LA DOMENICA DEL BOSCO

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Titolo

 

Storia di un bambino che voleva riscattarsi

dalla miseria, dalla sfortuna e dalla infelicità.

 

PARTE PRIMA

 

Rosa de nomini, rosa de bellesa”.

(Rosa di nome e rosa di bellezza)

182449_407558512694625_2134987004_n[1]Viso tipico della bellezza della donna sarda

 

 Questo è quanto dicevano gli adulti del paese, sia gli uomini che le donne, ed era tutto ciò che sapeva di sua madre. Non poteva ricordarla, Luiginu, era rimasto orfano della mamma quando aveva compiuto appena due anni. Questa giovane donna non aveva superato gli stenti e le sofferenze nell’allevare il piccolo senza avere notizie del marito che era stato richiamato alle armi ed inviato al fronte nella Grande Guerra.

Il padre, al rientro come reduce, apparentemente burbero, quel tanto che bastava per dargli la dignità del potere patriarcale, si era risposato. La seconda moglie gli diede due figli: Antonio e Rocco, poi rimase di nuovo vedovo. Tre figli da accudire, parcheggiati temporaneamente presso alcuni parenti che pur nelle ristrettezze economiche dell’epoca erano pieni di pietosa compassione e umana solidarietà. Serviva una donna in casa e dopo poco il padre di Luigino si risposò ancora. Una donna di grande cuore che si accollava la cura di un vedovo e di tre figli non suoi. Poi nacquero altri bambini ed in casa era palese la differenza di trattamento tra figli e figliastri. Luiginu, il più grande, all’età di sei anni non lo mandarono a scuola ma fu avviato a fare l’aiuto servo pastore in cambio di un po’ di latte che serviva per i fratelli più piccoli.

 

greggiI nuovi agnellini del gregge

A fine anno, se si fosse comportato bene, avrebbe avuto in dono un agnellino e poteva scegliere: una femmina se intendeva preservarla, unita alle altre pecore, per la creazione futura di un piccolo gregge in proprio, oppure maschio se destinato al sacrificio per allietare la tavola delle feste natalizie. Per volontà del padre, la scelta cadeva sempre sulla seconda soluzione e l’agnellino di Luigino finiva in tavola per il pranzo di Natale.

 

Pastore di greggi 20120316-1806491Gregge al pascolo con la sorveglianza del pastore

   

Per il pastorello Luiginu le giornate erano tutte uguali. Un pezzo di civraxiu (pane), una giacca da adulto che gli faceva quasi da cappotto, un ombrellaccio dalle stecche squinternate e via in campagna a pascolar le pecore fino a sera quando le riportava all’ovile.

A casa, una minestra per cena e un giaciglio per riposare le membra stanche. Il giorno dopo si ricominciava: ovile, campagna, ovile, casa. Ogni giorno, sole, pioggia, vento, freddo, a custodir le pecore, a sorvegliare che qualcuna non si disperdesse o entrasse nei terreni padronali a danneggiare colture private. Intanto Luiginu cresceva e continuava il suo lavoro che ormai era diventato una piccola risorsa indispensabile per la famiglia in crescita: il poco aiuta, il niente storpia.

 

gregge3Il pastorello nell'atto della mungitura

   

Da quelle colline di pascolo il suo sguardo spaziava per tutto l’orizzonte ma soprattutto verso la città, Cagliari, della quale, nelle giornate limpide, poteva distinguere bene i contorni delle torri e dei palazzi alti. Pure il pensiero spaziava e fantasticava sulla vita che poteva svolgersi nella città, sicuramente ben diversa dalla sua misera, triste e monotona esistenza.

