ARTE, AUTORITRATTI E FIRMA
Scritto da Giuseppe il 28 Novembre 2020 | 10 commenti- commenta anche tu!
AUTORITRATTI E FIRMA
Ai giorni nostri, tutto è firmato….
Gli abiti fanno parte di collezioni di stilisti vari, quasi tutti gli oggetti, dall’argento alla ceramica oggi hanno la firma di disegnatori importanti, anche nei “regali”, si fa per dire, che molti supermercati ci propinano con le tessere punti, ciotole, piatti, suppellettili vari, biancheria, appartengono a dei Brand firmati. La firma, che noi tutti sottoscriviamo con il nostro nome cognome, quando sottoscriviamo un mutuo, un prestito, un documento, oggi abbiamo la firma digitale, presso le banche, presso alcuni sportelli pubblici, la firma è il nostro modo per identificarci. E’ l’autoattestazione della nostra presenza, con la firma noi attestiamo la volontà di accettare o di rinunciare.
LA FIRMA NELL’ARTE
Nella pittura medievale, i pittori, erano considerati degli esecutori delle arti manuali, degli artigiani che dovevano servire Dio. L'opera d'arte, non era il risultato del genio della bravura del pittore, era vista solo un mezzo per aumentare la devozione a Dio. I pittori, non essendo considerati come creatori dell'opera non la firmavano, lavoravano su commissione, e solo grazie a diversi documenti storici, alle molteplici ricerche, gli studiosi sono riusciti a risalire alle committenze e agli esecutori, nel caso in cui non si riescano a trovare documenti l’artista rimane ancora oggi anonimo. La parola artista, nel Medioevo non comprendeva i pittori, gli scultori o gli architetti, ma solo i dotti e gli intellettuali e i poeti solo queste erano considerate arti liberali e nobili. Sono esistenti però, un buon numero di opere pittoriche dove nella scene rappresentate, a seconda del genere, sacro, storico o mitologico il pittore inseriva il proprio autoritratto.
Vengono definiti autoritratti “ambientali o situati”, altri studiosi moderni l’hanno definita una “autoproiezione contestuale”, un modo minore per dichiarare di essere l’artefice dell’opera. Questa pratica risale all’antichità, dove però, era considerato un gesto di arroganza e presunzione, che non poteva essere giustificato, tanto che chi osava veniva destinato all’esilio.
In alcuni edifici sacri è possibile trovare dei bassorilievi e dei busti, che non raffigurano totalmente il viso, però ricordano certamente le fattezze fisionomiche dell’artista. Ci sono poi le miniature, dove molto spesso venivano rappresentate le funzioni che svolgevano, uno tra i più conosciuti autoritratti è quello del monaco Rufillus di Weissenau, miniatore del 1200 che ha rappresentato se stesso mentre ultimava un capolettera.
Questi meccanismi hanno la funzione di firma, certificano velatamente di chi sia la paternità dell’opera, oltre a lasciare ai posteri la testimonianza di sé. E’ una legittimità velata poco visibile, a volte solo citata con un “me fecit” (fatto da me). E’ possibile suddividere in gruppi queste rappresentazioni L’autore mascherato: è il pittore che recita un ruolo presente nella storia che sta raffigurando, compare molto spesso in posizioni a margini o laterali dell’opera, è riconoscibile per alcuni indizi, volge lo sguardo verso lo spettatore, ha caratteri che si riconoscono alla propria fisionomia. Si rappresentano spesso come spettatori o testimoni di un evento al quale non avrebbero potuto prendere parte, perché sono rappresentazioni o narrazioni di eventi biblici, sacri o mitologici, appartenenti ad epoche storiche antecedenti alla nascita dell’artista, quindi diventano spettatori di ciò che stanno narrando in un epoca in cui non erano ancora nati. Un esempio su tutti è Giotto, nato nel 1267 e morto nel 1337, secondo il Vasari ha riprodotto il proprio autoritratto, più volte all’interno di narrazioni corali: al Castello Nuovo di Napoli, a Gaeta in alcune scene del Nuovo Testamento, mentre a Firenze nella Cappella del palazzo del Podestà, Giotto si sarebbe ritratto accanto a Dante Alighieri. Nel 1306, Giotto lavora alla decorazione del Giudizio Universale della Cappella degli Scrovegni egli rappresenta Enrico Scrovegni che dona la cappella al Signore in segno di perdono dei peccati e tra la folla di profilo appare un autoritratto di Giotto, nella schiera dei beati.
