DEDICA ALLA MAMMA di Roberta degli Angeli
Scritto da Giuseppe il 13 Ottobre 2018 | 20 commenti- commenta anche tu!
L'Amica Roberta degli Angeli ha inviato il libro che ha scritto come dedica alla propria mamma e che è stato inserito nell'Archivio della Scrittura Popolare di Trento.
Il libro è corredato da una raccolta di foto d'epoca che possono essere considerate rappresentative di un'Italia che non c'è più.
Oggi il Bosco ne pubblica una prima parte con l'impegno che, se di gradimento dei lettori, di pubblicare il seguito con altre puntate. Buona lettura.
PREMESSA
Dopo una vita dedicata al lavoro, si dedica al volontariato con molta generosità, ha sempre un sorriso per tutti.
Ama stare in mezzo alla gente, è sempre disponibile e gentile. Segue corsi vari per arricchimento personale.
Ama leggere e viaggiare, scrivere pensieri e poesie, musicate dal suo cuore per non sentirsi sola. Ora si è dedicata a questo libro per passare a voi una piccola parte della sua storia.
Roberta
PREFAZIONE
Cara Roberta,
tutti nella vita abbiamo scritto qualcosa, un pensiero, un racconto delle nostre sensazioni scaturite da momenti di gioia, di preoccupazione, di dolore, che poi abbiamo gelosamente nascosto nel fondo di un cassetto. Tutti i grandi poeti, pittori, musicisti o grandi artisti in genere, hanno incominciato con semplici appunti, quasi scarabocchi, che poi hanno regalato grandi poemi, liriche o opere immortali.
Lʼautobiografia in età adulta è indispensabile per collegarsi alle proprie radici. Tutti quanti prima o poi abbiamo pensato di scrivere una propria biografia. Sono invece pochi quelli che lʼhanno fatto.
Scrivere la propria biografia vuol dire riesaminare il proprio passato nei particolari più reconditi, scavare nelle origini della propria vita e in quella dei propri cari, mettere in ordine tutti i momenti sia belli che meno belli; raccogliere e raccontare i fatti, se si riesce, in maniera critica e con tutte le sfumature possibili.
Scrivere la biografia è riconoscersi, guardare tramite le esperienze, raccontare i fatti del passato che si sono verificati in noi, nella nostra famiglia, intorno a noi, collegandoli anche alla società intorno a noi.
Hai fatto un lavoro bellissimo, pieno di ricordi, raccontando della tua infanzia, della tua famiglia, descrivendo momenti bellissimi cari a te. Lʼesperienza dellʼuomo e della vita in genere, è importante quando si riconosce e le si dà un giusto valore.
Nel raccontare hai descritto anche momenti della vita sociale intorno ai fatti che, mancando queste descrizioni e biografie, si perderebbero sicuramente. È necessario sapere anche da dove veniamo, come eravamo. A volte è difficile descrivere i fatti con verità, perché cʼè sempre il timore di urtare la suscettibilità di chi ci sta intorno, di chi amiamo, o abbiamo amato.
Il tuo è stato un bellissimo viaggio, che ti ha portato indietro nel tempo, felice sicuramente di aver scaricato tanti pensieri, descritto fatti a te cari, ricordato momenti che avevi dimenticato e che sembravano privi di valore.
È stato di sicuro un poʼ faticoso, ma ne è valsa le pena.
Evaristo Principe
Dedico questo libro a mia madre con tanto amore. Siamo insieme come un tempo, che è meno silenzioso scrivendo di lei.
Ringrazio Alice per la sua amicizia e per tutto il lavoro che ha fatto per me.
Siber per avermi dato lʼentusiasmo e il coraggio di cominciare a scrivere e la forza di credere che ci sarei riuscita.
Speranza per lʼaiuto nella correzione.
I miei cugini per avermi dato il permesso di parlar di loro e così di poter coronare il mio sogno.
Roberta
IL MIO CAPORAL MAGGIORE
Così io e mio fratello chiamavamo la mamma.
