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INVERNO di Virgola

   

INVERNO

 

Gli alberi avevano perso tutte la foglie, erano scheletri immersi nella nebbia. Faceva freddo, l'umidità penetrava nelle ossa, dovevi sperare che il manto si alzasse presto, camminavi e ti bagnavi come se piovesse. Sul mezzogiorno la nebbia si alzava e lascia il posto al cielo grigio e a un pallido sole, nel giro di poche ore sarebbe scomparsa la luce e la notte avrebbe portato la galaverna.

 

L'indomani mattina il paesaggio era bianco, come innevato. I parenti che, arrivati per assistere alla cerimonia, manifestavano il loro stupore, non erano abituati a questo spettacolo. Io non badavo a tutto ciò, il giorno dopo sarei partita per il futuro. L'eccitazione era grande... sognavo il trasferimento nella nuova città che conoscevo poco, la vita a due, cosi nuova ed esaltante, lontana dalla quotidianità della vita da ragazza. Cerimonia nella chiesa fredda e poi via al ristorante, con i parenti che soffiavano sulle mani per scaldarsi. L'inverno in pianura padana era terribile. Una festa semplice, ricca di specialità che scaldavano il cuore e lo stomaco.

Terminato il pranzo, svelti a cambiarci per partire. Ecco allora comparire i primi fiocchi ci neve, che avrei poi sempre collegato alla felicità. Fin da bambina aspiravo a raggiungere le Alpi innevate dove tutto sarebbe stato una fiaba, e così fu. Una fitta nevicata ci accompagnò fino alla Marmolada, gli ultimi tornanti furono difficoltosi, scendemmo entrambi per mettere le catene all'auto e grande fu la sorpresa di trovare l'albergo chiuso per eccesso di neve e gelo... Allora succedeva così, non c'erano i mezzi che permettevano di affrontare le abbondantissime nevicate, i gestori preferivano chiudere gli alberghi. Decidemmo di raggiungere il paese più vicino, dove abitavano dei parenti, i quali furono felici di ospitarci.

Le passeggiate sulla neve fresca, nel silenzio del paese poco frequentato durante l'inverno, lui mi accompagnava a visitare le case che avevano dipinte sui muri scene di vita contadina o di santi, i fienili all'interno dei quali erano ricoverate le mucche, le donne anziane vestite di nero con il fazzoletto in testa che manifestavano la curiosità di sapere chi era la nuova arrivata.

I boschi grondavano di neve fresca, che si rinnovava frequentemente, profumi e sapori nuovi.

Quella per me era la felicità.       

    

La chiamavano la valle con i Santi alle finestre, non sapevo che, di lì a molti anni, in quella valle avrei abitato, assaporando il trascorrere delle stagioni, avrei goduto dei colori e dei suoni che laceravano il silenzio.

   
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