Anche Angelo Gaddi, si rappresenta di profilo nel suo affresco “il trionfo della Croce”, nella Cappella Maggiore della Basilica di Santa Croce a Firenze
Ma è nel 1400 che i pittori danno una svolta, le firme degli artisti attraverso l’autoritratto si diffusero, era il modo per differenziarsi dalle tante botteghe, per onorare e differenziare il proprio talento da quello dei colleghi. Gli artisti diventano interpreti, un nuovo ruolo, anche se non inseriscono una propria firma, qualcosa di molto simile, potrebbe essere un omaggio, una dedica ad una amata, o il proprio autoritratto, senza dover pagare lo scotto davanti al committente, diviene altresì un motivo di vanto sia per l’uno che per l’altro. I committenti erano solitamente Papi molto ricchi e potenti, famiglie nobili e ricche, era un dato di fatto che i ricchi andassero a messa, che si scambiassero visite nei palazzi e nei monasteri, quindi, mettere il proprio autoritratto era come presentare una sorta di carta di identità, non tanto per presentare se stesso, ma per legare la bellezza dell’opera alle proprie capacità, una pubblicità velata. Mettere la propria firma sui dipinti prodotti, accompagnandola spesso col proprio autoritratto, è un modo di promuoversi attirando in questo modo l’attenzione, oltre che sull’opera, anche sul suo autore, il quale esibiva e confermava il proprio status sociale e culturale.
Questo è il periodo in cui il pittore, diventa consapevole dell’importanza della propria arte e del suo ruolo come individuo nella società.
Botticelli adorazione dei magi
Botticelli per esempio, appare in un quadro destinato alla famiglia Medici, nella Cappella Sistina, Michelangelo offre il proprio ritratto nella pelle di San Bartolomeo.
Un altro autoritratto di Michelangelo è stato scoperto nel 2009 nell’affresco della Crocefissione di San Pietro nella Cappella Paolina al Vaticano, mentre nel 2016, è stato scoperto un autoritratto di Michelangelo, ultimo solo in ordine di tempo, difficile da vedere, dipinto di profilo nella parte posteriore del velo delle Vergine Maria, un profilo triste e pensoso un accostamento alla Madonna come di un uomo, quasi a termine della propria vita
Il Ghirlandaio si è autoritratto proprio al centro nella “Adorazione dei Magi degli innocenti” proprio al centro.
Filippo Lippi,
Piero della Francesca, che fu anche un prestigioso matematico,
Leonardo da Vinci fu uno scienziato.
Il loro prestigio si accrebbe notevolmente, permettendo all’artista del Rinascimento, di conquistare una posizione sociale di tutto rispetto. Andrea Mantegna, fu uno dei più singolari e sofisticati casi di firma figurativa presente in diverse occasioni, come ad esempio nel ciclo di affreschi della cappella Ovetari della chiesa degli Eremitani a Padova del 1450, nella Presentazione al Tempio del 1454 e nella Camera degli sposi o Camera Picta realizzata nel Castello di San Giorgio di Mantova tra il 1465 e il 1474.
Molti studiosi sono concordi nel considerare la Presentazione al Tempio, conservata a Berlino, un quadro votivo e pertanto destinato alla sfera privata, dipinto da Mantegna dopo la nascita del suo primogenito. Nelle due figure poste alle estremità, si riconoscere l’autoritratto del pittore e il ritratto della moglie, senza aureole.
