Archive for ottobre, 2018

DEDICA ALLA MAMMA (2a parte) di Roberta degli Angeli

 

Angela ha moltissime amiche dalle quali non si staccherà mai, neanche dopo aver lasciato il Collegio. Resterà in contatto con Antonietta, Maria ed Emma, finché la vita lo consentirà, nonostante le grandi difficoltà di quel tempo.

Arrivano i suoi ventun anni, diventa maggiorenne. Le viene chiesto dalla Madre Superiora se vuole prendere i voti o lasciare per sempre il collegio.

Lei, che non ha vissuto che quella realtà, decide immediatamente “Vado via, la vita mi attende”. Così, dalla sera alla mattina, è costretta a prendere le sue davvero poche cose e lasciare il collegio.

Ecco Angela libera dal collegio,la prima foto che la ritrae come le piaceva vestirsi.

Tornata nella sua casa, che adesso ricorda a malapena, trova che il fratello Attilio si è sposato con Domenica.

È rimasto solo, dopo che anche Mariastella si è sposata, e Lucia è andata a servizio in città. Ad Angela non rimane che dormire, per le poche sere che rimarrà, in fondo ai piedi dellʼunico letto che gli sposi divideranno con lei.

Fortunatamente la sorella Lucia le trova un lavoro, e Angela va servizio a tempo pieno in una famiglia. Poco è cambiato dal collegio! La “signora” la tratta come una serva, senza amore, la sgrida sempre.

Si sente triste. Almeno in collegio aveva le amiche per confidare le cattiverie delle suore, qui invece le rimane solo il cuscino dove affondare la sua faccia e lasciare scorrere le lacrime.

Trova una nuova famiglia, viene a vivere a Vicenza. Qui sta meglio, lui è dottore, la moglie è a casa. Una buona signora davvero. Angela si trova bene, ma i soldi sono pochi, ha ancora male agli occhi e le cure costano tanto.

Un male che si porta dal tempo del collegio, allora lʼavevano curata portandola al mare, adesso non può certo permetterselo. Deve trovare un nuovo lavoro. Ancora una famiglia, le danno qualcosa in più ma pochissimo da mangiare, e Angela cambia ancora una volta.

Va in una famiglia di Vicenza, dove si trova davvero bene. Come sempre, quando qualcosa va bene non dura a lungo per lei. Il suo datore di lavoro viene trasferito nel meridione, quindi con grande dolore di entrambi deve cambiare ancora.

Sente dire che lʼingegnere Mario Scoles ha sempre bisogno di operai, per la fabbrica di auto che gestisce nelle grotte di Costozza. Lei pensa di fare lʼoperaia. “Non ho esperienza ma imparerò” si dice andando. Nel colloquio lʼingegnere sente che lei è governante e cuoca. Lui ha lʼocchio lungo, capisce che sarebbe giusta per la sua famiglia. Nel frattempo sta arrivando la guerra anche a Vicenza, lʼingegnere viene trasferito per sette mesi a Padova e Angela parte con la famiglia Scoles per quella nuova città.

Lì conosce un militare di nome Alfio Greco, si frequentano e passeggiano in quelle vie. Lui per non imbarazzarla si è fatto portare un vestito borghese, a camminare con un soldato si viene giudicati male. Angela non ha mai amato nessuno, in lui trova molta tenerezza. Alfio le racconta della sua lontana cittadina, Bronte, in Sicilia. La guerra lo ha allontanato, ma con il cuore è ancora là.

Quei sette mesi passano in fretta. Lei deve salutare il bel soldatino, che comunque deve partire per il fronte.

Angela non lo dimenticherà mai.

Con la nuova famiglia tornano a Costozza. La guerra impazza, vanno a vivere in una casa vicino alle grotte. In quella famiglia Angela sta bene, e lì comincia a leggere con assiduità “Il Giornale di Vicenza” che le piace davvero molto.

   Angela, nel periodo in cui vive a Padova. Sta camminando davanti al rinomato caffè “Pedrocchi”.

Ecco il mio papà durante il suo lavoro di maschera al cinema Kursal. Durante la giornata dovevano fare anche la pubblicità vestiti come gli attori del film su quella jeep militare. Nella fotografia ci sono il mio papà, lʼaltra maschera, la cassiera, lʼoperatore ed infine il mio padrino, maschera del cinema Berico, lʼunico tra loro ad avere la patente per quel mezzo.

