La Domenica del Bosco

 

   

Una bambina nata piccolissima ma con una grande voglia di vivere è cresciuta, divenuta adulta, poi moglie, madre e nonna e, ora, oltre che assidua frequentatrice/collaboratrice del Bosco è anche nostra amica carissima per cui ci racconta questa storia di sé e della sua famiglia. Non svelo il nome ma lo scoprirete leggendo questo racconto che racchiude una bellissima storia d’amore vissuta in tempi certamente non facili. Naturalmente non mancherete di esprimere il vostro giudizio accompagnato dai complimenti che ritengo siano assai meritati. Vi ringrazio augurandovi una

Buona e Serena Domenica.

   

   

 

Si scrivono grandi parole sull'amore, si scrivono poesie in nome di quell'amore che si può manifestare oppure no; questa è la storia di due persone che si sono trovate sole, in una città diversa da quella in cui erano cresciuti.

Lei una bella mora di appena diciannove anni con tanti capelli raccolti in una treccia, lui 23enne emigrato in cerca di lavoro dopo la seconda guerra mondiale. Lei si affacciava alla vita dopo aver trascorso la sua infanzia in un Istituto per orfani. Non aveva mai visto la propria mamma, l’unica occasione del loro incontro era stata il giorno delle sue dimissioni dall'istituto e si era trovata in grande imbarazzo perché non sapeva come approcciarsi con questa donna che per lei era un’estranea. Si era trovato un lavoro ed era sola per il mondo.

Lui dopo la guerra, come tanti altri Italiani in cerca di lavoro, si era avventurato nella vicina Svizzera e, fermandosi a Berna, viveva con il fratello in una camera affittata, in una casa privata. La proprietaria, Frau Ingrid, controllava che i comportamenti dei giovani fossero moralmente decorosi e rispettosi. Sullo stesso pianerottolo, una camera più avanti, abitava la bella mora insieme ad una sua cara amica. Lei si chiamava Agnese e l'amica Adele. Lui si chiamava Roberto e suo fratello Italo.

Agnese lavorava come stiratrice in una lavanderia industriale, Roberto faceva il barista, dapprima sulle vetture dei treni, poi in un bar della città. Adele e Italo lavoravano nello stesso ristorante,  lui come cameriere e lei come cuoca.

Pur abitando sullo stesso pianerottolo, dividendo  lo stesso bagno in fondo al corridoio, così come la cucina comune al primo piano,  Roberto e Agnese non si conoscevano, non avevano modo di vedersi perché avevano orari diversi.

Italo e Adele, unici italiani del ristorante, avevano lo stesso giorno di libertà e ogni tanto condividevano un caffè o, nella bella stagione, una passeggiata per un gelato insieme. Adele era una bravissima cuoca ma non sapeva né stirare né cucire per cui chiese ad Agnese la cortesia di sistemarle un vestito per uscire il martedì con Italo, non erano ancora fidanzati ma il sentiero che stavano percorrevano era quello.

 

Con una macchina da cucire a mano, Agnese sistema il vestitino e lo stira a dovere: quel martedì la sua amica Adele era molto carina. Italo si presenta all'appuntamento un poco sciatto e la sera dopo le due amiche, parlando tra loro in confidenza, decidono di fare in modo che quei pantaloni e quella camicia avessero più corpo. Agnese lava e stira pantaloni e camicia e li riconsegna a Italo che però il martedì successivo, quando si presenta a prendere Adele, i pantaloni e la camicia non sono più in forma come quando erano stati consegnati ma, già cadenti e stropicciati. Le due ragazze si chiedono come mai ma non ne vengono a capo. Intanto il tempo passa e finisce l'inverno, le giornate si allungano e qualche volta la sera Agnese va incontro all'amica al ristorante. Italo periodicamente le chiede di lavare i suoi vestiti della festa e poi anche quelli di lavoro. Una sera d'estate mentre Adele era seduta con Frau Ingrid in veranda vede rientrare un signore con gli stessi abiti di Italo. Chiede a Frau Ingrid chi sia  e la donna risponde è il fratello di Italo.

Ecco svelato il mistero, i due fratelli avevano un solo paio di pantaloni e una sola camicia, che tutt’e due utilizzavano nel giorno di riposo. Si è poi saputo che avevano anche un solo paio di scarpe nere che utilizzavano alternativamente.

Roberto trova lavoro al Casinò Kursal club, come barista. Molte signorine che frequentavano il club non disdegnavano di corteggiarlo e lui non disdegnava la loro compagnia. Al Kursal ci andavano per ballare i giovani, ragazze e ragazzi. Una sera Adele e Italo invitano Agnese ad andare con loro, era una bella ragazza ma schiva, forse per via della vita sociale in Istituto per cui rimaneva spesso isolata e in disparte. Iniziarono i balli, molti la invitavano ma lei rifiutava, sebbene le gambe sotto il tavolo si muovessero da sole seguendo i ritmi della musica.

