L’UOMO SELVATICO di Virgola

 

L'UOMO SELVATICO

   

Da piccoli, quando volevamo sfuggire al controllo dei genitori e avventurarci a giocare da soli nel bosco, una della poche cose che ci fermava era il timore di incontrare

L'UOMO SELVATICO.

A loro detta era un uomo spaventoso, cattivo con i bambini, che avrebbe fatto loro del male e li avrebbe rapiti. Cresciuti con questo timore, abbiamo verificato che questo racconto era più che altro un tentativo di proteggerci e di controllare le nostre curiosità. In effetti questa figura è stata presente nella cultura popolare in molti paesi europei, in particolare nelle regioni alpine. Era un essere umano selvaggio che abitava nei boschi e generalmente raffigurato come un essere coperto di peli o di vegetazione.

Quello di quest'uomo, che viveva fuori dalle civiltà, è un esemplare di cui si trova traccia anche in Svizzera, in Austria, in Polonia e nei Pirenei della Catalogna. In altre culture mondiali come in Russia, Cina e Oceania, l'uomo selvatico è rappresentato più che altro come primate non ancora evoluto e non come uomo regredito allo stato selvatico. In molte culture sono rappresentati uomini legati all'ambiente agreste rossi e coperti di pelo, irascibili, grezzi e avventurosi.

Una ricostruzione dell'uomo selvatico al Museo degli usi e costumi della gente trentina.

Almeno per quel che riguarda la cultura occidentale il personaggio dell'uomo selvatico, si sviluppa principalmente durante il Medioevo.

Nelle prime attestazioni medievali, in linea con le figure classiche dei Fauni esso ha il ruolo di guardiano e di protettore, in sostanza coincidendo con la figura del buon selvaggio. Più avanti, a causa del mutamento del contesto culturale e sociale, della diversa interpretazione dei vari autori e artisti che l'hanno ripreso, e della trasmissione orale di molti racconti che lo riguardano, l'uomo selvatico ha assunto altre caratteristiche.

È sostanzialmente un comune mortale che vive al di fuori del consesso umano preferendo i luoghi isolati, la montagna, il bosco. A contatto con la natura ha esaltato al massimo le sue caratteristiche fisiche che gli assicurano la vita: forza, robustezza, fiuto eccezionale per inseguire la preda. È timido, rifugge dal prossimo isolandosi al punto tale da attenuare le sue capacità psichiche fino alla stupidità. Non si lava né si pulisce. Non si rade né si taglia i capelli cosicché questi si fondono raggiungendo le ginocchia. Per questo diventa una figura terrificante esaltata dalla pelle di caprone con cui si ammanta. Un atto gentile lo intenerisce.

Emerso dal bosco, sarebbe stato lui ad insegnare agli uomini l'arte casearia (o, in altre versioni, l'apicoltura o le tecniche minerarie; tuttavia, deriso, snobbato, ingannato o spaventato, sarebbe ritornato nella selva, privando l'uomo della possibilità di conoscere altri segreti (ad esempio, quello per trasformare il latte in olio o in cera). Secondo alcune versioni, ride quando piove e piange quando c'è bel tempo, atteggiamento che viene spiegato ritenendo che le condizioni atmosferiche del presente sono all'opposto di quelle che seguiranno

 

♦ Nomi

  • Figure ispirate o assimilabili all'uomo selvatico sono presenti in numerose opere. In ambito anglofono, un esempio è il Calibano de "La Tempesta" di Shakespeare; compare anche tra le pagine dell'Orlando Innamorato, poema cavalleresco di Matteo Maria Biardo.

  • Nella VII ottava del canto XXII (libro primo) così lo descrive il poeta:

·       «Questo era grande e quasi era gigante,

·       Con lunga barba e gran capigliatura,

·       Tutto peloso dal capo alle piante:

·       Non fu mai visto più sozza figura.

·       Per scudo una gran scorza avia davante,

·       E una mazza ponderosa e dura;

·       Non aveva voce de omo né intelletto:

·       Salvatico era tutto il maladetto.»

(Orlando Innamorato, I,XXII,7)

 
  • L'uomo selvatico compare nelle fiabe dei fratelli Grimm L'uomo selvatico (De Wilde Mann) e Giovanni di ferro (Der Eisenhans).

 
  • Raffigurazioni artistiche

  • Compare ad esempio: in un ciclo di affreschi a Sacco di Cosio Valtellino in Valgerola del 1464, dove la casa che ospita gli affreschi è stata trasformata in un museo; altre raffigurazioni si trovavano sulla porta poschiavina delle mura di Tirano (ora quasi completamente cancellate dal tempo); sul simbolo della Lega delle Dieci Giurisdizioni; sulle guglie del Duomo di Milano; come personaggio nella celebrazione della Giubiana da Canz, che si svolge a Canzo l'ultimo giovedì di gennaio.