Ma ancora una volta deve provare un grande dolore. Dopo un anno dal suo arrivo la signora, sebbene giovane, muore dʼinfarto proprio davanti a lei, mentre stanno cambiando le lenzuola. In quella casa ci sono tre bambini ancora piccoli, la guerra non è finita. Questo tristissimo avvenimento angoscia tutti, solo Angela riesce a tranquillizzare almeno i bambini.

Si prende cura dei figli di quella donna, anche se lʼha conosciuta poco, e li cresce con amore.

Lʼingegnere, prostrato per la grande perdita, per molto tempo si affida ad Angela. Lei prosegue come prima con molto impegno, ma anche con moltissimo affetto. Il più piccolo le vuole un gran bene e sta sempre con lei.

Gli altri ragazzi non sono molto più grandi, ma vanno già a scuola. Anna ha otto anni, Giacinto undici e il piccolo Carlo cinque.

A settembre Angela insieme allʼingegnere Mario, accompagna Carlo per il suo primo giorno di scuola.

Anche Anna è con loro, lei sa già la sua classe e va sicura, Angela si ferma un poʼ di più per rassicurare il piccolo Carlo. Lʼingegnere va, deve accompagnare Giacinto alle superiori.

Tutto prosegue come prima, lavori e famiglia. Un pomeriggio di domenica Angela va al cinema Kursal in città, con la sua amica di sempre, Antonietta. Lì incontra lʼuomo che sposerà, ma lei non lo sa ancora.

È finita la guerra, sono tutti gioiosi. Lʼingegnere un giorno torna a casa, comunica che si trasferiranno in città e porta Angela a vedere questa casa.

Angela prende un caffè allʼAntico Caffè Scrigni, davanti al duomo di Vicenza

Lei la trova magnifica e nei pomeriggi, accompagnata in macchina dallʼingegnere, va a Vicenza per i lavori di pulizia.

Ritorna sempre a Costozza con un trenino chiamato da tutti “Vacca mora”, perché quando scendono, i passeggeri sono tutti sporchi di fuliggine, fuoriuscita dalla ciminiera della motrice.

Rincontra lʼuomo del cinema. Lui non perde certo lʼoccasione e si presenta: “Ciao, sono Albino Vedovato, tu come ti chiami? ”Angela Serafini” cinguetta lei. Da quel momento non si lasceranno più.

Lʼantica banda degli ottoni, nata molti anni prima, nel 1895, venuta per festeggiare la presenza del vescovo.

Nel settembre del 1948 Angela va a casa invitata dai fratelli. Il Vescovo di Vicenza Carlo Zinato è andato in visita. Le persone lo accolgono con i copriletti alle finestre. Festa davvero grande per quella piccola contrà.

IL MATRIMONIO

Passano ancora due anni e poi arriva il grande giorno, 4 maggio 1949, Albino Vedovato e Angela Serafini si sposano nella chiesa parrocchiale di Debba.

Accompagnata dal fratello Attilio, sta andando incontro al suo futuro di sposa

Rituale foto di gruppo fuori dalla chiesa: il fantastico Carletto è davanti ad Angela insieme a molti parenti e amici.

Lʼingegnere prima fa da autista alla sposa, poi anche da testimone. Carlo accoglie Angela con il bouquet e tutto emozionato piange tra le sue braccia, forse sente che la perderà.

 

 

I VEDOVATO

Mio nonno, Antonio Vedovato, sposa Angela Fiorin; hanno quattro figli: Alessandro, Albino, Diomira e Lino. Alessandro sposa Olimpia Nichele; hanno un figlio, Giovanni.

Giovanni sposa Mirella Radin; i loro figli sono Alberto e Lorenzo.

Albino sposa Angela Serafini, mia mamma.

Rimasto vedovo, Antonio Vedovato sposa Elisabetta Nichele; la loro figlia è Angela.

Angela Vedovato (Lina) sposa Giorgio Emari; hanno due figli: Gianpaolo e Marialisa. Gianpaolo sposa Leonina Zorzi; le loro figlie sono Denise e Serena. Marialisa sposa Gianpietro Baccarin: il loro figlio è Filippo.

Questi sono i genitori del mio papà: Antonio Vedovato e Angela Fiorin

Angela andrà ad abitare poco lontano dalla famiglia Scoles, ma solo dopo un anno dal matrimonio. Il primo anno lo deve passare nella famiglia di Albino, a Debba. Intanto fanno richiesta di una casa comunale, vengono selezionati e viene consegnata loro una casa in via Motton San Lorenzo a Vicenza.

