Dopo sei giorni interamente dedicati all’aspetto turistico, abbiamo partecipato alla festa di fine vacanza, organizzata dai nostri amici di Montesilvano. Siamo arrivati poco prima del calare del sole tutti ben disposti per preparare una lunga tavola sotto gli ulivi e sull’ erba, con quel caratteristico odore che emana appena viene tagliata.
Davanti a noi la campagna, in lontananza il mare, alle nostre spalle molto distanti la catena dei monti che faceva da cornice ed in alto
il cielo con le striature colorate tipiche del tramonto. Niente pareti, niente cemento, nessun rumore, ad eccezione dei suoni degli animaletti di campagna, che fungevano da colonna sonora. Risultato, una serata magica, uno stare insieme in allegria e spensieratezza, un’atmosfera meravigliosa, tiepida quanto basta e fievolmente illuminata dalle luci nascoste fra i rami degli alberi.
C’erano a disposizione i piatti tipici dell’Abruzzo, che sono quasi tutti di origine contadina, per ultimo il piu’ caratteristico ed il più atteso: gli “arrosticini”, carne di pecora tagliata a pezzetti rigorosamente a mano, infilzata in piccoli bastoncini di legno e cotta naturalmente sulla brace.
Mani esperte li depositavano uno vicino all’altro su più “fornacelle” ardenti e fumanti per poi girarli a gruppi di quattro o cinque per uniformare la cottura.
Dopo averli salati li avvolgevano a mazzetti nella carta stagnola e serviti a tavola per essere mangiati caldi, non certo con la forchetta.
Cominciano le gare …. Il più bravo è stato Giovanni (Giuvanne), ne ha fatti fuori trentacinque e senza barare, perchè depositava ordinatamente gli spiedini consumati accanto al piatto per dare la possibilità di contarli in caso di dubbi.
Io ho fatto la mia parte, ne ho mangiati sei ufficialmente e quattro di nascosto, facendo scivolare, quando possibile, i testimoni della mia abbuffata sotto il tavolo. Certo non sono stato un esempio di correttezza, ma se volevo appagare la mia ingordigia e sfuggire al mio controllore, dovevo per forza maggiore usare questo stratagemma.
E iniziano anche i cori…. il Montepulciano di Abbruzzo aveva fatto il suo effetto.
“ volesse fa revenì pe n’ora sole
lu tempe belle de la cuntentezza”
Anche io, che canto come una campana stonata, mi sono associato cercando di amalgamare il loro dialetto con il mio accento romano
“E vola vola vola vola e vola lu cardillo
Nu vase e pizzichille ne mi lo puoi negà”
Avevo all’improvviso dimenticato tutto: il colesterolo, i miei crucci, il 730, le pasticche per la pressione…
L’ umidità della notte sempre piu’ intensa, è il segnale che è l’ora dei saluti, degli arrivederci e degli “a presto”; a fatica cerchiamo di archiviare la stupenda serata. Abbracci, promesse ringraziamenti e un po’ infreddoliti via di corsa verso la macchina parcheggiata, poco distante sull’erba.
Il richiamo di una voce femminile, proprio di quella signora molto anziana che se n’è stata tutto il tempo in disparte silenziosa senza partecipare alla festa ,ci ha bloccati per salutare con un commosso abbraccio, seguito da una benedizione affettuosa
“Iate in nome di Die che Die v ‘aiuta”.
Anche lei aveva capito che avevamo tanto bisogno di Qualcuno da lassu’.