Il padre, bracciante agricolo, all’occasione zappatore, mietitore, potatore, orticoltore, vendemmiatore e quant’altro poteva servire nel lavoro dei campi. Il sabato sera e la domenica mattina trasformava la stanza d’ingresso della sua casa in bottega da barbiere, ove i compaesani venivano per il taglio dei capelli e rasatura della barba. Il lavoro poteva fruttare qualche centesimo ma più spesso un po’ di ceci, fagioli o lenticchie da cucinare per il sostentamento della famiglia. Per imposizione del padre anche Luiginu, ormai ragazzetto, doveva sottoporsi periodicamente all’opera paterna del taglio dei capelli. Nei mesi caldi, malgrado il suo disappunto, si trattava sempre di un taglio radicale che, a parere del genitore, sarebbe servito per rinforzare il bulbo e favorire la crescita. Lui soffriva a vedersi deturpato della chioma ma non poteva osare di contestare il volere del padre-padrone.

Aveva imparato a mungere, a lavorare il latte per la produzione della ricotta e dei formaggi, ad assistere le pecore nel momento della nascita degli agnelli ed anche ad usare le forbici per la tosatura all'inizio della stagione estiva: anche la lana costituiva una risorsa economica.

Pecore dopo la tosatura pecore 2Pecore al pascolo dopo la tosatura

 

Luigino aveva imparato pure a riconoscere le erbe mangerecce per l’uomo da accompagnare al pane durante la giornata e tanto altro ancora della cultura pastorale ma nei giorni di solitudine nella campagna tra i belati delle pecore e l’abbaiar dei due cani che accompagnavano il gregge. La mente sveglia del ragazzetto pensava a cosa sarebbe stata la sua vita futura in quel contesto.

violetteFiorellini di campagna

Piano, piano, maturava l’idea della ribellione e quindi del cambiamento. Volgeva ancora il suo sguardo verso la città, lontana, ma non troppo, e lì la vita avrebbe potuto darle ben altre possibilità. Non sapeva ancora quali, ma sicuramente sarebbero state diverse dalla monotonia e dalle sofferenze sin qui vissute e sopportate in continuo conflitto tra rassegnazione e ribellione.

Una mattina di febbraio la grande decisione. Mancava qualche mese al compimento dei quattordici anni e lo attendeva ancora una giornata al freddo con le pecore ed il solito mezzo civraxiu nella sacchetta di tela bianca ormai ingrigita

Nella notte ne parlò solo con Antonio, suo fratello, e di buon mattino, ancora buio, si avviò a piedi verso l’agognata meta. Non prese neppure il pane, era necessario per i fratelli, era certo che avrebbe trovato qualcosa da mangiare all’arrivo in città.

Ad Antonio cedeva pure il suo letto perché questi finora aveva dormito per terra, in un giaciglio di paglia, sa stoja, insieme a Rocco, l’altro fratello.

Non poteva calcolare quante ore erano trascorse in cammino verso la meta, forse quattro, forse più, ma era ormai mattino inoltrato quando sorpassata la fila dei carri in attesa di superare il casello daziario posto alla confluenza delle due strade statali all’ingresso della città, si sentì finalmente arrivato all’agognata meta, intirizzito, affamato e con tutti i suoi problemi e le sue aspirazioni. Da dove iniziare? Cominciò a vagare per le stradine del rione periferico di Sant’Avendrace, in cerca di qualcosa senza sapere ancora cosa. Saranno stati il tepore ed il profumo di pane caldo che uscivano dalla porta a convincerlo ad entrare in una panetteria per chiedere se avevano bisogno di un lavorante. Il titolare della ditta, Sig. Gaetano, lo scrutò e capì subito di avere di fronte un ragazzino diverso dai soliti piccioccheddus in cerca di un pezzo di pane e lo intervistò. Come ti chiami, da dove vieni, cosa hai fatto finora e cosa vuoi fare. “Voglio imparare un mestiere e lavorare” fu la risposta all’ultima domanda. Intanto gli aveva dato un panino caldo che il ragazzino, timoroso, malgrado la fame lo teneva in mano e stentava a portarlo alla bocca. “Mangia” gli disse il buon Tatano (così si faceva chiamare Gaetano) che vedeva in questo sparuto ragazzino affamato, scarno ma fisicamente forte, un po’ della sua trascorsa infanzia.

