ANNI CINQUANTA

 

 Una storia vissuta negli anni ’50 che merita una rilettura per un  confronto ed una riflessione con la situazione di oggi ma anche una  valutazione sul cambiamento dei tempi.

 

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  ANNI ‘50 b  

Terminati i tre anni di scuola media, allora Avviamento Professionale, promosso a giugno, mio padre mi pose di fronte ad una scelta: “Vuoi continuare a studiare o imparare un mestiere?”. Forse perché un pò stressato dalla concentrazione sui libri per la preparazione agli esami di licenza, non è che proseguire gli studi mi attirasse tanto e tra l’altro imparare un mestiere significava anche iniziare a lavorare e avere la disponibilità di qualche soldino per cui risposi che accettavo di fare l’apprendista per imparare un mestiere. Allora mi pose davanti un’altra alternativa: “Scegli, cosa preferisci fare il ciabattino o il barbiere?”. Sinceramente due mestieri che non erano per niente allettanti nelle aspirazioni di un ragazzino di belle speranze che pensava di fare il signorino attraente e ben vestito per cui capii che la scelta era obbligata e risposi:

“Va bene, continuo a studiare”.

Il mio buon papà, pur nelle difficoltà economiche di quegli anni, aveva deciso di fare qualche sacrificio in più per riuscire a far continuare gli studi al suo primogenito perché una maggiore istruzione avrebbe consentito di assicuragli un avvenire migliore della sua misera e pesante condizione di operaio.

 

Presentazione standard3Scuola di Ragioneria – Classe II B

 

Poco più che quattordicenne, trascorsi quelle ‘vacanze scolastiche estive’ lavorando da ‘manovale’ presso un piccolo impresario edile, al quale mio padre mi aveva affidato per farmi ‘tastare’ il peso del lavoro manuale. Iniziai così a guadagnare i primi soldini della mia vita (1.500 lire a settimana equivalente a 250 lire al giorno), ma quel denaro servì tutto per l’acquisto dei libri del primo anno delle mie scuole superiori di studente squattrinato. L’anno successivo fui io stesso ad andare a chiedere il lavoro allo stesso impresario ma concordai che la paga giornaliera dovesse essere pari a quella dell’altro manovale che, sebbene di due anni più grande e con la muscolatura già ben formata, in realtà facevamo lo stesso identico lavoro e io non mi tiravo indietro in nulla. La paga mi fu accordata in 400 lire al giorno e per me fu una valida conquista.

  Presentazione standard2

Trenino linee di Cagliari Anni ’50

Fu così anche negli anni successivi: lavoravo d’estate per acquistare i libri per il nuovo anno scolastico e poter così proseguire gli studi.

A scuola, alle ore 11,15 suonava la campanella dei 15 minuti d’intervallo per la ricreazione ma in pochissimi avevano la moneta necessaria per acquistare panino e companatico. La maggior parte, me compreso, non avevamo una lira in tasca e la colazione consisteva spesso in una pagnottella rafferma portata da casa senza companatico. Dovevamo inventarci qualcosa per metterci alla pari di quelli più fortunati ed ecco l’idea.

1Tram PoettoTram linea di Cagliari-Poetto anni ’50

Il percorso casa-scuola e viceversa, poco più di sei chilometri all’andata e idem al ritorno, si percorreva con il tram, una sorta di trenino con locomotrice elettrica e cinque carrozze che nelle ore di punta viaggiavano stracariche. Facendo il percorso a piedi ci sarebbero rimaste in tasca 20 lire, tale era il costo del biglietto di andata e ritorno per studenti e lavoratori con limitazione della validità dalle ore 6,00 alle 20,00. Un formaggino, un panetto di marmellata o un triangolino di nutella costava allora dalle 7 alle 10 lire quindi ci restava in tasca ancora qualcosa per le spese della domenica. C’era qualcuno che già fumava e doveva acquistarsi qualche sigaretta che al tempo si vendevano anche sfuse. Prevalentemente, però, ci si accontentava di un gelato, oppure, alternativamente, una domenica si e una no ci si poteva pagare il biglietto del cinema. Ricordo le sale cinematografiche il “4 FONTANE” e il “2 PALME” dove si proiettavano film di seconda visione ed il biglietto d’ingresso costava 60 lire nei giorni feriali, 80 lire nei festivi. Gli altri locali della città: “Odeon”,  “Massimo”, “Cinegiardino”, “Olimpia”, “Eden”, “Ariston”, “Fiamma” ed altri, avevano prezzi proibitivi per noi. Le risorse finanziare così faticosamente risparmiate bisognava sapersele gestire. Non tutti i giorni però riuscivamo a risparmiare il costo del biglietto perché se era brutto tempo e pioveva, dovevamo usare comunque il tram e per quel giorno avevamo assicurato anche il ritorno, altrimenti altra scarpinata a piedi verso casa. Si rientrava tardi, stanchi ed affamati ma a casa ci attendeva un rifocillante piatto di minestra.

