Archive for settembre 20th, 2020

LETTERA AD UN AMICO

                     

LETTERA AD UN AMICO

     

Caro Amico,

Il tempo è passato presto, la vita scorre, ci siamo invecchiati. Sono lontane le nostre scorribande in scooter, tanti chilometri percorsi con la prima utilitaria acquistata alle occasioni del salone delle auto usate, le nostre prime schermaglie con l’altro sesso, le nostre avventure in cerca di esplorare il mondo e la smaniosa voglia di fare nuove esperienze e conoscenze, volevamo bruciare i tempi in un tempo senza età che non aveva fine perché, nella nostra giovanile incoscienza, ci sembrava eterno.

Ricordi sicuramente le gimcane e le gare di regolarità con i nostri scooter prima e con le auto poi, con le quali ti eri specializzato e successivamente eri passato alle competizioni professionistiche, ma in quelle, per i miei impegni di lavoro, non avevo potuto partecipare.

Tu hai conquistato una bella serie di coppe, a me sono rimaste le foto dei ricordi.

Caro Amico, stiamo arrivando alla fine (quasi), ed eccoci, per molte ore relegati in una poltrona davanti alla TV, le gambe che a volte non ti reggono e devi sorreggerti appoggiandoti ad un tavolo o una sedia ma ti ostini a non voler usare il bastone con il treppiede perché quello ti farebbe sentire “vecchio”.

 

La memoria che inizia ad avere i suoi vuoti, se ti fanno una domanda, sei certo che conosci la risposta ma non ti viene in mente in quel momento.

Per nostra fortuna, almeno finora, non siamo finiti in una R.S.A. e, in un modo o nell’altro godiamo ancora della nostra autonomia anche se limitata dalle ridotte capacità.

Durante la giornata hai gli orari fissati per le pastigliette che ti ha prescritto il medico e sono classificate come salvavita, ma è chi ti sta attorno che deve ricordarti di prenderle.

Ok, ma non tutto è negativo, godiamo ancora della nostra libertà vigilata e la nostra vita l’abbiamo vissuta, le cose buone le abbiamo fatte e, a sprazzi, per ricordarci che siamo stati giovani, ritornano alla mente episodi delle nostre innumerevoli avventure.

Ricordi la nostra avventura con il gabbiano? È relativamente recente, quella di quando andavamo insieme per mare con il nostro piccolo natante. Avevo scritto la storia e me la voglio rileggere, te la mando, rileggila anche tu e buona vita per tutto ciò che ancora ci rimane... speriamo!

Un abbraccio e a presto, ciao.

Pino

           

LA LOTTA COL GABBIANO

 

Pino e Paolo, un’amicizia che durava sin dai tempi della scuola elementare e che dopo varie vicende si era rinsaldata ora che, entrambi ormai in pensione, avevano più occasioni da dedicare al tempo libero.

Li aveva legati forse il fatto che entrambi, in famiglia, avevano solo sorelle e quindi, nell’età dell’adolescenza, ma anche più tardi, si erano sentiti come fratelli, surrogando la mancanza di un vero fratello.

Avevano vissuto parallelamente anche le prime esperienze con l’altro sesso, supportandosi a vicenda, quando necessario e raccontandosi esperienze e avventure. Ma soprattutto li legava la passione per il mare e quella voglia segreta di sfidare la grandezza e i misteri dell’elemento terracqueo.

   

E` pur vero che avventure in mare ne avevano vissute altre e le ricordavano sempre perché erano servite ad ampliare le loro esperienze, ma quest’ultima era stata davvero singolare.

Paolo aveva voluto sistemare il gommone in una nuova stazione di rimessaggio in via di ampliamento e sistemazione sulla costa orientale del golfo in considerazione che proprio in tale struttura erano previsti, a breve, i campionati mondiali di vela junior e quindi i lavori in corso erano mirati a realizzare quanto necessario per accogliere degnamente tale importante manifestazione.

 

Arrivarono lì in auto e dopo un giro di perlustrazione, eseguirono tutte quelle operazioni di routine necessarie per la messa in acqua del natante. Lo avevano fatto tante di quelle volte che ormai era diventato un rituale sistematico.

Come da intese precedenti non avevano portato altri tipi di esca perché si doveva operare la pesca al traino con l’esca finta, un’anguilletta fosforescente che aveva preparato lo stesso Paolo.

Imperava un vento di maestrale abbastanza teso ed il mare, soprattutto al largo, si presentava con le onde ben marcate e spumeggianti.

I primi passaggi avevano portato la prima preda, una spigola che a prima vista superava certamente il mezzo chilo, come confermato poi alla pesata effettuata a terra.

Per determinazione di Paolo si era stabilito che il primo pesce era desinata all’amico Pino perché la volta precedente l’aveva preso Paolo.

Dopo un po’ abboccò una ricciola appena più piccola della spigola e si rimise la paratura in mare per proseguire la traina.

Si eseguirono alcuni passaggi tra gli spruzzi delle onde senza che succedesse niente ma, ad un tratto, Pino che reggeva il mulinello sentì uno strappo, si voltò verso il terminale della lenza e notò che vi era ubicato un gabbiano in lotta con qualcosa di indefinito.

Si pensò dapprima che avesse abboccato un altro pesce e che il gabbiano, come spesso succede, volesse portarselo via. Paolo, che reggeva il timone, lanciò alcuni urli per farlo scappare ma non successe niente.

Al recupero della lenza il gabbiano vi restava attaccato ed allora si capì che probabilmente aveva tentato di mangiare l’esca finta e vi era rimasto arpionato.

Pino era deciso ad avvicinare il gabbiano per poterlo liberare anche se Paolo suggeriva di tagliare la lenza per il timore che il gabbiano, una volta vicino, potesse assalire con beccate e zampate i due malcapitati pescatori.

Quando fu ad una distanza di circa cinque/sei metri, il gabbiano tentò di sollevarsi in volo trascinando la lenza. Paolo ordinò: “Dagli lenza, dagli lenza” e Pino così operò ma il gabbiano ricadde in acqua e fu allora che Pino lo avvicinò ulteriormente e lo afferrò per il collo portandolo a bordo del gommone.

La lenza fuoriusciva dal becco chiuso con forza e Pino dovette faticare non poco per riuscire ad aprirlo e liberare l’amo che era conficcato nella lingua della bestiola.

Fatto questo lo lasciò subito libero ma la vicenda non era finita. Cercando di andar via nei grovigli della lenza il gabbiano rimase nuovamente impigliato con l’amo sotto l’ala sinistra.

Ormai erano in ballo e Pino decise di avvicinarlo ancora per completare la liberazione. Fu allora che si prese una grossa beccata sulla mano ed una zampata sul braccio. Il gabbiano ricevette in cambio un deciso buffetto sul becco. “Stai buono” disse Pino, “Voglio liberarti”.

   

Il gabbiano sembrava che avesse capito e restò docile e calmo, ma forse era stanco anche lui mentre nel trambusto il gommone continuava a saltellare sulle onde che coprivano di spruzzi tutti i protagonisti dell’episodio, uomini e volatile.

Pino riuscì finalmente a liberare il gabbiano dall’amo e dal groviglio delle lenze, lo prese per le ali e gli diede una spinta verso l’alto dicendo “Vai”. Paolo aggiunse, con sollievo, “E non tornare mai più”.

   

Quella lenza era resa ormai inutilizzabile, si tentò qualche altro passaggio con una nuova paratura ma la battuta di pesca era ormai conclusa e si rientrò a terra ed a casa con un’esperienza in più da raccontare ai nipoti.

 

 

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