Andrea Mantegna sapeva ben mimetizzare il proprio viso, era molto abile a nascondere volti nelle nuvole vaporose, per esempio nella “Minerva che scaccia i vizi dal giardino delle virtù” o nella “Camera degli sposi” nella nuvola vicino al vaso si trova un profilo umano, forse l’autoritratto dell’artista mascherato, ma non basta perché proprio in questa stanza, nascosto nel fogliame del finto pilastro si può vedere il ritratto del pittore monocromo nascosto tra le foglie, è la testimonianza di un autore di rappresentare la propria opera.
Raffaello in più occasioni ha ambientato il proprio ritratto all’interno di diverse opere La " Messa di Bolsena",
ma il più famoso è quello che ha collocato dentro l’affresco nella “Scuola di Atene”, Raffaello ha collocato il proprio viso tra la folla di filosofi matematici e astronomi, quindi tra “gli artisti” questo era un modo con cui gli artigiani diventano parte della cerchia dei dotti e le arti manuali o meccaniche, se non confermate pubblicamente, in questo modo prendevano parte al gruppo delle arti liberali. Raffaello era un genio sottile, tanto da lasciare le proprie iniziali sulla scollatura di Euclide, il personaggio chinato su una tavoletta intento a tracciare una figura geometrica con il compasso.
Ma è Caravaggio che da un altro senso alla firma che mette nelle sue opere, nei volti cui il Caravaggio inserisce le proprie fattezze si legge una forza, una verità di espressione, la disperazione e lo stupore e legati al proprio drammatico percorso personale.
Alcuni poi mimetizzavano le proprie firme con scritture o immagini che sembravano dei veri e propri rebus.
Il Ritratto dei coniugi Arnolfini del pittore fiammingo Jan van Eyck, realizzato nel 1434, in fondo alla camera, è rappresentato uno specchio convesso che riflette lo stesso artista nell'atto del ritrarre la coppia, sopra, sul muro, è scritto chiaramente il nome “Jan von Eyck fu qui” con la data.
In altri casi l’Autore -Visitatore: l'autore è esterno alla scena, rivelando però la propria funzione di artefice dell'opera.
Lo si comprende dallo sguardo, dalla posizione, dall’abbigliamento, e si rappresenta come un estraneo, che appartiene ad un altro periodo temporale, Durer sfruttò questo stratagemma nascondendo spesso il proprio autoritratto dentro le proprie opere e intorno a questa presenza, inseriva cartigli o bandierine con scritto il proprio nome, a volte anche l’anno di realizzazione.
Ne è un esempio “il martirio dei diecimila” in mezzo a crocefissioni, decapitazioni, morti compare l’autoritratto del pittore con gli abiti del proprio tempo, l’impressione è che passeggi, con un amico che regge una bandierina dove sono inseriti l’anno di produzione e il nome del pittore tutto questo volgendo lo sguardo verso lo spettatore.
Albrecht Durer, fu un grandissimo imprenditore di sé stesso, chiese e ottenne dal proprio imperatore la possibilità di avere un suo vero e proprio marchio (AD),

Adorazione della S:S Trinità Durer
per proteggere la paternità di diverse sue opere dalla contraffazione, tanto da giungere in tribunale a Norimberga e a Venezia e ottenere la sigla sulle opere contraffatte come “dopo Durer”.
Diversi sono gli autoritratti di Van Gogh che ha eseguito ben 37 autoritratti, raramente volge il suo sguardo verso lo spettatore, egli pone lo sguardo altrove...
Sono dipinti diversi, a volte con la barba
a volte senza, alcuni con forti intensità di colori, autoritratti lo rappresentano bendato,
dopo l’episodio in cui si era tagliato l’orecchio, nell’ultimo periodo della sua vita non dipinse nessun autoritratto, si era di nuovo dedicato alla natura. La fine di settembre del 1889, dipinse l’ultimo autoritratto della sua vita
“l’autoritratto senza barba”
era il regalo di compleanno per la madre, è uno dei dipinti più costosi di tutti i tempi, venduto a New York per 71,5 milioni di dollari. Per il povero Van Gogh che ha vissuto di stenti, tutta la vita una magra soddisfazione postuma. Quindi non era certo la vanità, che spingeva questi artisti nel corso dei secoli, ma la voglia di riconoscimento delle proprie capacità e del proprio ruolo come artista e come cittadino, niente a che vedere con l’immagine falsata che in tempi moderni vogliamo inviare.

