Gli serviva un ragazzo per aiutare nei lavori della panetteria e, all’occorrenza, per le consegne del pane al domicilio dei signori o alle botteghe di rivendita della città.

Luiginu trovò quindi subito un lavoro ed anche un alloggio provvisorio perché il titolare gli permise di dormire all’interno della panetteria così che all’inizio della lavorazione per la produzione del pane, alle due/tre della notte, sarebbe stato già sul posto di lavoro e preparava per l’arrivo dei due lavoranti: impastatore e infornatore.

 Il duro lavoro del fornaioL'infornatore nel pieno della sua attività

   

Provvedeva a tenere puliti i locali, la madia e il bancone di lavoro, preparava le fascine di arbusti per l’accensione del forno a legna, portava l’acqua, il lievito ed il sale per l’impasto ed intanto osservava, imparava e memorizzava. La professione gli piaceva, aveva tante variabili specialistiche: saper riconoscere quando la pasta era ben lievitata, fare il pane nelle varie forme e pezzature e riconoscere quando il forno aveva raggiunto la giusta temperatura per poter infornare e giudicare quando il pane era cotto per poter essere sfornato. E poi, soprattutto, si stava in compagnia di altre persone e in un ambiente caldo. I locali della panetteria erano dotati pure di un piccolo vano doccia con l’acqua proveniente dai serbatoi opportunamente sistemati sopra la struttura del forno per cui si manteneva calda. Una vita ben diversa da quelle giornate trascorse al freddo della campagna. Luigino aveva ottenuto un primo risultato, era contento, ma sapeva in cuor suo che non si sarebbe fermato lì.

 

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Se la storia vi ha interessato preparo la seconda parte per la prossima settimana, intanto auguro una felice domenica per tutti.

 

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Domo mea - Tazenda & Eros Ramazzotti

 

 

 

Domo mea - Tazenda & Eros Ramazzotti

CASA MIA

Ora io Sono qui Oggi io Sono senza fiumi Antichi spiriti, ombre Sembrano venire a me Ti voglio donare il sangue E la vita mia Ti voglio prendere, oh

E ti amo, e ti amo Sei la vita mia

Ogni cosa tua E ti amo, e ti amo, oh Arcani libri a casa mia Sento le parole tue Ti voglio donare il sangue E la vita mia Ti voglio cullare, oh E ti amo, e ti amo Sei la vita mia Ogni nota tua E ti amo, e ti amo, oh

Anche se non è più casa mia Sento le tue melodie Mettimi un’idea nella mano, nel cuore Ti voglio donare il sangue Sei la vita mia Ti voglio cullare, oh E ti amo, e ti amo Sei la mia vita

Sei la vita mia E ti amo, e ti amo, oh

Arcani libri in casa mia Sento le parole tue Ora io Soli noi Oh eh, eh oh

Vola questo canto per te

 

 


COMMENTI

  1. il 05 luglio, 2015 lorenzo.rm dice:

    A me la storia del pastorello Luiginu è piaciuta molto, Pino. Dunque, Forza con la seconda parte. E Buona domenica a tutte e tutti!

  2. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Si Lorenzo, è una storiella che piace tanto anche a me perciò ho pensato di postarla nel Bosco. Buona lettura domenicale per tutti. Un saluto.

  3. il 05 luglio, 2015 gabriella BZ dice:

    Una storia che insegna molto e dovrebbe essere letta nelle scuole. Darebbe il senso del dovere a ragazzi che hanno in testa denaro facile, e nelle tasche cell. di tutti i tipi. Fa capire che se vuoi lavorare con la buona volonta, con la costanza ci riesci. Lavori dove non servono tante lauree ci sono ancora, solo che lasciano siano gli extracomunitari a farli. Una storia molto bella con un video bellissimo e per mia fortuna con traduzione, non so il sardo anche se ho amici sardi. Ora attendo la seconda parte, molto bello tutto bravo Giuseppe, ciao.

