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CONTUS DE FORREDDA

   

Da oltre un anno, ormai, stiamo vivendo con l'angoscia della pandemia Covid ed il continuo martellamento dei media sulle tragiche notizie del numero dei contagiati, dei morti e sugli sviluppi degli effetti vaccinali. Finalmente pare che la malattia sia in regressione quindi speriamo di poter tornare presto alla nostra consueta normalità del vivere quotidiano, senza mascherine, distanziamento, vaccini, disinfezioni e accorgimenti vari e concedendoci quell'abbraccio che ci manca tanto.

Ci sentiamo stanchi di tutto questo ma finalmente arriva la Domenica e la nostra amata Eldy ci dà la possibilità di concederci una pausa con la lettura di un raccontino, una poesia, una storiella o una chiacchierata tra noi che si rivela molto utile al relax e soprattutto al rinnovamento dello spirito appesantito da questi eventi.

Con tale intento propongo la lettura di un raccontino fantastico risalente all'antica cultura rurale della Sardegna e tramandato di generazione in generazione tanto che oggi ha pure l’onore, tra le tante altre cose, di essere presente in rete grazie ai cultori di buona volontà che non vogliono perdere le storie di una tradizione antica.

Questa storiella fa parte di una serie di raccontini denominata:

Contus de forredda

"Racconti dal caminetto"

 

ovvero storielle che venivano raccontate quando non c'era ancora la televisione e d’inverno ci si riuniva attorno al calore di un caminetto, oppure d’estate, ci si radunava, dopo cena, fuori della soglia di casa per godere di un po’ della frescura serale, prima di andare a dormire.

Spero che lo troviate interessante e sia di vostro gradimento.

Ringrazio coloro che sono d’accordo e chiedo scusa agli altri.

         

Fra le rocce della Gallura viveva un povero pastore con il suo gregge che era stato preso di mira dal servo di San Martino, un folletto maligno chiamato "lu Pundaccju" che, dopo aver lasciato il servizio del Santo, si era rivelato per quel che era veramente: un diavoletto goffo e grassottello, cattivo e dispettoso. Il folletto aveva sette berrette in testa, che, alla morte del Santo, gli erano state donate dal Diavolo, in cambio dei segreti di San Martino.

La settima berretta, quella che stava sopra, era ciò che dava potere alle altre sei. Nella notte il pastore sentì dei rumori all’esterno come se le sue capre cozzassero le une contro le altre. Spaventato, l’uomo uscì alla luce della luna e vide il folletto che faceva sbattere le capre. Allora il pastore si mise a gridare: “Non c’è bisogno che le conti tu, Pundaccju! Le ho già contate io e sono più di cento”. In realtà erano solo una cinquantina ma non poteva dire la verità, altrimenti le sue capre sarebbero morte nel giro di poche notti. Il folletto, vistosi scoperto, saltò sul cavallo e lo lanciò al galoppo lungo i sentieri sassosi, ritornando da dove era venuto. Da quel giorno il povero pastore fu tormentato dalla presenza del folletto.

 

Una notte, mentre dormiva nel suo letto, sentì qualcosa che lo toccava, come due mani che lo palpassero in tutto il corpo. Il folletto allora incominciò a saltargli sulla pancia, rimbalzando fino al soffitto come una palla; a ogni salto il povero pastore si sentiva soffocare, ma continuò a stare fermo. E quando il folletto gli saltò dalla pancia al petto, il pastore si alzò di colpo e gli rubò la prima berretta delle sette che aveva in testa. Il folletto si fermò di scatto: nessuno era mai stato così veloce da rubargli una delle sue berrette.

“Ridammi la mia berretta, ladro di un pastore!” strillò adirato. “Nemmeno per sogno!” rispose il pastore “Prima dovrai dirmi dove nascondi il tesoro!”. “Quale tesoro? Io non ho nessun tesoro!”. Ma il pastore non mollò: “Io so, invece, che tu sei molto ricco, mio caro folletto. Perciò se non mi risponderai, io butterò la berretta nel fuoco” Niente poteva spaventare di più il folletto. “No, tra la cenere no!!!” strillò il folletto. “E allora dimmi dove si trova il tesoro” ribatté il pastore. Il folletto si arrese e rispose: “Si trova a due passi dal tuo letto! E ora ridammi la mia berretta.” “Non adesso- rispose il pastore- altrimenti tu potresti ridurre il mio tesoro in cenere”. Dopo di che il pastore incominciò a scavare fino a trovare il tesoro. La sua fortuna era fatta! “Io ho mantenuto la mia parola e ora tu ridammi la berretta” gridò il folletto.

 

Ma il pastore, con un gesto improvviso scagliò la berretta nella cenere e, mentre il folletto si avvicinava al caminetto, lo spinse, facendo cadere anche lui nella cenere. Subito dopo se la svignò con il tesoro. Da quel giorno il pastore non ebbe più bisogno di allevare capre.

 

 

Anche in questo periodo di crisi si avrebbe bisogno di trovare il tesoro nascosto di un folletto, buono o maligno non importa, ma quei folletti, oggi, non esistono più.

Nella civiltà moderna sono rimasti solo i cattivi folletti informatici che si chiamano "Hackers" , ma quelli, il tesoretto, se ce l’hai, lo scovano e te lo portano via.

 

   
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