Comincia così la loro vera vita a due, allietata dalla nascita di un bellissimo bambino, che verrà battezzato con il nome di Antonio.

Carlo va insieme al padre a trovare Angela dopo la nascita di Antonio. La gelosia traspare, lui la sente un poʼ sua mamma. Non abitando lontani, la vede spesso con il suo piccolo rivale Antonio, con cui gioca pur di stare con Angela.

Dopo poco Angela rimane nuovamente incinta e nasco io, Roberta, rosea come una mela pronta da mangiare, almeno così mi racconta sempre lei, felicissima di questa nuova nascita.

Anche il mio papà lo era, anche se lui avrebbe voluto solo un figlio, forse era preoccupato per il futuro.

Quando torna con me dallʼospedale, mio fratello è un poʼ geloso, mi vuole un mondo di bene ma non mi fa avvicinare da nessuno.

Solo a Carlo lascia questo privilegio, lui ormai è grande con impegni grandi. Anche durante la scuola lo si vede sempre meno nella mia casa, incontra mamma al mattino, quando lei esce per prendere il pane e il consueto “Giornale di Vicenza”.

Quando io compio due anni Emma Scoles, seconda figlia dellʼingegnere, professoressa di lettere, si sposa.

Mamma è invitata, noi andiamo solo alla cerimonia e al rinfresco. Emma andrà a vivere a Roma. Mamma si sente orgogliosa di Emma, le ha voluto bene come a una figlia.

Intanto la vita scorre veloce, noi cresciamo, papà lo vediamo solo al mattino. Lui è “maschera” al cinema Kursal e ritorna dopo mezzanotte. Con mamma andiamo a portargli la cena calda ogni sera, altro momento che mamma divide con lui. Noi a seconda del film andiamo in sala, se è vietato si resta con il papà.

I contatti con la famiglia Scoles continuano, mamma viene a sapere che Giacinto è diventato ingegnere edile, loro già non abitano più a Vicenza da qualche anno. A tenerla informata è la sorella dellʼingegnere, che continuerà ad abitare a Vicenza e a tenere i rapporti con mamma. Dopo un poʼ di anni si laurea anche Carlo, mamma è raggiante quando lo viene a sapere. Lui ha preso il posto del padre alla conduzione della fabbrica di automobili a Milano, dove vivono già da molti anni, ultima residenza da noi conosciuta per molti anni a venire. Un giorno, attraverso un'altra amica, Angela viene a sapere che la sua carissima amica Antonietta è tornata a servizio di nuovo a Vicenza e, cosa davvero incredibile, non lontano da casa nostra. Le due amiche riprendono il contatto, che durerà per il resto della loro vita.

Altro evento bello, mio cugino Giovanni Vedovato si sposa nel 1959 con Mirella. Io e mia cugina Marialisa portiamo il cesto di fiori davanti agli sposi, dalla casa alla chiesa.

Giovanni e Mirella il giorno del loro matrimonio

Molto bella la cerimonia, anche per i molti scherzi fatti dagli amici durante il pranzo. Risate e allegria, lo ricordiamo ancora con gioia. Il mio papà ha voluto regalare loro lʼorologio a cucù, che strano regalo a pensarlo ora!

Nellʼultimo anno di vita del mio papà mi hanno regalato, per la befana, una piccola tinozza con la tavola per lavare la biancheria, e una vecchia bambola che mi piaceva molto. Il mio ricordo è che al mattino io sono salita sul loro letto e papà mi ha dato, certo per finta, il suo fazzoletto come primo bucato. Poi io e mio fratello ci siamo infilati sotto le coperte con loro. Le risate che ci siamo fatti sono rimaste nel mio cuore. Io e mio papà ci facevamo anche delle piccole cantatine, lui mi insegnava le canzoni del tempo. Una che ricordo con molta nostalgia e che mi lega a lui è “Campagnola bella”.

 

 

“Natale 1960

Caro papà e mamma eccomi con le mie promesse dʼessere buona tutta la vita. Volete credere alla vostra bambina? Quando faccio qualcosa di grave mi pento subito, capisco che vi ho addolorato. Oggi però ho pregato il bambino Gesù e gli ho detto: Conserva a lungo il mio papà e la mia mamma e fa che io sia sempre la loro gioia anche quando saranno vecchi. Gesù Bambino fa che essi siano sempre felici!