 

Ricordo ancora la sequenza delle fermate del trenino: Da Cagliari partiva dal capolinea di piazza Matteotti ed effettuava le fermate di via Roma, via XX settembre, via Sonnino, Piazza Garibaldi, via Baccaredda, San Rocco, San Mauro, Palazzo Brusa, Zedda Piras, Villasanta, Vinalcool e finalmente Piazza Italia, a Pirri dove scendeva il nostro gruppo. Ma il percorso noi lo facevamo quasi sempre a piedi per via dell’esigenza di risparmiare il costo del biglietto. La linea tranviaria proseguiva poi per Monserrato, Selargius, Quartucciu e fino all’altro capolinea situato a Quartu Sant’Elena.

 

Topolino Fiat anni '50 (15)Fiat 500 "Topolino"

 

Generalmente, prima della fermata di via Baccaredda ci raggiungeva il tram sul quale viaggiavano gli studenti più abbienti e da parte di questi le derisioni nei nostri confronti, poveri appiedati, si sprecavano. Ma quella sorta di sfottò, anziché avvilirmi faceva nascere in me la voglia di rivincita e di rivalsa: il tempo, pensavo, mi avrebbe dato ragione, ora dovevo studiare. I sacrifici erano tanti ma avevo promesso a mio padre che avrei studiato per raggiungere l'obiettivo del conseguimento del diploma, il resto si vedrà.

Sia d’inverno che con i primi caldi della Primavera inoltrata il ritorno a casa a piedi era comunque sempre faticoso ma avevamo trovato una inaspettata risorsa: Alla fermata di San Rocco, spesso trovavamo parcheggiata la "Topolino" la storica Fiat 500 del nostro maestro delle scuole elementare che allora insegnava a Cagliari e si fermava lì per salutare una sorella che abitava nella zona, poi proseguiva per Pirri. Gli chiedevamo un passaggio che non ci negava mai, dicendo: “Ma siete in troppi, non ci state tutti”. Effettivamente eravamo in sei, qualche volta in sette e, cosa da non credere, ci infilavamo tutti dentro: tre nel sedile posteriore e tre in piedi tenendo aperta la ‘capote’ della piccola auto con il tetto apribile, l’ultimo, infine, nel posto anteriore a fianco del nostro maestro di scuola elementare che con la sua bonarietà, seppure scuotendo la testa, ci accompagnava fino a Pirri. Qualche volta capitava pure di sorpassare il tram ed allora eravamo noi a esultare salutando e schernendo i compagni che viaggiavano sulle vetture tranviarie affacciati ai finestrini.

Apparecchio radio del 1950

Radio d’epoca – oggi molto ricercata

 

Erano tempi duri ma li ricordo con nostalgia perché, tutto sommato sono stati bei tempi, vissuti in allegria con tanta solidarietà nei rapporti umani.

Oggi il trenino/tram non c’è più, le rotaie sono state coperte con l’asfalto e il trasporto passeggeri viene effettuato con una rete di servizi bus, forse con maggiore efficienza perché ben distribuita su tutto il territorio cittadino. Le vaste aree di campagna allora esistenti lungo il percorso sono ormai tutte urbanizzate creando un agglomerato unico con la città capoluogo.

Ogni epoca ha i suoi risvolti, positivi e negativi e bisogna viverla per quello che può dare. Il confronto o le analogie con la situazione odierna non si pongono neppure, i tempi sono cambiati in modo veramente abnorme ma se i ragazzi di oggi leggono questo racconto potrebbero non crederci ma penso possano trarre anche utili insegnamenti. Cari Amici del Bosco, grazie per l'attenzione.

  Giuseppe_27489    

Io vagabondo

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COMMENTI

  1. il 30 novembre, 2016 tonia.fi dice:

    Mi emoziona leggere questi racconti del passato, mi sembra di riviverli anche se qualcosa con il tempo sfugge. Erano i tempi della nostra gioventù quando esisteva tanta amicizia e umanità, cose che adesso mancano ma è la vita che cambia, nel bene e nel male, ma le emozioni dei ricordi rimangono. Grazie Giuseppe, un raccontino che mi piace tanto.

