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COVID-19 – Assistenza agli ammalati

   

ASSISTENZA AGLI AMMALATI

COVID-19

Se torniamo indietro di due secoli andiamo a scoprire che a quei tempi non esistevano ancora gli antibiotici e si moriva di colera, tifo, tubercolosi ed altre malattie contagiose che non lasciavano scampo. Le persone colpite da malattie infettive subivano l’isolamento, venivano scartate e allontanate da tutti, lasciate sole per la paura dei contagi e morivano praticamente in solitudine e nella maggior parte dei casi senza alcuna assistenza.

Le cronache di allora raccontano che a Torino, ad una donna in stato di ennesima gravidanza e affetta da tubercolosi in fase avanzata che la portava a conseguenti perdite di sangue per l’aggravarsi della malattia, era stato rifiutato il ricovero in diversi ospedali della città con la motivazione di dover proteggere dal contagio le altre persone ricoverate.

La giovane donna finì l’agonia in una misera stalla circondata dal dolore dei figli e familiari piangenti. Per l’assistenza spirituale fu chiamato al suo capezzale un giovane sacerdote, tale Giuseppe Benedetto Cottolengo che, prendendo atto della pietosa situazione, assolse con carità il suo ministero. In seguito a tale fatto ebbe l’intuizione della necessità di creare un ricovero dove potessero essere accolti e soddisfatti i bisogni assistenziali per queste persone che non venivano accettate in un normale ospedale ma non potevano essere lasciate sole con una malattia o infermità grave che portava quasi sempre alla fine della vita.

 

Giuseppe Benedetto Cottolengo

 

Non sto a raccontare la grande e meritevole opera costruita dal caritatevole e lungimirante prete a seguito di tale fatto. L’opera fu inizialmente chiamata “Piccola Casa della Divina Provvidenza” ma in seguito fu nota più comunemente, in modo breve, citando semplicemente il nome del suo fondatore “Il Cottolengo” appunto. Ebbe una larga diffusione e oggi conta una moltitudine di fondazioni non solo in Italia ma anche in Europa, Africa, Asia e nelle due Americhe, Sud e Nord.

Vorrei, invece, riportarmi alla realtà che oggi stiamo vivendo con la diffusione del coronavirus. Quante anime del “Cottolengo” ci sono tra medici, infermieri, assistenti, ricercatori, operatori e tutto l’indotto che gira attorno, nel cercare di dare soccorso ai moltissimi che malauguratamente hanno subìto e subiscono il contagio di Covid-19 che è stato già letale per tantissime persone, diffondendosi, con ulteriori vittime, anche tra gli addetti alle cure e assistenza dei malcapitati.

 

La pandemia si è dimostrata di dimensioni tali da mettere in crisi non solo l’assistenza medica degli ospedali italiani ma l’intero apparato dell’Ordine Mondiale della Sanità che ha sollecitato la solidarietà tra i vari Stati.

   

Da parte del personale dei nostri apparati sanitari stiamo assistendo a grandi esempi di altruismo, sacrificio, abnegazione, anche a rischio personale per la propria vita, il tutto mirato a dare assistenza agli innumerevoli pazienti, lavorando in spazi insufficienti e carenza di meccanismi, attrezzature e mezzi di protezione individuale.

   

È ammirevole la partecipazione di tutti in una corsa continua per cercare di far fronte alle continue e crescenti emergenze con un coinvolgimento generale che non ha eguali.

   

Purtroppo si contano numerose vittime anche tra coloro che prestano le cure e l'assistenza ai contagiati di Covid-19: medici ospedalieri, medici di famiglia o di base, infermieri, personale delle autoambulanze ed ecclesiastici recatisi a portare l'estremo saluto ai malcapitati in fin di vita.

   

Al fine di evitare il diffondersi dei contagi, sono state impartite disposizioni per chiudere industrie e unità di lavoro non indispensabili e persino chiese e centri di culto.

In dipendenza della gravità della situazione, la Chiesa ha dato facoltà ai medici di impartire l'ultima benedizione ai propri assistiti nel momento estremo.

   

Ci sono stati anche esempi contrari, ovvero persone che nella propria incoscienza hanno saputo dare prova di imbecillità, non adeguandosi alle disposizioni sanitarie ampiamente diffuse e pubblicizzate con tutti i mezzi di stampa, informatici e audiovisivi.

Per far fronte alle numerose emergenze è stato necessario attivare l’intervento capillare di tutte le forze dell’ordine nazionali e locali coadiuvate dagli apparati militari di ogni ordine e grado.

Proprio con i reparti specialistici militari si sta provvedendo all'allestimento di Ospedali da campo, debitamente attrezzati di camere per la terapia intensiva, con respiratori artificiali, bombole di ossigeno, strumenti essenziali per il trattamento dei colpiti da coronavirus. In tali ospedali operano le Unità speciali con medici e assistenti infermieristici militari.

   

Sempre con l'intervento di mezzi e personale militare si sta provvedendo al trasporto delle bare con le salme dei deceduti verso i centri di cremazione.

   

Si è dovuto far ricorso alla occupazione di alberghi e navi passeggeri per alloggiare i malati che devono rispettare un periodo di quarantena in completo isolamento.

La situazione è davvero critica ed è imperativo adeguarci alle disposizioni, cauteliamoci, restiamo a casa e speriamo che vada tutto bene… augurandoci che tutto finisca presto e la vita riprenda a scorrere nella sua normalità per il bene di tutti e per la ripresa dell’economia che ha subìto un crollo senza precedenti, almeno nella storia recente.

Teniamo presente fin d’ora che quando il virus sarà sconfitto, (contiamo che sia presto), ci renderemo conto di aver subìto un duro colpo, che siamo tutti perdenti e la ripresa sarà comunque lenta, dura, e difficile. Ci sarà da rimboccarsi le maniche tutti insieme, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Per completezza d’informazione voglio ricordare che il prete Giuseppe Benedetto Cottolengo, (nato a Bra il 3 maggio 1786 e morto a Chieri il 30 aprile 1842), per la benemerenza delle sue opere, venne dichiarato Beato da Papa Benedetto XV il 29 aprile 1917 e proclamato santo il 19 marzo 1934 da Papa Pio XI.

   

Di tutte le persone delle quali abbiamo parlato prima, operatori sanitari e non, che non si sono tirati indietro di fronte alle emergenze ed hanno operato con rischio e pericolo personale, anzi, si sono dimostrati all’altezza del compito e di averlo fatto con spirito di grande umanità altruistica e di amore per il prossimo, nessuno sarà proclamato santo ma siamo convinti che nel loro animo vive uno spirito superiore e vogliamo esprimere un grande  ringraziamento con vera e sincera stima.

   

Consentitemi, infine, di sollecitare una raccomandazione ai politici e a tutti i responsabili di compiti decisionali e di governo: chiedo che tutte le persone che con sacrificio volontario o per dovere professionale ma che, con rischio personale, hanno dato di più, non vengano poi dimenticate ma possano ricevere il meritato riconoscimento morale e materiale per il loro esemplare e meritorio operato.

   

 

P.S. - Chiedo scusa se sono stato troppo prolisso e forse vi ho un pò annoiato ma so che ci sarebbero ancora tente cose da dire (Scuola, Lavoro, Industria, Commercio, Soluzioni per il riordino e la ripresa nell'immediato ecc.) ma voglio confessare solo una cosa: sono molto preoccupato per il danno che questa pandemia sta provocando: un enorme aumento del debito pubblico che ricadrà su tutti noi e che i nostri giovani dovranno pagare con sacrifici nel loro futuro.

       
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