LA DOMENICA DEL BOSCO
Scritto da Giuseppe il 14 Ottobre 2012 | 28 commenti- commenta anche tu!
Anche oggi, come in altre occasioni, nel formularvi l’augurio per una Felice Domenica, voglio raccontarvi una vicenda risalente al periodo tra agli anni ‘60/’70 del secolo scorso. È una storiella simpatica che può dare un’idea di come si svolgeva la vita sociale mezzo secolo fa.
Marco, ottimista, estroso, allegro, sempre disponibile, sapeva prendere la vita come viene, non si abbatteva mai e per ogni contrarietà sapeva trovare le risorse giuste per risolvere sempre in modo positivo. Aveva un’ottima intesa in tutti i sensi con la moglie Marisa che amministrava l’economia familiare ma che, per le decisioni sulle spese importanti, la gestione della casa ecc., si consultava sempre preventivamente con il marito e decidevano insieme anche in dipendenza delle scarse risorse disponibili.
Emilio, timido, chiuso, senza volontà propria, dipendeva completamente dalla moglie Anna, brava donna che, nel bene e nel male doveva dirigere il marito ed era costretta a prendere le decisioni da sola per tutte le necessità della casa e della famiglia in quanto tutte le volte che aveva tentato di coinvolgere il consorte nelle decisioni sul da farsi, aveva ricevuto la risposta “Fai tu, va bene come decidi tu”, per cui andava avanti da sola.
Emilio e Marco, entrambi tecnici elettricisti lavoravano in una importante Azienda di Stato, addetti alla manutenzione degli impianti delle stazioni nella principale linea ferroviaria della Regione. Abitavano in una cittadina a circa 40 km dal capoluogo ed erano vicini di casa. Il ‘27’, giorno dello stipendio, arrivava puntuale ogni mese e i due bravi colleghi consegnavano in casa la busta paga e l’intero importo in lire.
Le loro mogli erano amiche e ogni mattina uscivano insieme per andare a fare la spesa così avevano modo di confabulare e confrontarsi sul lavoro e sui guadagni mensili dei propri mariti. Anche una piccola differenza di qualche migliaio di lire in più, a volte dell’uno, a volte dell’altro, derivante dalle competenze accessorie per gli incarichi svolti, era motivo di orgoglio sul valore e l’importanza in Azienda del proprio coniuge.
Al lavoro sui tralicci dell'alta tensione
Mentre Emilio riceveva di ritorno da Anna una quota di 10 mila lire per le sue piccole spese, comprensive delle sigarette, Marco lasciava tutto alla moglie, non fumava ma soprattutto aveva un suo geniale sistema per guadagnarsi quanto poteva essergli utile per le spese personali e, all’occorrenza, per offrire un caffè ad un collega o amico. Marco, infatti, nei suoi spostamenti per lavoro viaggiava portandosi sempre appresso un grosso borsone dentro il quale trasportava di tutto: bottiglie riciclate riempite con moscato o malvasia acquistati nella cantina del paese e che poi andava a rivendere a prezzo maggiorato ai colleghi del capoluogo spacciando il tutto come se fosse di produzione propria. In effetti, per eredità paterna, possedeva un vigneto con pochi filari di viti, dal quale poteva ricavare giusto un centinaio di litri di vino appena sufficiente per il fabbisogno di casa ma lui lasciava intendere che aveva anche una abbondante produzione di moscato e malvasia riuscendo a convincere gli ignari acquirenti della genuinità del prodotto. In senso inverso trasportava qualche bottiglia di brandy nazionale che acquistava all’ingrosso in città e rivendeva agli amici del paese sempre a prezzo maggiorato ma comunque inferiore a quello corrente dei bar locali. Anche in questo caso riusciva a convincere gli acquirenti che si trattava di un prezzo di vero affare. Lui ci guadagnava comunque sempre qualcosa ma lasciava intendere che lo faceva solo per amicizia senza scopo di lucro. Veramente furbo oltre che bravo Marco.