Buon Natale.

La vostra affezionata Roberta”

Caro papà mio, ho ricordo di te, con gli occhi di bimba che inconsapevole, ti guardava per l’ultima volta, ora donna, penso con grande nostalgia, oggi festa del papà scrivo queste poche righe, ricordo di TE autore: Robbi

 

RIMANIAMO IN TRE

Passa solo un anno. Sembra che per Angela sia arrivato il momento di godere dei frutti della vita ma, come si suol dire, è durato solo un attimo. Nel marzo del 1961 mio papà si ammala e in pochi mesi muore.

Angela ancora una volta deve reinventarsi una vita, deve crescere me e mio fratello. Come già detto, io ho nove anni alla morte del papà avvenuta il 15 luglio del 1961, ne compio dieci a settembre, Antonio già undici.

Quanto dolore in questo periodo, soffocato dalle quotidiane passeggiate al cimitero, diventate consuetudine per me, mamma e Antonio. Penso sempre che se lasciassimo partire le gambe andrebbero ”là” da sole.

Angela va a servizio nelle famiglie che hanno le finestre che guardano il cortile, dove noi abitiamo, così ogni tanto ci controlla.

Anche tutte le sue “signore”, le care Guglielmina, Elisabetta, Marta e Palmira, ci controllano per lei, anche Lina in una casa diversa ma sempre con finestre sul cortile.

Queste signore hanno delle figlie solo un poʼ più grandi di me, la mamma porta a casa i loro vestiti, me li fa amare dicendomi che sono bellissimi, comprati davvero in negozi prestigiosi, e anche portati poco. Io ne sono orgogliosa dopo le sue parole.

Si cresce velocemente. Mamma fa domanda di assistenza, perché davvero è difficile per lei, in quel periodo, mettere insieme il pranzo con la cena, dato che la pensione di reversibilità di papà tarda ad arrivare.

Questo adesso mi fa capire quanto lei sia stata brava a non farci sentire imbarazzati. Ricordo quando si andava a prendere le cose da mangiare al centro di assistenza, le riteneva tutte indispensabili.

A Giovanni e Mirella nasce un bel bambino, Alberto.

Comincia con lui la tradizione di mamma: fare le scarpette con i ferri di lana, per accogliere i nuovi nati nella nostra famiglia. Cʼè da dire che mamma è bravissima e velocissima nel lavoro a ferri, se serve in un giorno riesce a fare un maglione con molta precisione, gli altri ci invidiano le nostre bellissime maglie.

Il datore di lavoro di mio padre, vedendo mamma in difficoltà, le propone di fare le pulizie al cinema dove papà lavorava, così tutte le mattine ha quel servizio da fare.

I suoi impegni con le famiglie li porta al pomeriggio, qualche volta io la seguo. Uno solo di noi a casa fa meno guai...

Che bello, quelle carissime signore sono una più buona dellʼaltra, mi insegnano anche a lavorare con i ferri di lana, con una pazienza incredibile. Mamma è troppo veloce nel lavoro a maglia perché io lo possa apprendere...

Loro diventano una famiglia allargata per me, le sento tutte mie zie e sono ricambiata di sicuro, lo vedo dai loro modi.

Mamma ha preso ad accompagnarci ad Arzignano, dove abitano i suoi fratelli.

Il sabato a mezzanotte, tutti e tre per mano, si va a pulire il cinema, così possiamo partire presto il mattino dopo per il paese.

Qualche volta andiamo un poʼ prima, vediamo lʼultimo spettacolo se non é vietato ai minori. Angela ha lʼopportunità di fare quattro chiacchiere con la cassiera e la nuova maschera, sono tutti amici di mio padre.

È impegnativo per lei andare ad Arzignano, c'è anche la lunga camminata per raggiungere la casa in collina, ma almeno si sta in compagnia. Si portano a casa verdure fresche, uova, ogni tanto un pollo, che i fratelli donano alla mamma come aiuto per farci crescere.

Qui a Vicenza ci sono i parenti del papà, li vediamo le domeniche che non andiamo ad Arzignano. Anche con loro grandissima amicizia, siamo sempre stati una grande famiglia. Anche se papà non cʼè più, ci si frequenta lo stesso con grande assiduità.

