SGOMENTO di Lorenzo.rm
Scritto da Giuseppe il 26 Dicembre 2020 | 16 commenti- commenta anche tu!
SGOMENTO
Sgomento.
Dolore per un amico malato
che rischia la vita e dispera.
E’ un bel dire che tutto andrà bene.
Mentre parli sai di mentire.
.
La verità è che, come lui,
attendi un segnale, una voce dal cielo.
Ma il segnale, la voce, arriverà?
O è un semplice augurio del cuore?
Ho parlato a me stesso e comprendo
che l’impotenza è davvero sovrana.
.
Alla fine tu dici: lottiamo!
Senza lotta decisa, totale,
certo giunge un verdetto fatale.
Ma se neanche una lotta convinta,
fiducia entusiasta,
amor della vita riesce
a cambiare un destino?
Che fare? Acceleriamo la fine?
.
Perdiamo la voglia?
Usciamo dal mondo?
Che cambia?
Una vita disperata è di meno
di una vita ammalata.
Sai che ti dico, amico mio?
.
Chiacchieriamo,
discutiamo sul destino
riservato a noi mortali.
Polvere siamo, polvere ritorneremo.
.
E nella casistica generale
un po’ tutti stiamo nella precarietà.
Se si pensa ad un incidente,
esso capita immantinente,
a quale che sia l’età,
e non resta che un pianto dirotto.
.
Meglio è allora
una fine preannunciata,
peraltro solo possibile,
ancora non giunta,
per contrastare la quale
occorre lottare.
Il problema è che la lotta
presuppone un obiettivo.
.
Perché lottare?
Per mantenere le quattro ossa?
La propria carcassa?
In verità noi siamo quel che facciamo.
.
Siamo le relazioni
che ci siamo costruiti in vita
e che in morte
siamo costretti a lasciare.
La lotta dà qualche possibilità
se qualcosa o qualcuno,
perdendoci, piangerà.
.Se lasciamo equilibri
difficili senza di noi.
E in questa vicenda
i semplici affetti non bastano.
I padri, le madri,
comunque morranno.
E i loro figli non hanno diritti in più.
Non succede così dappertutto?
.
Nella corsa della vita
c’è un principio e una fine,
frutto spesso di fatalità. Forse,
spinti da un dolore rinnovato,
è bene riconoscerlo
senza resistenza,
o rimpianto, o dolore.
.
Ci si domanda: Perché Signore a me?
Una risposta più giusta mai non ci fu
se non quella classica:
.E perché non a te?
Rimane, peraltro,
in primo piano
la sorte dell’interessato,
della vittima designata.
.
E allora perché non riconoscere,
che vittime tutti lo siamo?
E che i quesiti di fondo sono legati
al ruolo che abbiamo assolto,
alle azioni che abbiamo compiuto,
agli affetti che abbiamo suscitato,
agli investimenti che abbiamo effettuato,
in particolar modo a favore del prossimo,
che non comprende soltanto
il nostro particolare,
ma che si amplia a tutti
quelli che abbiamo aiutato,
sostenuto, ai quali abbiamo voluto bene.
.
Questo è il film
che scorrerà nel nostro pensiero.
Allora non ci sarà tempo per disperazioni,
per il dispiacere dell’abbandono,
per i pianti che non riscaldano il cuore.
Se siamo nel vuoto
dell’imponderabile e del fatale,
se tutto può succedere ora e qui,
prepariamoci a lasciare la terra
coscienti e non disperanti.
La nostra avventura in questa valle è così.
.
Prendiamone atto fratelli. Tanto si sa.
Bene che vada solo il ricordo rimarrà.
Il ricordo e, speriamo,
il rimpianto per quanto di buono
siamo stati capaci di fare.
.
C’è poi la fede.
Ma essa non dà sicurezza a chi non ce l’ha.
Soltanto chi crede non la ritiene fatalità.
Ma si può dire, è giusto dire, alla gente:
Credi, amico, credi che ti converrà?
Si possono fare dei patti
con la dignità di ognuno?
Di qualcuno,
per giunta, morente?
Perciò, amico mio malato,
nulla d’altro ti dico.
.
Combattiamo insieme.
Tocchiamoci fisicamente.
Stiamo vicini.
Diamoci la mano, oggi e domani.
Fino a quando sarà.
Facciamo un comune cammino.
Per quanto,
mai lo sapremo se non vivendolo,
occupandoci di cose concrete.
.Lottando, anche,
ma senza disperazione.
Nel nostro piccolo, coraggio!
Vivremo un frammento,
un margine di felicità.