Tra Anna e Marisa continuava il loro incontro quotidiano per andare insieme al mercatino a far la spesa. Anna aveva confidato con orgoglio all’amica che nel mese in corso avrebbe pagato l’ultima rata del frigorifero e che il mese successivo avrebbe acquistato le scarpe e un po’ di abbigliamento ai suoi due bambini Giorgio e Laura in continua crescita e che dopo, finalmente, avrebbe potuto impegnarsi con un’altra rata mensile per l’acquisto del televisore che ancora non avevano. Marisa, con malcelata modestia rispondeva che se le cose si fossero messe bene, forse l’anno successivo avrebbero pensato di acquistare l’auto, magari una utilitaria anche se di seconda mano perché Marco ci teneva tanto ad averla.
Treno regionale anni'65 a due piani
Erano anni difficili con una inflazione senza controllo che riduceva consistentemente il potere di acquisto soprattutto per le famiglie a reddito fisso come quelle di Marco ed Emilio.
I due amici aspettavano la conclusione delle interminabili trattative sindacali per il rinnovo contrattuale e speravano in un cospicuo miglioramento salariale che avrebbe potuto portare beneficio alla ormai precaria situazione economica familiare. Anche allora arrivare a fine mese era sempre un grosso problema.
Finalmente le trattative arrivarono alla conclusione con la firma degli accordi che stabilivano, a sanatoria del periodo pregresso, una erogazione immediata ‘fuori busta’, di un importo variabile sulla base della qualifica rivestita.
Sia Marco che Emilio ricevettero 160 mila lire ciascuno. Marco voleva tenersi per sé questa cifra al fine di poter ampliare il suo traffico commerciale porta a porta e consigliò ad Emilio di tenersi quei soldi per lui senza dire niente ad Anna. Gli disse che lui voleva fare una sorpresa a Marisa per il Natale ormai prossimo e gli consigliò di fare altrettanto. Ad Emilio parve buona l’idea e acconsentì dicendo che avrebbe fatto così anche lui. Marco si senti tranquillo, tenne i soldi per sé e non disse niente a Marisa. Emilio invece dopo qualche istante del suo arrivo a casa consegnò il gruzzoletto ad Anna dicendole “Ecco, ci hanno pagato gli arretrati” ma non dire niente a Marisa. Manco a dirlo è chiaro che Marisa il giorno dopo venne a sapere proprio da Anna del pagamento di questi arretrati e se la prese giustamente con Marco non tanto per i soldi ma per non averla informata e per la brutta figura fatta con Anna. Marco riuscì a rappacificarla spiegandogli quali erano le sue intenzioni sul regalo a sorpresa che avrebbe voluto farle e tornò la pace in famiglia. È chiaro che la grossa litigata avvenne il giorno dopo tra Marco ed Emilio. Quest’ultimo venne trattato da deficiente, buffone e incoerente per cui l’amicizia tra i due colleghi di lavoro fu fortemente incrinata. Anna e Marisa, invece, continuarono ad uscire insieme raccontandosi vicendevolmente le loro cose e quelle dei rispettivi ignari mariti.
Marco riprese i suoi traffici commerciali di moscato e malvasia dal paese alla città e di liquori, cioccolati vari ed altro in senso inverso. Tutto procedeva secondo i piani ma nel suo animo meditava vendetta.
Trascorsero diversi mesi e Marco, dai suoi traffici, riuscì ad accumulare una cifra e un giorno nel rientrare a casa consegnò a Marisa la somma di ben 300 mila lire dicendole che era il pagamento di ulteriori arretrati di competenze ancora relative al nuovo contratto di lavoro. Marisa ne fu felicissima e la mattina dopo, ovviamente, chiede ad Anna quanto aveva ricevuto Emilio di ‘arretrati’. Anna rimase di stucco, lei non aveva ricevuto proprio niente e la sera chiese giustificazioni all’ignaro Emilio. Questi negò vivacemente ma vista l’insistenza di Anna chiese di essere messo a confronto con Marco.
Marco confermò la sua versione alla presenza di tutti dicendo ad Emilio: “Senti come li ho presi io quei soldi, li hai presi anche tu, che ne hai fatto, perché non li hai dati a tua moglie? Fu la rottura definitiva dell’amicizia tra i due colleghi ma anche una bella lezione per Emilio.