Vediamo la famiglia di mio padre. I fratelli sono tre: Sandro, Lino e Diomira. Zio Sandro è sposato con zia Olimpia (loro hanno solo un figlio, Giovanni).

Zio Lino non è sposato e vive nella casa di Debba con la matrigna Elisabetta (sorella di zia Olimpia e seconda moglie di mio nonno Antonio, nonno che nessuno di noi, compresa Angela, ha mai conosciuto, perché è morto molti anni prima).

Cʼera anche la zia Diomira, morta quando io avevo 5 anni, bravissima a suonare lʼorgano in chiesa. A differenza di mamma, con la febbre spagnola era rimasta claudicante; non so se per questo o per fede non si è mai sposata.

Ultima nata è zia Angela (zia Nina), sorellastra di papà perché nata dal secondo matrimonio del nonno. Sposata con Giorgio, hanno due figli: Giampaolo, nato in tempo di guerra, e Marialisa, coetanea di mio fratello Antonio.

Mamma ha molte conoscenze nel vicinato, insieme si va magari solo per una visita, quattro chiacchiere e si va a casa più sereni.

 

Antonio, nel nostro cortile in via San Marcello con nonna Elisabetta, chiamata da tutti Isa

La famiglia della mamma ad Arzignano, come già detto precedentemente, è composta da tre fratelli, di cui solo due sono sposati. Zia Mariastella si è sposata per prima in famiglia con Mario, ma pure lei è rimasta vedova molto presto, solo dopo dieci anni di matrimonio. Hanno tre figli: Lino (chiamato da tutti “Matio” chissà perché, voci dicono che sia stata mia mamma da piccola a storpiare il suo nome, poi adottato da tutti), Mariaberta e Lucia, che per me sono sì cugini, ma li vedo già adulti per la grande differenza di età.

Arriva la grande difficoltà del lavoro, molti si spostano e vanno allʼestero. Anche Matio si lascia coinvolgere nei sogni di un nuovo continente, pensare che lui il lavoro lo aveva! Nel 1958 lascia lʼItalia per raggiungere il Sudafrica, dove rimarrà per quasi tutta la vita. Come tutti gli emigranti manda a casa dei soldi, per costruire la casa nuova dove poi andranno ad abitare le sorelle e la mamma.

Da dipendente passa a proprietario. La sua mamma si confida con la sorella Angela, ne sono orgogliose tutte e due.

Nel 1961 ritorna in Italia, non sapendo che sarebbe venuto per il funerale di zio Albino, marito di Angela.

È tornato per preparare le carte del suo matrimonio con Armida, che avverrà un anno dopo in Sudafrica e verrà allietato dalla nascita di due bellissimi bambini, Paola e Mario. Mario è il nome dato al maschio in ricordo del nonno.

Zia Mariastella è andata in Sudafrica la prima volta per la nascita di Mario con lʼentusiasmo di una bambina, senza nessuna paura di prendere lʼaereo. È felice, certo timorosa, ma il sogno di rivedere suo figlio lʼaiuta.

Zia Lucia non si è mai sposata, ha sempre fatto la governante nelle famiglie dove ha prestato servizio, trascorrendovi tutta la vita, a mio giudizio forse non felice, ma sicuramente serena.

Zio Attilio (da tutti chiamato “Scaja” come soprannome di contrà) è sposato con zia Domenica (che noi chiamavamo Meneghina) e hanno tre figli: Anna, Luigi e Renzo.

Solo Renzo, nostro coetaneo, è nostro compagno di giochi e scorribande. Con lui ogni cosa è possibile, ci inventiamo di tutto, lui viene regolarmente castigato ma poco gli importa.

Luigi e Anna hanno molti anni di differenza con noi, quindi li vediamo già grandi, pur volendo loro un mondo di bene.

La prima a sposarsi ad Arzignano è Anna con Lino, bellissima festa.

So che le abbiamo regalato spazzola e pettini da poggiare sul comò, allora era una cosa bella averli.

Lʼanno dopo nasce Riccardo, figlio di Anna e Lino Censi. Altra occasione per mamma di sferruzzare le fatidiche scarpette, di colori tenui: bianco, giallino o verdino, così vanno bene per maschio e femmina. Loro abitano a metà della strada per la collina, ci si ferma per vedere il piccolo e anche per riposare un pò, per poi proseguire verso la casa degli zii.

Renzo è per noi un fratello davvero, lui viene a fare le vacanze estive a casa nostra.