Lei donna forte, coraggiosa mi ha insegnato a sorridere alla vita accompagnandomi con mano salda nella bella avventura... la vita.
Quella stessa mano, ora tremante si affida alla mia. Le nostre mani hanno cambiato posizione ora è la mia che accompagna la sua verso la sera di questo lungo giorno. Il traguardo si spera lontano... siamo semplicemente in cammino ancora insieme, solo le parti cambiate, ora lei tenera, indifesa testolina argentea, occhi vivi ancora sorridenti alla vita
Il Papà di Angela, Luigi Serafini, in posa per una foto ricordo della sua partenza per lʼArgentina
La mamma di Angela, Mariarosa, in posa per la foto da spedire al marito Luigi, partito per lʼArgentina. Voleva presentargli lʼultima nata, Lucia, e mostrare quanto erano cresciuti gli altri due figli: Attilio e Mariastella.
LA SUA FAMIGLIA
Angela Serafini nasce il 28 dicembre 1921, in una famiglia solo allʼapparenza felice. Né povera né ricca, già allietata dalla presenza di tre figli: un maschietto di nome Attilio e due femminucce, Mariastella e Lucia.
Arriva Angela, ad aggiungersi alle difficoltà di mamma Mariarosa Zanconato, che si sente trascurata, ma forse una ragione cʼè! Il marito Luigi Serafini è stato sette anni in Argentina a cercar fortuna. Appena tornato lei deve affrontare unʼaltra gravidanza, adesso la sua salute non è più delle migliori.
È stata in grande difficoltà, crescere tre figli da sola per tutti questi anni.
A quel tempo le persone partivano e di loro si sapeva qualcosa solo se e quando ritornavano; cosa che lui aveva fatto, portando anche un piccolo tesoro, fatto di sudore e solitudine per risparmiare più che poteva.
Mariarosa è una bravissima donna, con molte capacità, conosce il cucito, confeziona bellissimi vestiti per le sue bambine.
Nello stesso tempo è una bravissima contadina, sa anche molto di cucina, è quel che si suol dire una donna eclettica. Presta la sua opera dai vicini, ma non viene pagata se non con il vino; di questi tempi sono tutti poveri, lei deve darsi da fare per pagare lʼaffitto di quella povera casa.
Il vino che porta a casa non lo può vendere, ne hanno tutti.
Allora nella solitudine prende a berne un pò, per non pensare alle sue malinconie, molte sono le ore serali dopo aver messo a letto i piccoli.
Al ritorno Luigi, con i soldi che ha guadagnato nella sua lunga assenza, insieme a Mariarosa acquistano la casa sulla collina, “in boscà” di San Bortolo di Arzignano.
Lʼunica nata in quella casa è proprio Angela.
Luigi, al suo ritorno, certo non ha preso bene il brutto vizio di Mariarosa e più di una volta, ricordano i figli, lui lʼha picchiata, convinto di farla recedere da questa abitudine.
Mariarosa sempre di più ha preso il vizio di farsi un goccetto, poi un altro e un altro fino a morire di broncopolmonite, per essersi addormentata al freddo, pochi mesi dopo lʼultima nascita.
Cominciano così le prime disavventure per Angela.
IN COLLEGIO
Dopo pochi mesi, per la grande difficoltà di crescere senza la mamma, viene messa in collegio, dove almeno nei primi tempi viene accudita con un poʼ di amore.
Il padre, sconvolto della prematura morte della moglie, si lascia andare, si trascura; certo segue con amore i tre figli rimasti a casa con lui, si fa anche aiutare dalle donne della contrà, che continueranno a seguire i ragazzi anche nel tempo a venire. Qualche domenica va a trovare Angela; questo lei lo sa dalle parole riportate dai fratelli, non lo ricorda di sicuro. Peccato, sarebbe stato bello avere almeno un ricordo di quel padre amorevole.
Foto di un ricovero di Angela, si presume per un intervento alla gamba.
A tre anni Angela è colpita dalla febbre spagnola e viene operata da un medico davvero bravo: in questo caso una piccola fortuna.