Carissime Amiche ed Amici del Bosco, dopo aver letto questo spaccato di vita del secolo scorso, fatto realmente accaduto, come giudicate i due personaggi Marco ed Emilio e le loro gentili signore Anna e Marisa? Cosa avreste fatto voi al loro posto e come pensate che si sia conclusa la vicenda? Grazie per la cortese partecipazione.



Càspita che storia, Pino. E per di più vera. Vuoi un parere? Delle due l’una: o parlare sempre o non parlare mai. Troppo pericoloso parlare e tacere parzialmente. Soprattutto se in quattro. Che cosa avrei fatto io? Ma avrei parlato perbacco. Mi rimane oscura comunque la possibilità di tenere segreto quel traffico commerciale porta a porta. Ma come si fa? Buona domenica, Pino e grazie di averci strappato un sorriso.
Bene Lorenzo, siamo qui anche per riuscire a sorridere tra amici e mi fa piacere se qualche volta ci riusciamo. Il traffico porta a porta faceva parte dell’arte di arrangiarsi molto diffusa in altri periodi ma forse ancora anche oggi, almeno in certe regioni. Grazie.
Bello e molto vero il racconto Giuseppe, anche dalle mie parti negli anni 50/60 si usava fare questo commercio, un poco particolare, il mio paese era famoso per una altrettanto famosa scuola edile, tutti i ragazzi che uscivano con il diploma dalla scuola avevano un lavoro assicurato sulla piazza Milanese, poi essendo quasi tutti questi giovani figli di contadini, o figli di operai ma che nello stesso tempo facevano i contadini part time come si dice ora, tutti i venerdi mattino partivano per la città con le sporte piene di prodotti della terra, uova polli e conogli, e anche qualche bel salame, da rivendere ai Milanesi che per il fine settimana non potevano lasciare la città per venire in campagna come si usava dire allora.
Per tutti questi lavoratori era cosa normale fare un commercio simile a quello che tu racconti, e chi non aveva abbastanza da vendere era scontato che si rivolgesse agli amici, per un aiuto, cosi che alcune volte o per invidia, o per vero e proprio egoismo, capitava che si rompessero amicizie.
ora viene la parte più scabrosa del mio racconto, e quelli che si sentono tirati in causa non me ne vogliano, perche questo è riferito ad un paesino di circa mille abitanti, dicevo tutti quelli che poi per invidia raccontavano che l’amico non vendeva niennte di suo, alla fine sono diventati dei commercianti nella vicina città.
saluti a tutti Riccardo.
Ecco descritto molto bene il tipico modo italiano “di arrangiarsi”. Negli anni indicati si era in pieno boom economico, tuttavia, il benessere non riguardava tutti, ovviamente.
Simpatica la storia e fa bene sorridere un po’: grazie Giuseppe.
Come si sia conclusa questa biasimevole vicenda poco m’importa. Come giudico i personaggi della storia? Beh, ritengo che l’unica vittima sia il povero Emilio, unica persona pulita e onesta di tutto il gruppetto. Le “gentili signore”, invece, nascondono sotto la parvenza di amicizia un pizzico di gelosia e di cattiveria. Marco è sicuramente un “maneggione” senza scrupoli, privo di qualsiasi valore amicale nei confronti di quello che definisce il suo amico Emilio, la cui moglie Anna, peraltro, avrebbe dovuto credere al marito che con lei è sempre stato sincero, invece che obbligarlo al confronto col vile amico.
La mia conclusione è che non sia affatto stata una “bella lezione” per Emilio ma una gran bastardata da parte di Marco.
Molto bene Ric, hai integrato il racconto di questa Buona Domenica con la realtà allora esistente ma che continua ed è valida ancora oggi. É il classico modo di arrangiarsi all’italiana per far fronte alle necessità quotidiane ma che in moltissimi casi, come hai detto tu, si rivela un efficace tirocinio per iniziare un mestiere o una professione che può essere proficua per risolvere il problema dell’esistenza.
É vero Giovanna, nel 1964 la lira italiana ricevette l’oscar dell’economia ma la vicenda raccontata si svolge alcuni anni dopo a cavallo tra gli anni ’60/’70 quando gli effetti del boom economico era già in forte calo con una inflazione che saliva progressivamente e andava a depauperare le conquiste fino ad allora realizzate.