  4. il 05 luglio, 2015 franco muzzioli dice:

    Vedo che l’esperimento di “incontriamoci” è stato recepito anche da altri blog! Bene.
    Anche questo racconto di antico realismo vagamente deleddiano si presta ad una lettura fluente , quindi avanti ………………..

  5. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Grazie Gabriella, la tua approvazione vale una laurea ad honorem per me… ma a volte sono proprio le cose semplici che hanno più valore. É vero che le cose oggi sono diverse e vorremmo che i nostri figli fossero tutti laureati e questo va bene per la cultura ma poi si dovrebbe avere l’umiltà di accettare un lavoro anche non da laureato perché qualsiasi lavoro “nobilita” l’uomo indipendentemente dal titolo di studio. Molti hanno capito ed in tanti si stanno adeguando all’evidenza dei fatti. Un augurio di Buona Domenica ed un saluto di grande stima, ciao.

  6. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Bene Franco, ma ho diviso la mia storia in due episodi non per imitare il tuo esperimento in incontriamoci, peraltro validissimo, ma per contenere la pagina entro una certa lunghezza in modo che fosse piacevole da leggere com’è nel nostro solito: una lettura da scorrere d’un fiato, senza annoiare chi presta la sua attenzione, leggendoci. Quindi ritengo valido il tuo secondo giudizio!
    É un racconto scritto già da tanto tempo ma non pensavo potesse avere analogie con la prosa Deleddiana, comunque la tua valutazione e l’incoraggiamento mi onora, grazie. Un saluto.

  7. il 05 luglio, 2015 aquilafelice44 dice:

    bravo giuseppe, la storia di luiginu mi a un po comosso, sono tornato indietro nel mio turbolente camino da ragazzo piure io ho pascolato le muche x un po di latte
    ero sempre soddisfato quando la sera portavo a casa una botiglia di latte a me come paga non ero un vitellino ma era solo latte certo non lo fato x anno anche come luigino pure io presi unaltra strada. solo chi veramente a provato la povertà puo capire certe cose oggi non ce piu i ragazzi di oggi gia a 6 anni anno cel e tables, grande luiginu forse avevi provato lo stessa storia di vanny mangiare panne acompagnato ancora di pane far finta che avevi formagio in una mano un pezzo di pane nellaltra altro pezzo di pane far finta che quel altro pezzo era formagio ma sempre pane era tempi duri ragazzi meglio oggi ma quei tempi eri piu felice pur vivendo in povertà bravo giuseppe asp la seconda parte

  8. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Verissimo Vanni, sono episodi di vita che tutti hanno conosciuto in quei tempi ed è utile ricordarli per fare un confronto con la vita di oggi e per l’insegnamento ai giovani. Grazie per l’approvazione… ci sarà la seconda parte la prossima domenica. Ciao.

  9. il 05 luglio, 2015 sandra vi dice:

    Complimenti Giuseppe un bellissimo racconto di vita vissuta da portare ad esempio ai ragazzi di adesso, niente sacrifici, tutto e subito cosi’ sempre insoddisfatti. Quanti lavori ci sarebbero invece ancora possibili, certo occorrerebbe rimboccarsi le maniche e sporcarsi le mani. Aspetto la seconda parte, ma nn Ha niente da fare con l’esperimento di INCONTRIAMOCI, complimenti anche per il video, bellissimo con traduzione.

  10. il 05 luglio, 2015 giuseppe3ca dice:

    Vero Sandra, non stiamo imitando nessuno, il racconto di oggi e quello successivo sono racconti a sè stanti anche se può esserci un filo conduttore tra i due ma possono essere letti separatamente. Giusto per quanto riferito ai tanti lavori che possono essere svolti dai nostri giovani, basterebbe solo un pò di buona volontà senza tanta presunzione. Grazie Sandra, mi stimola l’altra storia. Ciao, Buona Domenica.