Per lui è un orgoglio ogni volta che la visita, a differenza di molti altri Angela non zoppica, allʼepoca è considerato un miracolo riuscire a camminare come prima!
Se una gioia è arrivata, un altro grande dolore però lʼaspetta: proprio in quellʼospedale il suo papà sta morendo, il dispiacere per la perdita della moglie lo ha fiaccato nel fisico e nel morale.
Ora è davvero sola Angela, senza i genitori. Certo ci sono i fratelli, ma sono piccoli: Attilio, il maggiore, ha solo tredici anni, Mariastella dodici, Lucia dieci.
Attilio ha saputo per caso della morte del padre. Quel giorno scendeva dalla collina per andarlo a trovare in ospedale, giunto in piazza sente dire dalle persone che parlano tra loro “Hai sentito? Serafini Luigi è morto”. Che dolore, piccolo ragazzo! I figli non erano stati avvisati.
Per il funerale altro disguido, i ragazzi non possono assistere alla triste cerimonia. Aspettano nella chiesa di San Bortolo, ma il funerale si svolge nella chiesa principale del paese di Arzignano, i dottori hanno deciso così.
Si decide che i ragazzi vengano affidati a un tutore fino alla maggiore età.
Il tutore, fratello del padre, certo non si distingue per correttezza verso quei poveri ragazzi. A sua giustificazione, la grande lontananza della sua casa da quella dei ragazzi. Distanza piccola ora, ma per quei tempi quasi unʼavventura.
A quel che sembra, però, lo zio gestisce in maniera allegra i pochi averi, si può solo dire che cʼè stato, non sempre con amore. Non amandoli come certamente hanno bisogno, comprende con difficoltà le loro esigenze; ortunatamente non vende la casa, lascia almeno lʼorto e un campo, dei dieci lasciati loro, comprati con grande risparmio dai loro genitori.
Lui gestisce solo i tre ragazzi che vivono a casa, non va mai a trovare Angela in collegio. Fortunatamente il fratello Attilio per andare al lavoro passa in collegio, si ferma per un saluto; gli è stato dato il lavoro del padre.
Angela intanto cresce; finita la quinta elementare, se accompagnata può tornare a casa una domenica al mese, ma non certo in inverno. La sua casa, come detto, è in collina, lontana dal collegio unʼora di buon cammino.
Uno dei fratelli deve scendere a prenderla per poi riaccompagnarla.
Mariastella e Attilio ogni tanto vanno anche al cinema Mattarello, in piazza del paese di Arzignano. Prima di rientrare, si fermano dalla sorella e le raccontano la trama del film, così anche per lei è come lo avesse visto.
Raccontano anche le piccole cose di casa, così Angela si sente partecipe della loro vita. Alla sera a letto racconta il film alle sue amiche del collegio, almeno hanno qualcosa di bello di cui parlare, per un poʼ colorano di sogni quel vivere sempre uguale.
Ora fa solo i lavori di cucina per il collegio, e in quei momenti lei e le amiche fanno anche piccoli scherzi di ritorsione verso le suore.
Uno ad esempio vicino a Natale. È arrivato un piccolo mastello di mostarda “solo per le suore”. Con destrezza l'hanno aperto e hanno mangiato tutti i frutti, lasciando solo la marmellata di mostarda.
Poi, come se la cosa non le toccasse, quando le suore aprono il mastello cominciano a lamentarsi del fatto che non cʼè nessun frutto... “Possiamo mandarla di ritorno e lamentarci con la ditta produttrice” dice Angela. Dentro se la ride con piacere. Se le suore capiscono che qualcosa non è come doveva essere, per prevenire altri atti da parte delle ragazze le puniscono in gruppo. Come punizione di solito le mettono inginocchiate in chiesa, scelgono questo luogo perché così devono restare in perfetto silenzio. A seconda del guaio compiuto, mettono i sassi sotto le ginocchia. Le ragazze, appena le suore vanno via, li tolgono, ma ogni tanto li rimettono per far sì che resti il segno, altrimenti poi sono più severe le punizioni.