Grazie Giò per la tua costante disponibilità e collaborazione, continuiamo così.
Franci, il tuo commento merita tutta l’attenzione perché nella circostanza hai assunto il ruolo di Pubblico Ministero che ti si addice perfettamente. Concordo con il tuo giudizio puro e semplice ma preciso che io ho voluto solo descrivere la personalità dei personaggi i quali hanno ciascuno il suo difetto e forse più di uno. Propendere per l’uno o per l’altro si rischia di non inquadrare bene la realtà dei fatti di una vita sociale che sia ieri che oggi, non è cambiata. Grazie sei sempre coerente e preziosa.
La vendetta è un arte: deve essere preparata con razionalità, le vendette vsotto l’influsso impulsivo non sono efficaci.
la vendetta deve esserevstudiata nei minimi particolari (Marco)compreso il rapporto effetto-conseguenza. E per organizzarla come si deve ci vuole tempo e il momento giusto per attuarla anche se dovessi asppettare una vita.
Una vendetta fatta bene non segue la legge del taglione ” Occhio per occhio dente per dente”, ma il rapporto deve essere uno a tre. Cioè ricevi uno e ne dai indietro almeno tre.
Le consiglio all’amico Marco…. di leggere il Conte di Montecristo, credo che Alexander Dumas era un maestro dell’argomento. La saluto cordialmente.
Secondo me non bisognas vendicarsi, altrimenti ti abbassi al loro livello…l’indiffernza e l’arte sottile dello “sbattersi” sono la cosa migliore…parole giuste…peccato che me le dimentico spesso, e lla fine ci si trova dalla parte del torto. La vendetta è un piatto che va servito freddo, dice bene questo detto, si preticamente perfetto per un aperitivo.
Ergermi a Pubblico Ministero? Per carità, non ci penso neanche. Sbaglio, o la domanda finale dell’estensore era “..come giudicate i due personaggi Marco ed Emilio e le loro gentili signore Anna e Marisa..?”. Ho semplicemente risposto alla domanda comunicando il mio pensiero.
La vicenda propone veramente il vissuto umano, psicologico dei rapporti che possono scaturire da presunte amicizie. Infatti come possono sussistere amicizie tra personaggi così diversi nel carattere e nei sentimenti ? Marco con lo spirito del commerciante si “ arrangiava” , senza .,però, mi pare danneggiare i compratori con prodotti insani, cercando solo il piccolo guadagno per migliorare la propria esistenza; Emilio si accontentava e viveva senza troppi problemi. Le mogli??? Queste sì, hanno incrinato il rapporto tra le due famiglie : false, gelose e chiacchierone. Non so come potrà essere finita la storia, ma consiglierei a tutti e quattro i personaggi , di cercarsi amici veri e sinceri
Scalabrino, c’è sempre il pro e contro in tutte le cose ma esiste anche la giusta misura ed è bene applicarla tutte le volte che risulta possibile. Come si dice solitamente, la verità sta nel mezzo quindi ogni estremismo in un senso o nell’altro è da evitare in tutti i casi.
(p.s. non conosco il significato del tuo pseudònimo che mi sa tanto tratto da una novella Boccaccesca: se puoi chiarirci… ti ringrazio).
Si Volpino, ciò che tu consgili per la vendetta a freddo mi pare che il personaggio Marco la abbia applicata alla perfezione, forse anche senza aver letto “Il Conte di Montecristo”. Mi astengo dal giudicare.
Grazie per le precisazioni.
Vero Franci e nel comunicare il tuo pensiero hai fatto una analisi perfetta sulla personalità psicologica dei personaggi ed hai espresso un tuo giudizio giusto ed eqilibrato ed ecco, da parte mia, l’accostamento al Pubblico Ministero, ritenendolo un pregio. Grazie ancora.
