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LA BEFANA

     

LA BEFANA

 

Si dice che la Befana sia una vecchia Signora ed ha una storia antica. Pare che sia legata a dei riti propiziatori risalenti addirittura al X sec. a.C., legati all’agricoltura ed alla rinascita della vegetazione per favorire il buon raccolto.

Il nome “Befana” deriva dal greco “Epifania” che significa “apparizione” o “manifestazione”.

La manifestazione della Befana ha vissuto controverse peripezie nel periodo Romano e Cristiano ma se è arrivata fino ai giorni nostri vuol dire che la Befana resiste ai tempi ed è sempre giovane.

   

Una leggenda narra che in una freddissima notte d’inverno i Re Magi, nel lungo viaggio per arrivare a Betlemme da Gesù Bambino, non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad una vecchietta che indicò loro il cammino. I Re Magi, allora, invitarono la donna ad unirsi a loro, ma, nonostante le insistenze la vecchina rifiutò. Una volta che i Re Magi se ne furono andati, essa si pentì di non averli seguiti e allora preparò un sacco pieno di dolci e si mise a cercarli, ma senza successo. La vecchietta, quindi, iniziò a bussare ad ogni porta, regalando ad ogni bambino che incontrava dei dolcetti, nella speranza che uno di loro fosse proprio Gesù Bambino.

Sulla Befana esistono molte filastrocche, la più nota è forse questa:

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

col vestito alla romana

viva, viva la Befana!»

   

Ma esistono altre varianti,

eccone alcune:

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

porta vento e tramontana

viva, viva la Befana!»

 

«La Befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte

attraversa tutti i tetti

porta bambole e confetti»

 

Oggi però vi invito a leggere la poesia di Giovanni Pascoli che nella sua composizione per la festività della Befana fa emergere, nel contesto della famiglia, l’amore di mamma per i suoi bambini.

Buona Epifania per tutti.

 

 

La Befana

 

di Giovanni Pascoli

 

Viene, viene la Befana

vien dai monti a notte fonda.

Come è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene, viene la Befana.

   

Ha le mani al petto in croce,

e la neve è il suo mantello

ed il gelo il suo pannello

ed il vento la sua voce.

Ha le mani al petto in croce.

 

E s’accosta piano piano

alla villa, al casolare,

a guardare, ad ascoltare

or più presso, or più lontano.

Piano, piano, piano, piano.

 

Chi c’è dentro questa villa?

Uno stropiccìo leggero.

Tutto è cheto, tutto è nero.

Un lumino passa e brilla.

Chi c’è dentro questa villa?

 

Guarda e guarda… Tre lettini

con tre bimbi a nanna, buoni.

guarda e guarda… Ai capitoni

c’è tre calze lunghe e fini.

Oh! Tre calze e tre lettini…

 

Il lumino brilla e scende,

e ne scricchiolano le scale;

il lumino brilla e sale,

e ne palpitano le tende.

Chi mai sale? Chi mai scende?

 

Co’ suoi doni mamma è scesa,

sale con il suo sorriso.

Il lumino le arde in viso

come lampada di chiesa.

Co’ suoi doni mamma è scesa.

 

La Befana alla finestra

sente e vede, e s’allontana.

Passa con la tramontana,

passa per la via maestra:

trema ogni uscio, ogni finestra.

 

E che c’è nel casolare?

Un sospiro lungo e fioco.

Qualche lucciola di fuoco

brilla ancor nel focolare.

Ma che c’è nel casolare?

 

Guarda e guarda… Tre strapunti

con tre bimbi a nanna, buoni.

Tra la cenere e i carboni

c’è tre zoccoli consunti.

Oh! tre scarpe e tre strapunti…

 

E la mamma veglia e fila

sospirando e singhiozzando,

e rimira a quando a quando

oh! quei tre zoccoli in fila…

Veglia e piange, piange e fila.

 

La Befana vede e sente;

fugge al monte, ch’è l’aurora.

Quella mamma piange ancora

su quei bimbi senza niente.

La Befana vede e sente.

 

La Befana va sul monte.

Ciò che vede e ciò che vide:

c’è chi piange e c’è chi ride;

essa ha nuvoli alla fronte,

mentre sta sul bianco monte.

 

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