Oltre che essere un personaggio leggendario e un simbolo iconografico diffuso in tutto l'arco alpino, l'uomo selvatico è anche una maschera carnevalesca. La sua funzione è quasi sempre quella di capro espiatorio e personifica il lato oscuro ed incontrollabile della natura alpina.

   

 

 


COMMENTI

  1. il 01 marzo, 2020 lorenzo12.rm dice:

    Letto d’un fiato, Virgola e Giuseppe. Tutto come nelle vostre migliori tradizioni. Fioccano i miei ringraziamenti.

  2. il 01 marzo, 2020 giuseppe3ca dice:

    La figura dell’ “Uomo Selvatico”, è raffigurato nelle varie versioni in tutte le regioni italiane ed aveva il fine educativo/morale di incutere nell’animo dei bambini il sentimento della paura, ovvero la consapevolezza che esiste per tutti un pericolo latente dal quale bisogna essere sempre pronti a difendersi o perlomeno a starne lontano. Nelle variazioni regionali, “l’Uomo Selvatico” aveva nomi diversi, ricordo che da noi veniva denominato “L’Uomo Nero” oppure “Mommotti”. Grazie Virgola, un bel raccontino, Ciao, Buona Domenica

  3. il 02 marzo, 2020 franco dice:

    Ho letto recentemente che “Carlos” è stato trovato accidentalmente nei boschi del senese da due cercatori di funghi . E’ un medico di origine spagnola dato per morto e che da vent’anni vive allo stato brado. E’ un medico caduto in una forte depressione che lo ha portato ad un eremitismo totale. Molti di questi uomini selvatici sono patologicamente molto malati : depressi , misogeni , maltrattati nella fanciullezza , traditi, falliti . Fuggono dal mondo e cercano di amalgamarsi con la natura in un eremitismo estremo …in fondo il mito di Tarzan e quello di un “homo selvaticus”

  4. il 03 marzo, 2020 carlina dice:

    molto nteressante il tuo raccconto Virgola, ogni paese ha il suo uomo che fa paura, ai bambini soprattutto, da me c’era l’uomo nero, che aveva le stesse funzioni dell’uomo selvatico, in fondo, girato come vuoi il racconto, il fine è lo stesso- un grazie anche a Giuseppe

  5. il 07 marzo, 2020 giuseppe3ca dice:

    Vero Carlina, tutti nella nostra infanzia abbiamo avuto conoscenza di un fantomatico “Uomo Nero” che incuteva paura, poi siamo cresciuti e abbiamo capito la funzione dello spauracchio. Probabilemte in tanti ne hanno ancora paura perché hanno snobbato il post. Io ho fatto la mia parte e ringrazio i partecipanti. Ciao, un caro saluto.

  6. il 07 marzo, 2020 giuseppe3ca dice:

    Virgola esprime un ringraziamento per coloro che hanno lasciato un commento ma dice “GRAZIE” pure a quelle persone di poca fantasia che, anche di fronte ad un argomento che si presta a molte soluzioni dialettiche, perché tutti siamo stati bambini e tutti, nella nostra infanzia, abbiamo conosciuto le nostre storie dell’«Uomo Selvatico», non sono state capaci o perlomeno non hanno voluto esprimere un proprio pensiero.
    Virgola ci saluta con un “Buona Fortuna” per tutti e comunica che non intende proseguire la collaborazione con il Bosco. Il mio GRAZIE va a quelle persone che dicono di voler bene al Bosco e di voler salvare il blog dal declino.
    Mi dispiace! Non serve altro per capire. Ciao a tutte/i.

  7. il 07 marzo, 2020 sandra.vi dice:

    scusa VIRGOLA ,molto tempo che volevo lasciare un commento, sono stata presa dalla pigrizia e nn l’ho fatto, conoscevo i luoghi da te descritti e visto molti anni anni fa i grafiti quando si potevano vedere il loco, ti ringrazio per quello che hai scritto , mi è piaciuto , vorrei leggerti ancora ,se posso ti faccio da amica un abbraccio ciao

  8. il 07 marzo, 2020 giuseppe3ca dice:

    Sei scusata Sandra, grazie. Spero che Virgola leggendo il tuo commento ci ripensi e riprenda la sua collaborazione per il Bosco, i suoi lavori per noi sono sempre preziosi. Un caro saluto, ciao.


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