  2. il 30 novembre, 2016 sandra.VI dice:

    Molto bello e interessante il tuo post Giuseppe, e questo spaccato di vita vissuta. Hai descritto benissimo gli sforzi, i sacrifici per poter emergere e farsi una posizione, quale esempio per i nostri giovani ammosciati, che pensano di poter avere tutto e subito. Capisco perchè anche papà, partendo da niente con sacrifici, ha fatto studiare i due fratelli e poi tutte tre sono arrivati ad avere una fabbrica con 80 dipendenti, ma sempre lavorando sodo. Appropriato il video, grazie GIUSEPPE un saluto ciao.

  3. il 30 novembre, 2016 Giuseppe3.ca dice:

    Si vive anche di emozioni Antonella e i ricordi alimentano le emozioni del nostro passato ed è bello riviverle. Ti ringrazio: un saluto, ciao.

  4. il 30 novembre, 2016 Giuseppe3.ca dice:

    Vero Sandra, le storie del nostro passato possono essere molto istruttive per i giovani di oggi se le leggessero con un pò di attenzione… ma anche loro vogliono vivere le loro esperienze che li formeranno alla vita… come abbiamo fatto noi del resto. Grazie, ciao.

  5. il 30 novembre, 2016 lorenzo12.rm dice:

    Bello e istruttivo il tuo racconto, Giuseppe. Penso che anche i giovani di oggi ne possano venire attratti. Sono stati belli quei tempi perché eravamo consci degli obiettivi che volevamo raggiungere e degli sforzi che dovevamo fare per conseguirli. Un rapporto di causa ed effetto, dunque. Oggi non si sa nulla del futuro possibile. Che noia, uffa!

  6. il 30 novembre, 2016 giuseppe3ca dice:

    Concordo Lorenzo, i giovani oggi sembrano annoiati e poco interessati ad impegnarsi per costruirsi un futuro, forse perché a loro non manca niente e ritengono che tutto sia facile. Questo nel comportamento della massa ma per fortuna non tutti sono così… ci sono anche giovani responsabili che sanno dare il meglio per mettersi in evidenza nella speranza che l’Italia di oggi sappia riconoscerne i meriti e possa ripagare i loro sforzi senza costringerli ad emigrare per trovare lavoro. Un saluto di stima, grazie, ciao.

  7. il 30 novembre, 2016 gabriella.BZ dice:

    Un racconto vero non solo per te Giuseppe ma per tanti ragazzi, non ci sarà stata la topolino del maestro per far risparmiare quelle due lire, nel mio caso era un piacere alla nonna. Bisognerebbe che questo racconto lo si divulgasse nelle scuole, forse capirebbero che vuol dire, la dignità di un ragazzo. Studiare, farsi una camminata per andare a scuola e senza cell. vari, ma forse non capirebbero ugualmente che voleva dire, studio o lavoro? Ma lavorare davvero. Un saluto ciao

  8. il 30 novembre, 2016 franco dice:

    Caro ragionier Giuseppe , il geometra Franco quanto è simile a te. Io non avevo problemi di sussistenza, mio padre era il comandante dei vigili urbani di Modena e mia madre aveva uno dei maggiori atelier ti modisteria della città. Venivo dall’Istituto salesiano e in quella scuola ho fatto le tre medie, ma i cinemini di periferia erano gli stessi, le merendine, le 10 lire… tutto uguale. Ecco io avevo le “caterinette” di mia madre (quelle che portavano alle “signore” i cappelli) e avevano sui 15/16 anni , quanti ricordi, quanti ricordi…. ancora quanti ricordi.

  9. il 30 novembre, 2016 giuseppe3ca dice:

    Certo Gabriella, sarebbe molto utile trasmettere le nostre esperienze ai giovani perché possano trarne insegnamento ma entra in gioco l’orgoglio e l’indivudualità dell’essere umano e ciascuno vuole essere protagonista di sé stesso, con le proprie conoscenze e la pratica da sperimentare e da vivere in diretta sul campo della vita. Forse siamo stati così anche noi e non lo ricordiamo: unici, come tutti.

