IL CARNEVALE DI VENEZIA di Enrica Bosello
Scritto da Giuseppe il 22 Febbraio 2020 | 8 commenti- commenta anche tu!
Con il Martedì Grasso del 25 Febbraio chiude quest’anno il Carnevale 2020. Ogni regione italiana ha le sue Maschere e le sue tradizioni, tutte validissime ma oggi vogliamo ricordare:
Raccontato da Enrica Bosello
Nel mese di febbraio di qualche anno fa, ho assistito al Carnevale di Venezia, lo ricordo come fosse oggi.
Nelle calli strette e piene di turisti, passavano queste dame e gentiluomini vestiti con abiti bellissimi.
Alcune dame addirittura, camminavano lateralmente perché la circonferenza dell'abito, era talmente ampia che avrebbe fatto strisciare pizzi e merletti contro i muri.
Ero già stata in questa città, sono tornata a casa con un velo di malinconia, mi aveva intristito. Vedere Venezia, oggi, piena di colori, ricca di abiti meravigliosi, maschere di ogni tipo, dà alla città una carica di vitalità che non avevo notato nelle mie altre visite.
Tantissimi i turisti, piazza San Marco era super affollata, anche le calle intorno al centro, ma appena un poco fuori si sentiva la musica suonata nelle piccole piazze tra un ponticello e l'altro suonatori in abiti d'epoca, che suonavano viole, violoncelli e violini, ed era meraviglioso passeggiare tra le calli. Il carnevale ha origini antiche, concedeva la possibilità alla popolazione, soprattutto ai ceti più poveri, un periodo dedicato ai divertimenti, i festeggiamenti comprendevano musiche e balli sfrenati.
Le maschere, e gli abiti, consentivano di non essere riconosciuti, ognuno poteva comportarsi spensieratamente, liberandosi dal ceto di appartenenza, uno stato di libertà da tutti i pregiudizi che il ceto sociale e la religione imponevano
Tutti facevano parte del palcoscenico mascherato, in cui attori e spettatori si confondevano. Diventò nel tempo anche un commercio, sviluppando la produzioni di maschere, di argilla, cartapesta, gesso e carta. Nacquero scuole tecniche, per la realizzazione di modelli per i costumi, che si arricchivano sempre più di perline, piumaggi, disegni, ricami, tanto da essere riconosciuti come mestieri con uno statuto conservato nell'archivio di Stato di Venezia.
C'erano travestimenti che venivano usati sia dal popolo femminile che maschile: (dal Web) “Uno dei travestimenti più comuni nel Carnevale antico, soprattutto a partire dal XVIII secolo, rimasto in voga ed indossato anche nel Carnevale moderno, è sicuramente la Bauta (da pronunciarsi con l'accento sulla u). Questa figura, prettamente veneziana ed indossata sia dagli uomini che dalle donne, è costituita da una particolare maschera bianca denominata larva sotto un tricorno nero e completata da un avvolgente mantello scuro chiamato tabarro.
La bauta era utilizzata diffusamente durante il periodo del Carnevale, ma anche a teatro, in altre feste, negli incontri galanti ed ogni qualvolta si desiderasse la libertà di corteggiare od essere corteggiati, garantendosi reciprocamente il totale anonimato. A questo scopo la particolare forma della maschera sul volto assicurava la possibilità di bere e mangiare senza doverla togliere.
Un altro costume tipico di quei tempi era la Gnaga, semplice travestimento da donna per gli uomini, facile da realizzare e d'uso piuttosto comune. Era costituito da indumenti femminili di uso comune e da una maschera con le sembianze da gatta, accompagnati da una cesta al braccio che solitamente conteneva un gattino. Il personaggio si atteggiava da donnina popolana, emettendo suoni striduli e miagolii beffardi. Interpretava talvolta le vesti di balia, accompagnata da altri uomini a loro volta vestiti da bambini.
Molte donne invece, indossavano un travestimento chiamato Moretta, costituito da una piccola maschera di velluto scuro, indossata con un delicato cappellino e con degli indumenti e delle velature raffinate. La Moretta un travestimento muto, poiché la maschera doveva reggersi sul volto tenendo in bocca un bottone interno (e per questo motivo chiamata anche servetta muta).
Durante il Carnevale le attività e gli affari dei veneziani passavano in secondo piano, ed essi concedevano molto del loro tempo a festeggiamenti, burle, divertimenti e spettacoli che venivano allestiti in tutta la città, soprattutto in Piazza San Marco, lungo la Riva degli Schiavoni e in tutti i maggiori campi di Venezia.
Vi erano attrazioni di ogni genere: giocolieri, acrobati, musicisti, danzatori, spettacoli con animali e varie altre esibizioni, che intrattenevano un variopinto pubblico di ogni età e classe sociale, con i costumi più fantasiosi e disparati. I venditori ambulanti vendevano ogni genere di mercanzia, dalla frutta di stagione ai ricchi tessuti, dalle spezie ai cibi provenienti da paesi lontani, specialmente dall'oriente, con il quale Venezia aveva già intessuto stretti e preziosi legami commerciali sin dai tempi del famoso viaggio di Marco Polo lungo la via ella seta.
Oltre alle grandi manifestazioni nei luoghi aperti, si diffusero ben presto piccole rappresentazioni e spettacoli di ogni genere (anche molto trasgressivi) presso le case private, nei teatri e nei caffè della città. Nelle dimore dei sontuosi palazzi veneziani si iniziarono ad ospitare grandiose e lunghissime feste con sfarzosi balli in maschera.
È comunque nel XVIII secolo che il Carnevale di Venezia raggiunge il suo massimo splendore e riconoscimento internazionale, diventando celeberrimo e prestigioso in tutta l'Europa del tempo, costituendo un'attrazione turistica ed una mèta ambita da migliaia di visitatori festanti.
Il Carnevale diede la possibilità, a tutti, di celare completamente la propria identità sotto un costume e ciò portò inevitabilmente a qualche eccesso. Sfruttando i travestimenti, qualche malintenzionato ne approfittò per escogitare e compiere una serie di malefatte, più o meno gravi.
Alcune maschere venivano usate anche da medici che entravano nei lebbrosari per curare anche questi malati, per non perdere la clientela facoltosa si coprivano il viso, con maschere che avevano un grandissimo naso aquilino, nella cavità del naso venivano inseriti odori, erbe officinali aromatiche, affinché non giungesse al medico l'odore di putrefazione della cancrena.