  11. il 05 luglio, 2015 mario33.co dice:

    Bella storia da libro “Cuore,” ambientata negli anni 20/30. Insomma bisogna essere fortunati anche in che famiglia si nasce!!!!! Il piccolo Luiginu, nato in una famiglia povera, cerca di riscattarsi da questa condizione di povertà, imposta in parte da un padre “padrone,” in parte da una vita Che… “nulla ti da tutto… ti toglie.” Trovo delle attinenze con il bel libro di Gavino Ledda . Vi “propongo” brevemente la trama presa da Wikipedia. In attesa che questo bel racconto di Giovanni finisca con un lieto fine.

    Padre padrone (titolo completo: Padre padrone (L’educazione di un pastore), è un romanzo autobiografico.E’la storia di Gavino Ledda si svolge a Siligo, in provincia di Sassari, in una famiglia di pastori contadini. Il padre preleva Gavino dalla scuola a soli sei anni perché lo aiuti a governare il gregge nei pascoli di Baddevrùstana (Vallefrondosa). Avendo frequentato solo per poche settimane la prima elementare, Gavino non sa ancora né leggere né scrivere: il padre lo condanna, di fatto, all’analfabetismo.Ben presto Gavino inizierà a riscattarsi, inizialmente con lo studio della musica ed in particolare della fisarmonica.Consigliato dal suo insegnante di musica inizia a studiare per conseguire la quinta elementare da privatista, licenza che conseguirà dopo aver avuto il consenso del padre. Da questo momento Gavino sviluppa un amore profondo per lo studio. Nel 1958 si arruola nell’Esercito iscrivendosi al Corso di Addestramento Reclute: quando lascia la Sardegna, sa a malapena qualche parola di italiano; quando non sa rispondere adeguatamente agli ordini di un superiore, se la cava con un “signorsì!”. Studiando e lavorando giorno e notte, sostenuto da una volontà incrollabile, aiutato da un superiore e da un commilitone, migliora notevolmente il proprio italiano, consegue la terza media da privatista e diventa sergente radiomontatore presso la scuola di trasmissioni della Cecchignola, a Roma. Nel 1962 si congeda dall’esercito e torna in Sardegna, per continuare a studiare. Nel 1964 consegue il diploma di maturità classica ed avviene l’inevitabile scontro con il padre: Gavino, infatti, si ribella e rivendica la propria autonomia. Cercando di spiegare al padre la propria visione del mondo, ed i propri progetti. Lo scontro, anche fisico, non solo tra due uomini ma anche tra “due concezioni del mondo”vede Gavino che abbandona nuovamente la Sardegna.
    Questo testo è considerato un classico dalla pedagogia progressista.Autobiografico dello scrittore sardo Gavino Ledda. Venne pubblicato dall’editore Feltrinelli nel 1975 come primo numero della collana Franchi Narratori. Il romanzo vinse il premio Viareggio opera prima e nel 1977 fu tratto il film Padre padrone diretto dai fratelli Taviani, che al 30° Festival di Cannes vinse la Palma d’Oro come miglior film. Il libro è stato tradotto in 40 lingue.

  12. il 05 luglio, 2015 gianna dice:

