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QUANDO NASCE UN AMORE

buona domenica   Il gioco a nascondino

QUANDO NASCE UN AMORE

 Il gioco a nascondino

“1, 2, 3, 4……. 29, 30, 31, fatto o non fatto non conto più per nessuno”.

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Questa era la conta che l’incaricato della ricerca doveva fare, coprendosi gli occhi e appoggiando la fronte al muro per non vedere, prima di andare alla ricerca dei compagni di gioco che nel frattempo si erano nascosti. Il primo ad essere ritrovato pagava pegno perché era destinato a dover fare la conta successiva e così si proseguiva sino a che non ci si stancava e si decideva di passare ad un altro gioco.

Erano gli anni dell’immediato dopoguerra ed era terminato da poco l’anno scolastico delle scuole elementari. Noi bambini del vicinato, 9, 10, 11 anni ci si riuniva tutte le sere per qualche ora di gioco in un grande cortile destinato a cantiere per il ricovero di macchine e materiali della rinascente industria edilizia impegnata nella riedificazione delle case distrutte dai recenti eventi bellici della seconda guerra mondiale che, anche in Sardegna ed a Cagliari, in particolare, aveva lasciato i suoi molteplici segni di distruzione.

Mentre era iniziata la conta per un altro giro, Loretta mi prese per mano invitandomi a correre e dicendo:

“Vieni nascondiamoci insieme”.

Lei quel cortile lo conosceva bene, era di suo padre. Mi portò lontano dall’area di gioco e ci nascondemmo sotto una grande benna addossata al muro, sedendoci su un fascio di canne palustri in attesa di essere lavorate per costituire l’intelaiatura dei sottotetti costruiti con le tegole sarde. Da quel punto potevamo sentire l’evolversi del gioco: la conta e via, via la scoperta dei compagni stanati dai loro nascondigli: “Francesca, trovata!”, “Piero ti ho visto”, “Gigi, eccoti esci”… e così via. Feci cenno di uscire anch’io per partecipare al nuovo giro ma Loretta mi trattenne, tenendomi ancora la mano e dicendo: ”Non ci hanno trovati, restiamo nascosti qui” e restammo così ben nascosti per diversi giri di conta. Eravamo i più grandicelli del gruppo, avevamo terminato da pochi giorni la scuola elementare e tra un paio di mesi saremmo passati alla scuola media.

  6Primo amore primo bacio  

Nella euforia del gioco forse i compagni si erano dimenticati di noi e io e Loretta restammo ancora lì, ben nascosti, tenendoci sempre le mani nelle mani, senza parlare e senza null’altro chiedere se non ascoltare i nostri cuori che battevano più velocemente del solito mentre ci guardavamo negli occhi e io azzardai appena una carezza alle sue trecce che scendevano sulle sue spalle. Anche nei giorni successivi io e Loretta facevamo il nostro gioco, alla prima conta andavamo velocemente ad imboscarci nel nostro nascondiglio segreto e stavamo lì per diversi turni di gioco. Era solo una simpatia o ci stavamo innamorando? cuoricini

Forse lo eravamo già senza rendercene conto, a quell’età cosa potevamo sapere noi dell’amore ma era bello stare insieme, soli: era il nostro modo di sentirci liberi in un angolo tutto nostro, solo nostro e soli con noi stessi.

Ma le nostre strade si divisero presto e quell’amore restò sul nascere senza alcun seguito. Già nella scelta della scuola ci fu una separazione derivante dal ceto di appartenenza: io alla Scuola di Avviamento ad indirizzo professionale e Loretta alla Scuola Media, la scuola d’élite, alla quale si poteva accedere solo dopo un “esame di ammissione” ed è inutile dire come funzionava la cosa.

UNA LETTERA MAI SPEDITA

Cara Loretta,

ricordo ancora le tue lunghe trecce bionde che scendevano sulle spalle ma come potevo io, figlio di operaio, quasi certamente destinato a fare anche io l’operaio, aspirare ad avere te, appartenente all’alto ceto della borghesia cittadina, destinata a fare la prof. o magari la dottoressa?. Già allora avevo pensato alla reazione dei miei e dei tuoi se solo avessi pensato di esternare, negli anni successivi, il mio desiderio di averti come compagna di vita chiedendoti in moglie. Io le avrei buscate dai miei e tu saresti stata segregata in casa per evitare di incontrare me, povero umile plebeo che, agli occhi di tutti, sarei stato giudicato un arrivista arrampicatore sociale. Tu sai bene che non era così, il nostro era un bel sentimento puro nato spontaneo con vera e innocente attrazione tra due adolescenti che si piacevano e si volevano bene.

 

CAGLIARI antica Viale PoettoCagliari: Viaele Poetto, anni '50

 

Ne ebbi la prova qualche anno dopo, quando, quasi alla soglia dei vent’anni ci incontrammo al mare, ad una fontanella di uno stabilimento balneare. Lessi nei tuoi occhi e capii dal tono della tua voce nel pronunciare con enfasi il mio nome tutto l’esternare della tua gioia di incontrarmi. Anche allora prevalse in me il retaggio imposto dei ceti sociali. Tu, con la tua cabina a pagamento nello stabilimento e prossima a frequentare l’Università, io, entrato abusivamente dal lato spiaggia, per andare a dissetarmi alla fontanella dello stabilimento e, nella vita, già impegnato nella ricerca di un lavoro per contribuire all’economia domestica di una famiglia numerosa. Si ero riuscito a conseguire un diploma ma avevo dovuto lavorare duramente anche come manovale durante le vacanze scolastiche estive per racimolare quanto serviva per comprare i libri e poter proseguire gli studi, anno per anno.

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Anche in quella circostanza prevalsero, oltre alla mia innata timidezza, l’indole della severa educazione di famiglia, soffocai l’impulso che provavo e non ti abbracciai come sentivo di voler fare.  Scusami, Loretta ma credimi, in quel momento avevo capito che il nostro giocare da bambini era stato il nascere di un amore vero. Per quella estate non tornai più in quello stabilimento, cosa tornavo a fare? Ero nella convinzione che i tuoi non mi avrebbero accettato mai e non ho avuto il coraggio di rischiare una delusione ma soprattutto i conflitti che ne sarebbero derivati.

Ci perdemmo di vista ma continuavo a chiedere notizie di te alle tue amiche e ai tuoi cugini quindi venni a sapere che ti eri sposata con un ingegnere che lavorava nell’impresa di tuo padre e che avevi avuto due splendide bambine ma che poi, negli anni successivi, eri rimasta sola perché tuo marito, finito il lavoro nell’impresa e aperto uno studio di libero professionista, ti aveva lasciata per una ragazza più giovane che aveva assunto nel suo studio come collaboratrice.

Gli incerti della vita.

Provai un grande dispiacere per te e questo dimostrava, ancora una volta che ti avevo voluto bene e ti pensavo sempre. Dissi a me stesso: “Con me non sarebbe successo, io non l’avrei lasciata sola mai” Per me eri sicuramente il grande amore di una vita.

Anche io mi sono sposato, mia moglie è una ragazza del mio ceto sociale e con lei ho avuto dei figli, ma nei tormenti del vivere quotidiano, ti penso ancora e, segretamente, nel mio intimo, ritorno ad essere bambino con te. Ciao Loretta.

 

Il tuo Amore ragazzino.

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Un Amore che nasce merita una canzone che è un inno all'Amore:

TAZENDA ANDREA PARODI

NON POTHO REPOSARE  

 

Barra div. fissa - Barra celtica nodi intrecciati rossi

 
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