  10. il 30 novembre, 2016 giuseppe3ca dice:

    Si Franco, percorsi paralleli ma su due strade: una in piano e l’altra in salita, quanta fatica a percorrere la strada in salita con tanti ostacoli da aggirare o superare. Oggi abbiamo i tasselli dei ricordi ed è comunque bello ricomporre il mosaico della vita, fieri di avercela fatta con onore e onestà. Bene Geom. Franco, è sempre un piacere scambiarci le nostre confidenze e stringerci la mano per un cordiale saluto, ciao.

  11. il 30 novembre, 2016 gabriella.BZ dice:

    Giuseppe mi son dimenticata di complimentarmi per il video “io vagabondo”, una canzone bellissima della vecchia stagione ma sempre attuale!! Saluti ciao

  12. il 30 novembre, 2016 Giuseppe3.ca dice:

    Le canzoni quando piacciono sono sempre attuali e questa mi piace ancora, grazie, ciao.

  13. il 01 dicembre, 2016 carlina dice:

    caro Giuseppe hai raccontato uno spaccato della tua vita davvero interessante e realista: mi viene di fare il RAFFRONTO con la vita di oggi: un baratro divide i 2, chiamiamoli “mondi” chissà se i ragazzi di oggi riusciranno a entrare nel contesto dello scritto e capiranno o ci faranno sopra un sorrisetto nel “chissa” ti faccio i miei complimenti anche x la scelta della canzone dei Nomadi attinente al periodo.

  14. il 01 dicembre, 2016 giuseppe3ca dice:

    Grazie Carlina, ritengo che i confronti con il passato siano utilissimi per valutare i cambiamenti con la vita di oggi. Ci sono pur sempre i pro e contro, come in tutte le cose, ma con il RAFFRONTO speriamo sempre di poter trarre comunque qualcosa di buono. I giovani di oggi non si soffermano a guardare indietro per sapere come eravamo… loro hanno una loro vita e sono proiettati verso il futuro. Noi intanto cogliamo l’occasione per ascoltare le canzoni del nostro periodo di gioventù. Un caro saluto, ancora grazie, ciao.

  15. il 02 dicembre, 2016 antonino5.rm dice:

    Caro giuseppe 3ca, congratulazioni per la tua storia, mi ha fatto molto pacere leggerla perchè io ho cominciato nel 1948 a fare l’apprendista meccanico e nello stesso tempo andavo a scuola serale. Comunque sono bei ricordi, perché ci impegnavamo a imparare per un miglior avvenire, ti debbo dire che me la sono cavata riuscendo a diventare un buon operaio specializzato. Ti saluto e ti faccio tanti auguri sinceri.

  16. il 02 dicembre, 2016 giuseppe3ca dice:

    Complimenti Antonino, anche tu hai fatto la tua parte. Erano tempi difficili e ognuno ha avuto il suo percorso di vita. Potresti scrivere la tua storia da pubblicare in Eldy, provaci. Chiamami in Amici e possiamo parlarne, ciao, a presto.

  17. il 02 dicembre, 2016 alba morsilli dice:

    ho letto tutto d’un fiato, mi piaciono i racconti di vita vissuta, hanno il gusto del sale, un sapore quasi dolciastro e un odore di antico.
    Vivere in un’isola e vivere in continente eravamo nella stessa pentola, poveri in canna con voglia di rivalsa. Solo chi ha vissuto quell’epoca ti può capire, perché come ogni cosa bisogna darci di naso, e i giovani d’oggi (anche colpa nostra di come gli abbiamo allevati) pieni di cell., soldini che non gli mancano, perchè dovrebbero darsi da fare… ci sono i genitori ci pensano loro.

  18. il 02 dicembre, 2016 giuseppe3ca dice:

    Tutto molto vero Alba, noi abbiamno vissuto sulla nostra pelle la voglia di rifarci per risorgere dai disastri di una Guerra Mondiale che aveva lasciato tanti popoli completamente a terra. Era voglia di rivincita e, sebbene con tante difficoltà, ce l’abbiamo fatta ma abbiamo commesso un errore: quello di voler evitare che i nostri figli subissero le nostre sofferenze, i nostri patimenti e la nostra fame (diciamolo senza vergogna). Il carattere dei nostri figli va formato sul campo, facendogli provare le stesse difficoltà… solo così possono capire e solo così si forma il loro futuro, con la consapevolezza che tutto va guadagnato con il proprio lavoro. Speriamo bene per loro. Grazie Alba per il tuo intervento sempre di grande perspicacia, come sempre, ciao.


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