    Giuseppe3,questa storia di un bambino che voleva riscattarsi dalla miseria e dalla fortuna e dalla infelicita’ dirti che questi racconti sono davvero belli, a dire il vero piacciono molto per la vita di grandi sacrifici fatti e vissuti da un bambino, altro che tecnologie, cell..ecc questi bimbi hanno conosciuto molto presto il sacrificio di un lavoro pesante e massacrante portando tutti i giorni al pascolo le loro pecore,con un pezzo di pane e formaggio sotto alla sofferenza del grande cammin cambiamente di temperatura, senza pretese Luiginu era rimasta orfano a due anni, dopo che questa donna non aveva superato gli stenti e le sofferenze, nell’allevare il piccolo senza avere notizie del marito richiamato alle armi ed inviato al fronte nella grande Guerra.il padre al rientro come reduce sembrava un tipo burbero ma quello che bastava per dare dignita’ del potere Patriarcale si risposo’ per la seconda volta la moglie le diede 2 figli Antonio e Rocco ma dopo rimase ancora vedovo tre figli da accudire parcheggiati da diversi parenti con molta difficolta’ pietosa il padre di Luigino , una donna di grande umanita’ 3 figli senza differenza tra ,figli e figliastri,Luiginu il piu’ grande lo misero a scuola di aiuto ,servo pastore in cambio di un poco di latte per i suoi fratellini piu’ piccoli. alla fine dell’anno se si fosse comportato bene avrebbero donato un agnellino potendo scegliere tra femmina e maschio, unite a altre pecore per la creazione di un piccolo gregge oppure maschio se destinato al pranzo di.Natale insomma la soluzione e l’agnellino di Luigino feniva in tavola per festeggiare il Santo Natale, per il Pastorello Luiginu siper lui le giornate erano uguali .Un pezzo di Civraxiu Pane e via per il pascolo fino tarda sera mentre doveva rientrare in ovile a portare le pecore, una vita stressante dura e molto sacrificante per un ragazzino, Luiginu cresceva ormai era diventato una risorsa per la famiglia in crescita.il poco aiutava, il niente storpia. ma poi decise di andarsene in citta’ cercare lavoro e cosi fu, chiedeva lavoro e veniva ascoltato aveva un modo cosi gentile che le dava sicurezza a tutti, lo presero a lavorare in un negozio di paneficio, poteva pure dormire e tenere in prdine il negozio, la sua vita comincia a cambiare in bene, ma quanti sacrifici questo bambino a fatto per diventare grande velocemente bravo, Luiginu sei un grande esempio pr tanti,ragazzi che nn hanno mai saputo cosa significano i sacrifici,grazie Giuseppe3, e molto bello leggere questi racconti veri grazie a tutti per le foto e video siete grandi Giuseppe e Giovanna3, ciao

  13. il 05 luglio, 2015 edis.maria dice:

    Racconto che si poteva leggere e gustare nei libri ” per i ragazzi” del secolo passato.Ti colpisce fin dall’inizio con semplicità estrema e ti dà subito , pur raccontando situazioni tristi, l’impressione di volgere verso il “bello!” Attendo di leggere il seguito , caro Giuseppe, e sono sicura che sarà un racconto che i nonni potranno leggere con i propri nipoti e trarne alcuni insegnamenti!

  14. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Caro Mario, intanto specifico che mi chiamo Giuseppe e non Giovanni, giusto per la precisione! Facile cercare in internet e trovare analogie con la prosa di Grazia Deledda o con quella del libro Cuore. Niente di tutto questo, la mia è una storia vera vissuta sulla pelle dei miei progenitori e raccontata durante le riunioni al caminetto (quando c’era legna da ardere) o durante una cena della famiglia riunita davanti ad un piatto di minestra. Non ha la pretesa di ispirare nessun film né di ricevere alcun Oscar ma solo quella di una piacevole lettura tra amici nella Domenica del Bosco. Spero di essere riuscito almeno in questo.
    E chi vuole capire capisca! Grazie.

  15. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Grazie Gianna, hai ripercorso tutta la storia e ne hai capito il senso. Una storia che ha alla base una verità sacrosanta vissuta in prima persona dai protagonisti non ha bisogno di conferme con atti ufficiali da parte di nessuna autorità. La storia è quella e tale resta. Un saluto.