Mamma ci lascia tranquillamente a casa con lui, non sapendo che ci insegna cose che lei non approva di sicuro...

Noi abitiamo in una casa che si affaccia in un grande cortile, dove in estate si proiettano i film allʼaperto, lo storico cinema “Giardino”.

Al mattino la mamma deve fare le pulizie anche in quel cinema, insieme a noi anche Renzo lʼaiuta, raccogliendo le carte da terra. Noi con lui le cicche le mettiamo in tasca, poi con le cartine ci facciamo le sigarette che poi fumiamo di nascosto.

Per fumare le sigarette si va nel cortile adiacente al nostro, lì ci sono i muratori che stanno costruendo la palestra del Liceo Scientifico. Nelle loro casette noi ci nascondiamo, quando si esce è una ciminiera...

In quel modo conosciamo due fratelli, Giancarlo e Mariarosa. Lei è molto più piccola, e anche ammalata, noi impariamo a volerle moltissimo bene.

I loro genitori, Pietro e Bertilla, diventano amici della mia mamma, in special modo Bertilla.

Angela comincia a fare il servizio di distribuzione dei panini, dato che loro sono custodi del Liceo. Bertilla svolge questo compito e ha bisogno di aiuto.

Mamma in quel periodo ha lasciato la pulizia del cinema Kursal ed ha il tempo per darle una mano. Lo fanno insieme tutti i giorni, diventano così giorno dopo giorno buone amiche.

Mamma aiuta Bertilla anche ad accettare la malattia della piccola, perché non è facile. Impastano le pizze che vanno a ruba lì a scuola. Per questo sono tuttora ricordate da moltissimi di quegli alunni diventati dottori o manager, che incontrandole le salutano sempre calorosamente.

Finiscono le vacanze. Renzo ritorna a casa, la scuola ci separa, poi man mano che il tempo passa noi rallentiamo il nostro andare ad Arzignano, per gli impegni di tutti.

Mamma sente i fratelli al telefono pubblico, chiama il bar del paese, così si rimane sempre al corrente di tutte le novità. Altra bella notizia, Anna aspetta un altro figlio. Nasce un altro maschio, che battezzano con il nome di Fabio. Le scarpette di Angela non mancano di sicuro.

Zio Lino, fratello di mio padre, con la matrigna Elisabetta, seconda moglie del nonno, hanno avuto lo sfratto, devono cambiare casa.

Per un poʼ di anni zio Giorgio e la moglie Angela, figlia di Elisabetta, li ospiteranno, perché non riescono a trovare casa, nonostante le varie domande.

Dopo alcuni anni, mamma con grande disponibilità li accoglie nella nostra famiglia.

Nel frattempo cambiamo casa, anche se in realtà ci spostiamo di pochissimo. Così ci troviamo a dormire io, mamma e nonna nella stessa camera, che a differenza delle camere normali... ha una colonna antica, che fa da divisorio tra i letti. Io dormo da sempre nel letto matrimoniale con mamma, lo zio nellʼaltra camera con mio fratello. Ora abitiamo in via Beato Marcello, in una casa solo un poʼ migliore di quella precedente, ma almeno è più grande!

Lo zio e la nonna rimarranno per sempre con noi. La cugina Lucia si sposa con Battista, noi siamo tutti invitati. Mamma mi compra un bellissimo vestito per quel matrimonio. Lucia ricorda che loro hanno avuto come regalo unʼoliera, lei dice bellissima.

La settimana dopo si sposa anche un altro cugino, Luigi, figlio dello zio Attilio, con Ada. Così scopro dei lontani cugini, che neanche mamma conosce, figli di cugini della mamma, che non abbiamo mai visto. Altra bella occasione anche questa per conoscere altri parenti.

Mia cugina Mariaberta non si è mai sposata, anche lei come zia Lucia ha fatto la governante in unʼunica famiglia.

È davvero diventata la sua seconda famiglia, lei ha coinvolto anche la prima nel crescere tutti quei bellissimi ragazzi.

Angela continua con i lavori domestici, adesso con il suo grande lavorare riesce sempre a mettere insieme il pranzo e la cena. Alla sera le vengono affidati anche molti uffici, io vado sempre con lei così finisce prima.

Angela è una donna accogliente, la nostra casa è sempre aperta a tutti gli amici, anche quelli dellʼoratorio. Ci si trova tutti a casa nostra, certo le sedie non bastano e così ci si siede in due per sedia. I nostri amici ricorderanno Angela con immenso piacere, perché in lei trovano molti incoraggiamenti.