Bellissimo, Enrica, questo tuo articolo sulla firma nell’arte. C’è da essertene grati, assieme a Giuseppe.
Una bella lezione di storia dell’arte Enrica, complimenti. Hai descritto particolari che solo i veri studiosi d’arte conoscono ma che coloro che si reputano esperti spesso ignorano. Un bel lavoro, grazie per averlo concesso al nostro piccolo Bosco.
Molto circostanziata questa lezione , ma “o tempora o mores “ora la firma spesso è tutto,come ha premesso Enrica.E’ noto che Salvator Dalì ha venduto per anni solo la sua firma ,su stampe neppure fatte da lui, è successa la stessa cosa con Picasso. Ma se ci pensiamo bene quando incontriamo un VIP la prima cosa che chiediamo è “l’autografo ” ! Se vai ad una lectio magistralis di Mancuso , Garimberti, Recalcati od altri scrittori e affabulatori per la ovvia presentazione del loro ultimo libro ,che chiedi ? Ma la dedica , cioè praticamente la loro firma. Tutto cambia anche il valore di quel personalissimo segno .
È vero oggi con la firma attestiamo la nostra presenza. Nel post io volevo però porre l’attenzione sull’autoritratto, era a tutti gli effetti la firma camuffata se vogliamo, ma l’unico modo che avevano a disposizione i pittori del medioevo, diverso per certi aspetti dall’atteggiamento di Salvador Dali’, molti di noi pensano che gli autoritratti erano un vezzo una vanità, in realta’ era un’auto attestazione di presenza, vanità non credo, ma certamente la voglia di documentare ai posteri, la propria opera. Ringrazio tutti coloro che hanno impegnato del tempo x leggere questo post, buona domenica a tutti.
Molto interessante il tuo post ENRICA sei molto brava, a me piaceva (quando potevo) visitare qualche mostra, vederle colle tue descrizioni è vederle in modo particolare, dare un altro giudizio, riconoscere il pittore si poteva dedurne “anche allora quanta vanità”! ringraziandoti con un caro saluTo un abbraccio, ringraziO anche il nostro bravo coreografo GIUSEPPE buona domenica un caro saluto, ciao
come sempre fai dei post molto interessanti e con qualcosa di inedito, quindi è sempre un piacere leggere i tuoi articoli-si approfondiscono cose che già si possono conoscere con altre che sono del tutto sconosciute o molto meno note- continua così Enrica, troverai sempre delle persone che ti leggono con piacere- un grazie pure a Giuseppe x il suo contributo
Non mi resta che dirti Brava e ti ringrazio. E’ un articolo ricco, un insegnamente, almeno per me, eccellente. Per ora esco da questa “Stanza” in punta di piedi. Ma devo ritornare e rileggere più di una volta. Grazie
Mi fa piacere che sia piaciuto e soprattutto che sia ritenuto interessante, era lungo quindi ringrazio tutti, coloro che hanno letto. Sandra sei troppo gentile con me, Carlina io scrivo e se Giuseppe continuerà a pubblicare insieme ad altri scritti troverai anche i miei, Giulio non esca in punta di piedi, io lo facevo quando i miei figli si addormentavano, li guardavo dormire un po’ e poi uscivo in punta di piedi dalla cameretta, nel bosco si può entrare ed uscire senza svegliare nessuno. Anzi credo che Giuseppe non chiuda nemmeno la porta
Un bellissimo post Enrica, me lo sono guardata con calma. non me ne intendo di arte nemmeno un pochino, ma leggendo e guardando la coreografia sono rimasta entusiasta. Un saluto ciao
Dopo una mattinata a spalare neve prendo fiato rispondendo a Gabriella il post era lungo, nemmeno io sono un esperta mi piace informarmi quindi con calma si può fare tutto leggere e guardare le foto buon fine settimana a tutti