Mangiano così poco che non riescono a dormire per i morsi della fame, sono magrissime tutte.
Compiuti i tredici anni, le trovano lavoro in filanda. Essendo orfana, mia mamma deve provvedere al suo mantenimento.
Angela a 13 anni con la divisa del collegio
Questo è un supplemento di lavoro, da un lato un grande peso, ma anche un soffio di libertà. Le molte ragazze che lavorano con lei portano le novità del mondo, e la moda.
Lei non sa cosʼè la moda, dato che deve portare la divisa “nera”, e poi... le acconciature! Come fanno le altre ragazze ad arricciare i capelli? Con le pagine dei giornali, bagnate e girate intorno alle ciocche; poi al mattino i capelli sono almeno un poʼ mossi. Ecco, hanno imparato anche loro.
Comunque anche agghindarsi è proibito, devono portare i capelli a treccia girati intorno al capo. Qualche volta ha occasione anche di incontrare le sorelle, che scendono per andare al mercato del paese.
Comprare, scambiando le cose dellʼorto per quello che la merce vale, è sempre un modo per avere cose diverse a casa. Il lavoro della filanda non le risparmia il lavoro del collegio. Alla sera o nei momenti liberi, deve lavare anche le lenzuola al fiume; fortuna vuole che non si debbano stirare e che si cambino ogni tre mesi, ma che lavoraccio povere ragazze!
Angela ricorda che, mentre le lenzuola avevano un tempo così lungo tra un cambio e un altro, gli altri indumenti dovevano essere lavati spesso, perché i cassetti erano praticamente vuoti. Contenevano due di tutto: due maglie, due canottiere...
Si usa dire “una addosso e una in fosso”, per cui si deve lavare ogni settimana con qualsiasi tempo. Anche con la neve si risciacquano lo stesso al fiume, che freddo solo a pensarlo ... avere i geloni alle mani e ai piedi è una consuetudine, non certo piacevole, ma cosa di tutti.
Angela allʼetà di 15 anni, in una foto che la ritrae fuori della cucina del collegio: si sta riparando una ciabatta che si è scucita.
Sta imparando a diventare cuoca. Considerando che lì sono tutte donne, anche avere il ciclo mestruale è una malora in inverno, per il fatto che i pannolini si devono lavare, dato che sono tutti di stoffa.
Gli anni passano. Ogni domenica riceve la visita di sua sorella Lucia, che ha cominciato a lavorare a sedici anni come governante a tempo pieno in una famiglia poco lontana da lì. Con lei Angela riesce a uscire e fare quattro passi, magari per prendere un gelato o una cioccolata calda, secondo il periodo.
Non sono le cose comprate che riscaldano, ma la vicinanza, e le tante piccole cose che hanno da raccontarsi una bambina e una ragazzina.
Anche i fratelli crescono. Mariastella, con il permesso del tutore, a diciotto anni si sposa per uscire da quella casa e vivere la sua vita con quel ragazzo di nome Mario che la corteggia da tempo, abitando vicino a lei, nello stesso cortile. La mamma di Mario è una delle signore che si sono prese cura di loro quando è morta la mamma.
Adesso è davvero solo cuoca e lo sarà fino allʼuscita dal collegio.
Gli anni passano, Angela comincia a fare i lavori di cucina, diventando una brava cuoca. Non va più alla filanda per un male agli occhi, che si pensa sia anche dovuto allʼimmenso calore delle vasche.
Le suore sanno che è brava, sa tirare la sfoglia con bravura e velocità, insieme a poche altre prepara il pranzo e la cena sia per le suore che per le ragazze.
Certo per le suore sempre le parti più pregiate, sia di carne che di verdure. Ad esempio nel periodo dei carciofi le ragazze mangiano le punte delle foglie, le suore i fondi. Quel collegio è diventato da tempo la sua famiglia.
Roberta
Per te Mamma