  16. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Edis carissima, siamo sulla stessa lunghezza d’onda ed anche con poche parole abbiamo la capacità di comprenderci benissimo, condivido il tuo pensiero. Sei lungimirante e anticipi la conclusione forse per un tuo sesto senso orientato ad una innata propensione al positivo. Grazie, vediamo la prossima settimana come si conclude la storia. Un saluto di immensa stima, ciao-

  17. il 05 luglio, 2015 gianna dice:

    Giuseppe3, aspetteremo la settimana prossima se ti sara’ possibile, come si conclude questa storia,aspetteremo con ansia il finale, ma poi c’è ne saranno altri questi racconti veri non stancano mai, anzi ci provocano curiosita’ e si spera che abbiano un lieto fine grazie al blog del meraviglioso Bosco e i suoi grandi collaboratori, lieto pomeriggio a tutti voi ciao…

  18. il 05 luglio, 2015 mario33.co dice:

    Caro… Giuseppe3.ca, mi, scuso, per il Giovanni (ma preso dalla foga di voler commentare ho sbagliato il tuo nome) scusami !!!!Io non volevo criticare il tuo bel racconto, mi… sembrava di rivivere delle storie dal libro “Cuore,” visti… i buoni sentimenti del ragazzo. Se mi sono permesso ti riscontrare nel libro di “Padre Padrone,” di Gavino Ledda(ripreso da internet), perche letto da giovane, vedevo la stessa(in un certo qual senso) condizione socio economica famigliare di Gavino. anch’egli come Luiginu voleva riscattarsi (in tempi più recenti) da una condizione di povertà,di sfortuna, di ignoranza, di soprusi. Tutto qui!!!!! Se ti ritieni offeso me ne dispiace!!!! hai inteso male il mio precedente commento.

  19. il 05 luglio, 2015 giuseppe3ca dice:

    Assolutamente Mario, nessuna offesa e nessun risentimento, non rientra nel mio stile. É vero però una cosa, cioè che le storie del periodo passato, per un verso o per l’altro si somigliano o perlomeno hanno delle analogie che ci portano a pensare che siano uguali. In realtà non è così, ogni vicenda fa storia a sè ed è vissuta con le ansie ed i sentimenti dei protagonisti che nel caso specifico ho cercato di mettere in evidenza. Un invito personale e generalizzato ad incrementare questo tipo di storie che fanno parte integrale dello spirito del Bosco. Chi può si proponga con un proprio scritto, il Bosco è disponinile a pubblicare i lavori di tutti, grazie!

  20. il 05 luglio, 2015 giuseppe3ca dice:

    Brava Gianna, sei in sintonia con lo spirito del Bosco e tutti insieme cerchiamo di mantenere alto l’indice di gradimento con queste ed altre piacevoli storie. Ancora grazie, ciao.

  21. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Caro Franco, per dovere di cronaca posso dirti che il tuo “esperimento” in ”Incontriamoci” ha dei precedenti di qualche anno fa proprio qui nel Bosco dove io stesso avevo postato una storia in tre “puntate”, quindi la cosa non è nuova e non è stato il blog Bosco a “recepire” ma potrebbe essere vero il contrario. Giusto per la precisione senza nessuna polemica ma con la piena armonia dell’amicizia.
    Un saluto sincero.

  22. il 05 luglio, 2015 Nembo dice:

    Una storia bella Giuseppe ci hai presentato, che dovrebbe essere letta da molti giovani nell’era moderna, con ansia aspettiamo la continuazione della storia di questo ragazzo che sicuramente ha fatto strada nella sua vita, perchè il detto che dice: Ciò che il cuore desidera fa muovere le gambe. Un Saluto

  23. il 05 luglio, 2015 edis.maria dice:

    Io ricordo, non so se su Parliamone o su Bar, un racconto , in diverse puntate, scritto da Adso ( non ricordo il resto del nik) che trattava un episodio di fantasia coinvolgente Eldy. Ciò avveniva diversi anni fa! Come si vede non c’è nulla di nuovo se non che in Incontriamoci si voleva discutere sulla lettura digitale o sulla lettura cartacea!!