Vero miracolo economico Italiano quegli anni, con un impetuoso e veloce sviluppo industriale, e tutti si arrangiavano anche con doppo turni di lavoro per accappararsi magari una lambretta per poi passare alla mitica 500. Ritornando alla storiella Marco pur rischiando il posto di lavoro poichè vige la regola che chi lavora in un posto pubblico non può fare un’altro lavoro, si arrangiava con le sue doti di commerciante saltuario per raccimolare qualche migliaia di lire, mentre invece Emilio tirava a campare aspettando il mitico giorno 27 e per lui ogni giorno era uguale, quante volte la vita ci porta a dire piccole bugie a volte per nascondere qualcosa, oppure per non dare mille spiegazioni, è anche vero che una piccola bugia a volte ha fatto perdere l’amicizia,o un rapporto di fiducia, nel nostro caso le mogli hanno parlato troppo, vuoi per invidia vuoi per gelosia, o si dice tutto fin dal’inizio oppure è sempre valida la famosa storiella delle -scimmiette-” non vedo,nn parlo,nn sento.
Giusta analisi la tua Edis ma io non sarei così drastico da sfasciare tutto per cercare altri amici “veri e sinceri” perché i nuovi amici, ammesso che si possano trovare facilmente, potrebbero essere peggiori dei primi. Io sarei più propenso che a cose ormai avvenute sia possibile un chiarimento ed una riconciliazione con una bella spaghettata tutti insieme e una bicchierata, tanto il vino lo mette Marco di produzione propria. E finisce tutto in allegria così come in reltà è stato. Grazie Edis.
Verissimo Nembo, a posteriori possiamo fare tutte le ipotesi possibili ma la vicenda si è svolta così come l’ho raccontata perché volevo inquadrare bene la situazione dei rapporti umani che potevano nascere in quel preciso periodo.
Come sottotitolo ho scritto “Storia di Miseria e Nobiltà” ma di proposito mi sono astenuto dallo svelare che alla fine ha prevalso la nobiltà d’animo dei personaggi della vicenda che hanno preferito riconciliarsi riunendosi al desco con tarallucci e vino per tutti.
Signor Giuseppe il mio nome non si trova nelle novelle del Boccaccio, è semplicemente un nome qualsiasi come tanti. Vuole chiarezza ed eccola sono una persona che usa Internet, e mi interessano i blog, e per me sono anche luoghi di ricerca di studio, quindi tutto apposto, Giuseppe non so se lei è il referente di questo blog, se lo è le auguro un buon lavoro, se troverò interessanti certi post mettoro un mio commento. Mi scuso se vi ho rubato un pizzico di tempo “chiarire”. Chiedo scusa hai frequentatori se sono stato lungo, buona serata Giuseppe e buon divertimento agli utenti di questo blog.
Mi piace il tuo racconto Giuseppe e’ uno spaccato di vita di quegli anni ,i salari cominciavano a perdere il loro potere d’acquisto e ,i cosi’ detti “furbi “cercavano di arrotondare lo stipendio arrangiandosi in mille modi possibili.Non mi piace la figura di Marco ,perche’trattare cosi’ un amico semplice e sembra buono?Mi sembra un grosso ragno in un angolo in attesa del momento buono per prendere la preda.Anche la moglie mi sembra piu’ che un amica una ambiziosetta,Anna poi avrebbe avuto avere piu’ fiducia nel suo uomo ,ne aveva motivo per credergli.Pero’voglio sperare che su utto possa prevalere il buon senso e una buona bicchierata concigli i quattro amici.
Bene, ciò non toglie che Scalabrino, nome poco frequente, potrebbe essere anche uno pseudònimo che volendo può essere usato al posto del vero nome che non si vuole svelare. Per quanto riguarda il Blog del Bosco sono stato invitato a collaborare con la redazione e lo faccio voletieri. Se vuoi partecipare con un tuo scritto, un tuo elaborato, un tuo racconto… puoi farlo::: Il Bosco è aperto a tutti, ci diamo tutti del ‘tu’ indipendenemente dall’età (che non chiediamo a chi non vuole rivelarla), stiamo bene tutti insieme da buoni amici. La tua presenza e le tue visite nel Bosco sono sempre gradite e sei quindi il benvenuto ogni volta che entri. Un salutone e a presto.
Grazie Sandra non dubitavo del tuo apprezzamento. La storia ha una base vera ed effettivamente rispecchia la situazione sociale dell’epoca ma gli aspetti caratteriali dei personaggi li ho inseriti io per colorire un pò la vicenda.