Lei è una donna positiva, trova sempre il bello in ogni situazione, o almeno fa di tutto per farlo credere.

Antonio e io andiamo a lavorare presto. Io non ho voglia di studiare, dopo aver fatto la prima media e ripetuta per

due volte. Mamma si rassegna, mi trova un lavoro come sartina. Invece Antonio a quindici anni comincia a lavorare e a frequentare una scuola professionale serale.

Il tempo trascorre con i soliti gravosi impegni per Angela, io lʼaiuto per quello che posso.

Nasce Emanuela, figlia di Lucia e Battista. Non sta molto bene e deve essere portata in ospedale a Vicenza.

Io o la mamma andiamo a vederla tutti i giorni, non si può coccolarla perché è tenuta oltre il vetro, questo fa sì che mamma si affezioni a lei in modo particolare. Le scarpette di Angela, Manuela le indosserà il giorno del ritorno a casa. Nel frattempo comincio il mio lavoro come operaia orafa nella zona stadio.

Mio fratello trova lavoro in carpenteria vicino a dove lavoro io, lui sotto le arcate dello stadio. Sotto le stesse arcate lavora anche lo zio Lino che fa il calzolaio, con piccolissima rivendita di calzature. Due stipendi in più in una casa, dove il denaro è sempre stato poco.

Mamma ci dà una soddisfazione grandissima, come avessimo portato a casa un tesoro davvero grande.

Per un poʼ di anni tutto prosegue abbastanza bene per Angela, la solita vita fatta di lavoro, di passeggiate con me, forse un gelato ci scappa ogni tanto.

Io non ricordo mai di essermi seduta in un bar con la mamma, adesso pensandoci so che ce lo saremmo potute permettere, ma ancora non lo sapevamo fare.

Quante bellissime chiacchierate ci facciamo, come non ci vedessimo da tempo, noi siamo molto più che mamma e figlia.

Ad Arzignano nasce nella casa di Luigi e Ada un bellissimo bambino, Andrea. Che felicità per tutti! Mamma fa subito le scarpette.

Nonna Elisabetta si ammala, mamma è in grande difficoltà nel tenerla a casa. Viene deciso che lei andrà in casa di riposo. Le nostre domeniche cambiano meta, si va a trovare nonna, le nostre chiacchierate continuano.

Questo fino ai miei diciotto anni, poi nonna nel 1969 se ne va nel mondo dei più.

In quellʼanno conosco Antonio, militare a Vicenza e ci fidanziamo.

Mamma, sempre con un cuore grande lo accoglie in casa, nei giorni che viene a trovarmi, dato che lui abita a Torino. Antonio viene ogni tre settimane, la mia vita cambia poco, le domeniche che lui non è qui passeggio con mamma.

Arriva lo sfratto, dobbiamo cambiare casa. Che dolore per tutti, anche se da un lato siamo felici, si spera che la nuova casa sia migliore. Ma è davvero brutto veder buttare una colonna antica nel pozzo che è sotto il nostro bagno, e pensare che si paga per vedere cose così belle!

Ma nessuno oltre noi lo sa, anche nel nostro cortile ci sono lastre di tombe antiche, se ci penso ora quanti salti ci abbiamo fatto sopra! E poi le avranno rotte tutte come la colonna...

Nel 1972 andiamo ad abitare nella nuova casa in via Pedemuro San Biagio, solo un poʼ migliore di quella che avevamo prima. Lì cʼè la tanto sognata “vasca da bagno“, due camere e una grande cucina. La nuova casa ci sembra molto bella, se la penso adesso non lo era di certo, ma allora ci andava bene così.

Senza spiegarmi il motivo, Antonio mi lascia. Un dolore grande, acutizzato dal fatto che ha anche tradito la fiducia della mia famiglia. Più che altro non è venuto neppure a dire le motivazioni del suo gesto, ma mamma lo perdona prima di me, “chi non ci vuole non ci merita”...

Mamma, come sempre, non può restare senza il suo Giornale Di Vicenza. Lo legge da una vita! Qui siamo nella nuova casa in via Pedemuro San Biagio.

 

A giorni posteremo l’ultima parte e il libro di Roberta sarà completo.

Buona lettura e un saluto per tutte/i.

 

Gracias a la vida - Richard Clayderman

 

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