PERDERSI IN MONTAGNA di Gabriella.bz
Scritto da Giuseppe il 3 Agosto 2019 | 15 commenti- commenta anche tu!
PERDERSI IN MONTAGNA
Dopo la morte del papà ero solita andare da sola in montagna, conoscevo bene i tratti che facevo in sua compagnia, mi fermavo alla malga per chiacchierare un pò, poi cominciava la forte salita ma andavo gioiosa verso le montagne, vedevo i fiori ma ne raccoglievo solo al ritorno e pochi, solo per far vedere alla mamma che anche se andavo spesso in montagna la pensavo. Credo che le mie gambe anche se avessi chiuso gli occhi sarebbero arrivate da sole al rifugio tanto erano abituate a fare quel giro.
Al rifugio del C.A.I. avrei trovato il pranzo come sempre, se non c’era un pranzo completo, il classico pannino andava bene con un’aranciata e posso dire che ho cominciato a bere i miei primi caffè lassù. Quel giorno mi ero detta: perché mai non provo il sentiero che usano gli scalatori? Certo vado solo per esplorare quel tratto che non conosco, dentro di me sentivo che una voce mi diceva, stai attenta.
A sedici anni non si ascoltano le vocine dentro che ti invitano a evitare di fare di testa tua. Ero troppo attratta dal pensiero che avrei cercato un sentiero nuovo per me, non avrei potuto arrampicarmi sulle rocce non ero attrezzata avevo solo scarponcini da montagna e la corda per ogni evenienza. 
Ero partita da casa con un tempo magnifico, non minacciava burrasca ma ora sentivo fischiare il vento, camminavo spedita ma non trovavo la parete che doveva essere poco lontana forse dietro la curva, no, non c’era nemmeno lì, era un’incognita non volevo ritornare indietro per paura di perdermi.
Mi sedetti con la speranza di concentrarmi e capire dove avevo sbagliato o forse la parete era ancora più lontana, per una volta credo che avrei voluto compagnia, ma il fidanzatino era militare in quei mesi, poi sola mi son sempre trovata bene. Il vento non fischiava più, ma frusciava tra i rami mi alzai e cercai di capire dove mi trovavo pensando a quante volte il papà mi diceva di non andare mai in sentieri sconosciuti, la montagna è molto bella ma alle volte è più pericolosa di quanto non lo si possa immaginare.
Alzando il capo vedo un cespuglio di stelle alpine, un presentimento strano, come mai tante stelle alpine senza che nessuno ne avesse raccolte almeno qualcuna? (a quei tempi si potevano raccogliere). 
Un secondo pensiero avevo in testa, da queste parti c’era un piccolo dirupo non lo avevo mai visto da presso, solo dall’alto dove arrivavo andando per la mia solita via, avevo un pò di timore, stavo camminando senza una meta precisa. Il vento s’è calmato mi accarezza leggermente i capelli ma io avevo in testa solo una domanda, dove sono? Ad un tratto sento un fruscio che può essere?
Un animale penso, ma non vedo niente poi un urlo che dice: tieniti fisso, la corda è rotta, vado da dove mi è giunto l’urlo, solo poco più avanti non avevo visto che gli alberi si erano sfoltiti e senza rendermene conto ero arrivata alla parete e lì un ragazzo gridava ad un altro di tenersi fisso, la corda era rotta lui se ne era accorto e aveva avuto la prontezza di tenersi alle rocce, la stessa cosa avrebbe dovuto fare l’altro. Era troppo insicuro il secondo ragazzo, saluto e avviso che nello zaino ho una corda per i casi di emergenza, non è lunga ma in questo caso può servire. Paolo il ragazzo a terra mi chiede se sono sicura di salire, le chiedo di tenermi che non cada nei primi passi, arrivo alla corda rotta (dentro di me ringrazio mio padre che mi aveva insegnato a fare per bene i nodi), non era tanto in alto il ragazzo e posso dire che con un pò di buona volontà avrebbe potuto scendere senza la corda. Per salire è ancora più facile, faccio un nodo e posso scendere con la mia stessa corda attaccata alla vecchia. Sapevo da qualche anno come si doveva fare. Per aiutare il ragazzo mi sono arrampicata come uno scoiattolo, fatto il nodo mi son tenuta come sapevo fare e son scesa tranquilla aiutando Mario. Abbiamo poi parlato del perché la corda potesse essere rotta, in quei tempi lasciavano la corda sempre fissata, nessuno avrebbe mai pensato di tagliarla ed infatti non era un taglio netto, ma era da rinnovare l’indomani sarei andata al C.A.I. per fare la denuncia e avvisare che l’ultimo pezzo di corda era mio. Avevo aiutato Mario a scendere ed avevo trovato la parete.
Non sapevo frenare la felicità ci sedemmo su un plaid per raccontarci le nostre avventure. Erano giovani studenti torinesi in vacanza nel mio paese, per merito di quell’urlo io ho trovato oltre alla parete, anche nuovi amici. Per stringere l’amicizia ho invitato i ragazzi al rifugio che ancora non conoscevano, la strada è stata una vera passeggiata anche se eravamo in continua salita. Conservo ancora le foto che mi hanno fatto e spedito dalla loro Torino mentre mangiavamo i panini causa il nostro ritardo per un vero pranzo.