  24. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Grazie Nembo, il tuo ottimismo è già di buon auspicio e speriamo tutti che la determinazione di quel ragazzo lo abbia aiutato a realizzare le sue aspirazioni. Però sappiamo com’è la vita: a volte la sorte non sempre aiuta chi merita ma lo sapremo la prossima settimana. Una stretta di mano, ciao.

  25. il 05 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Condivido Edis, quando è già tutto inventato e sperimentato rimane ben poco ancora da scoprire. Possiamo condividere l’iniziativa di “Incontriamoci” ma senza avere la pretesa di fare scuola su cose che hanno già fatto altri. Grazie.

  26. il 06 luglio, 2015 Ignazia dice:

    Storia piacevole che si legge d’un fiato e che nel contempo stimola curiosità. Leggo infatti che quasi tutti aspettano il seguito. Grazie Giuseppe anche io aspetto la conclusione della storia di questo ragazzino orfano della mamma e tanto sfortunato,

  27. il 06 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Invito anche te Ignazia ad avere pazienza fino alla prossima domenica. Il Bosco cerca di accontentare tutti. Ciao, a presto.

  28. il 06 luglio, 2015 franco muzzioli dice:

    Caro Giuseppe…non sapevo di questa storia in tre puntate postata da “bosco” tempo fa, vorrei precisare però che non dobbiamo sentirci in competizione …in Eldy spero non vi sia la gara tra blog ,chi ha più commenti, chi cambia più spesso argomento , chi ha le idee migliori. Sono tre blog spesso diversi che esprimono la sensibilità di chi li conduce e di chi collabora. Spesso anche io ho scritto per “bosco”…non mi sento quindi partigiano di nessuno.
    “L’esperimento” di Francesca , che ha postato un romanzetto con otto capitoli (oltre 100 pagine) per sollecitare una lettura più complessa, più articolata e nel periodo estivo, mi pare una esperienza nuova..senza nulla togliere ad altre simili.

  29. il 06 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Infatti Franco, ogni blog ha le sue caratteristiche, così come ciascun conduttore o collaboratore ha la propria specificità. Ho apprezzato l’esperimento di Incontriamoci ma ho voluto precisare che non prendevo esempio da questo per postare il mio lavoro in due puntate così come avevo fatto altre volte in precedenza. Non siamo né partigiani né in competizione… ciascuno porta avanti il lavoro con l’orgoglio delle proprie capacità e secondo il proprio stile ma senza cercare di dimostrare di essere più bravo o sentirsi pioniere di nuove scoperte. Rispetto e amicizia restano immutate. Ciao.

  30. il 07 luglio, 2015 paul candiago dice:

    Una delle tante storie che toccano il cuore e sempre sullo stesso soggetto con cui crogiolarsi nelle sofferenze dei piccoli e lasciare che il fiume porti l’acqua sporca al mare: la lotta contro la miseria e l’ignoranza per mancanza di protezione civile degli indifesi. All’orfanatrofio dove vivevo condividevmo la stessa “storia altri 150 coorfani,bambini abbandonti e rifiuti di piccoli di cui la societa’ non se ne preoccupava. Per me la “storia” nulla di nuovo, solo la misera vita di chi e’, piu’ o meno, abbandonato e alla mercede del “destino”. Mi auguro che le milliaia di simile storie siano solo aneddotti di un passato lontano che non esite piu’ al giorno d’oggi perche’ la moralita’/cuore sociale prende cura degli inermi. Cordiali saluti, Paul

  31. il 07 luglio, 2015 Giuseppe3.ca dice:

    Grazie Paul, condivido… hai descritto un quadro nella speranza che sia solo una realtà del passato, purtroppo casi analoghi esistono ancora oggi e la società solo in parte riesce a farsene carico. Ricambio il saluto, sempre gradito, ciao.


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