Devo dirti che i quattro si sono chiariti e sono rimasti amici…. anzi la vicenda è servita per rafforzare l’amicizia e si sono riuniti attorno ad un tavolo per mangiare tutti insieme un bel piatto di ‘malloreddus’ con salsiccia, mezzo porchetto cotto alla brace e bere un buon bicchiere di vino. Prosit. La vicenda è finita bene e tutti vissero felici e contenti.
la verita viene sempre a galla
Giosuè, ma possibile che non si possa nascondere niente, neanche a fin di bene? Siamo tutti controllati con telecamera o senza. Ciaooooooo
Se ho imparato qualcosa, in questi ultimi anni, è che i fautori della “teoria delle tre scimmiette”… hanno aggiornato la loro “versione” con una NEW- APP:
– non Vedo, non Sento, non Parlo… MA SPARLO” –
Così come ho imparato, che quando qualcuno “ciurla troppo intorno al manico” con frasi di apprezzamento sulla tua persona, fin troppo mielose… e conclude dicendo:
– Oh si!… mi devi credere, io sono una persona “sincera” –
di fatto…ti ha già rifilato la prima BUGIA!
Da sempre, si sa che quando si pronunciano le fatidiche parole “mi raccomando, di te mi fido…” nel giro di un nano-secondo parte il bla-bla-bla…che non manca mai di quella particolare cura e solerzia che ognuno mette – forse spinto da risentimenti personali, desiderio di rivalsa e quant’altro – nell’aggiungere sempre del “suo” e alla fine, i guai arrivano!
Nei rapporti interpersonali di qualsiasi tipo, sarebbe buona norma tracciare una “linea di confine” oltre alla quale non sia consentito a chiunque di addentrarvisi…
ERGO : le situazioni che riguardano la sfera “personale e privata” di qualsiasi genere o natura esse siano… andrebbero preservate e difese – sempre – nell’unico modo possibile… tenendosele per se!
Cara Carlotta, i segreti non esistono perché in effetti chi lo detiene sente il bisogno di confidarlo alla persona amica della quale ritiene di potersi fidare, questa a sua volta lo confida ad un’altra amica/o e cosi via finché il ‘segreto’, dopo aver completato il giro di tutte le ‘persone fidate’ ritorna a quella che lo aveva svelato per prima ma il segreto non è più quello originale: è deformato, allargato, ingigantito, alterato, deturpato, falsificato, contraffatto, sofisticato, modificato, adulterato anche se spacciato sempre per originale da non svelare mai a nessuno. Concordo con quanto hai detto, cioè, che le situazioni che riguardano la sfera “personale e privata” di qualsiasi genere o natura esse siano… andrebbero preservate e difese – sempre – nell’unico modo possibile… tenendosele per se! Giustissimo ma chi ci riesce?
Il segreto è sempre un peso del quale si sente la necessità di liberarsi……
Caspita Giuseppe!… la tua “catena di Sant’Antonio” ha ulteriormente rafforzato le mie convinzioni, benchè non ce ne fosse il ben che minimo bisogno ^_^
Se, nonostante queste premesse, ancora c’è chi si ostina a non “voler riuscire” a salvaguardare il proprio privato… non so proprio che dirti, anche queste sono scelte.
De gustibus non disputandum
Va detto però, che di persone affidabili, discrete e leali che non violerebbero mai la fiducia che è stata in loro riposta… nel nome e nel rispetto di un’etica in cui credono fortemente ed è da sempre parte del loro modo di essere e di porsi verso gli altri, ce ne sono ancora…ed avere la fortuna di incontrarle è un vero dono!
Hanno la capacità di farti andare oltre certi “meccanismi malsani” e ti restituiscono la fiducia e la consapevolezza che intorno a noi non tutto è marcio come sembra… anzi!
Bene, benissimo, vero, verissimo.
Per non restare completamente delusi
del comportamento del prossimo
dobbiamo ancora credere che
le persone affidabili, discrete e leali
esistano e si possono incontrare.
É utile pensarlo per avere ancora fiducia
negli altri e in noi stessi.
Ma sono eventi rari, rarissimi
e può essere ancora vero
che chi trova un amico, trova un tesoro.
Ma se lo hai trovato,
ti prego, non dirlo a nessuno.
Ciao Carly.