Una sera però, dopo il lavoro, bussano alla porta di Agnese, era Roberto con in mano due paia di pantaloni e due camicie e chiese ad Agnese se poteva lavarli e sistemare. Erano per lo più da stringere: aveva acquistato dei pantaloni usati da un collega.

Agnese prende le misure, inizia a stringere imbastendo e facendo provare i capi prima di cucirli poi li finisce e li porta in chimica a lavare.

Consegna i capi a Roberto che promette di portare anche altri amici e così Agnese dopo il lavoro incrementa le sue entrate, per lei questo è molto importante perché così ha anche la possibilità di spedire qualcosa alla mamma.

 

Sta di fatto che tra un orlo, una tasca da sostituire o il collo di una camicia da rivoltare tra Agnese e Roberto inizia anche un'amicizia. Quando possono con Italo e Adele, vanno a ballare o a fare qualche picnic lungo il fiume.

Agnese dapprima molto chiusa, si appoggia a Roberto e, sempre con più frequenza, va con delle altre amiche al Kursal, dove lavora Roberto, e per farlo tribolare un poco, sporca di proposito il bordo dei bicchieri col rossetto (sottile astuzia di malizia femminile).

L'amicizia diventa affetto, l'affetto diventa amore, e iniziano a fare progetti, lei continua a fare riparazioni dopo il lavoro, lui riesce a diventare capo cameriere e mettono via dei soldi per il loro futuro, in previsione di un matrimonio, ma, Agnese rimane incinta e il 6 novembre del 1948 si sposano nella cattedrale di Berna senza parenti ma con qualche amico e pochi soldi fanno il pranzo nel ristorante, dove Adele e Italo lavorano. I regali ricevuti sono sei forchette, sei cucchiai, sei coltelli e un cesto di mele rosse. L’unione è fatta e vanno a vivere insieme, il 18 dicembre nasce Renzo, il primogenito.

Dopo tanti sacrifici, Roberto, vuole tornare in Italia e, cerca lavoro presso una casa di spedizione a Chiasso, lei sempre in una lavanderia a Lugano, hanno un'altra figlia Manuela e riescono ad acquistare il terreno per costruire la loro casetta.... iniziano però dei problemi di salute per la loro bambina e i lavori si fermano per far fronte alle spese. Allora fanno gli straordinari, lavorano a cottimo e, non si sa come, riescono a far a portare al tetto la casa ed anche a pagare le spese dell'ospedale perché  il lavoro in svizzera non era coperto dall’assicurazione mutualistica.

Dopo sette anni di matrimonio e una gravidanza strana, nasce la terza figlia, Enrica, nata di sette mesi pesava un chilo e 350 grammi, è messa in incubatrice per 47 giorni, non ha unghie ma è piena pienissima di capelli, questo scricciolo non si può abbandonare. Agnese si licenzia dalla lavanderia e mentre accudisce la figlia lava a mano per una caserma della guardia di finanza che c'è in paese. Lavaggio a mano e stiratura di lenzuola, divise militari e abiti civili di una comunità di 40 unità oltre ad accudire una famiglia di 5 persone.

Agnese è una donna forte e Roberto un uomo deciso, insieme riescono a terminare la costruzione della casa e vanno ad abitarci. Intanto, con il latte materno, la bimba nata prematura cresce bene e diventa una bella bimba.

 

Dopo 5 anni Agnese  rimane di nuovo incinta, ha 40 anni e un figlio di 18 e si vergogna della nuova maternità. Insorgono  problemi di salute e i medici consigliano un aborto terapeutico ma proprio Renzo, il figlio più grande, chiede alla mamma di non farlo e anche Agnese è della stessa idea. Le risorse dell’essere umano a volte sono inspiegabili, la gravidanza va avanti e nasce una bambina di kg 5,100, la chiamano Cinzia, la mia sorellina più piccola.

Sono cresciuti tutti, con tanti sacrifici in una casa povera ma dignitosa Agnese e Roberto con tante vicissitudini, malattie e sacrifici sono stati insieme tra alti e bassi ben 55 anni, si sono rincorsi anche nella morte prima lui e poi lei.

Lui la cercava sempre, diceva: "Guai a chi tocca la mia Agnese" e l'ultimo giorno che si sono visti, lui in un letto di ospedale e lei nella sedia a rotelle, posta sul lato sinistro del letto, si sono guardati, si sono presi per mano e non hanno detto una sola parola solo si guardavano, due delle loro figlie non hanno saputo trattenere le lacrime, le ultime parole di Roberto sono state: “Ti ho sempre voluto bene e ora che sto per morire te ne voglio ancora di più”. Agnese e Roberto erano la mia mamma e il mio papà, non eravamo una famiglia perfetta, a volte litigavano di brutto, ma non sapevano stare lontano uno dall'altra.

Non ho mai sentito chiamare amore nessuno dei due, ne tesoro, ne nomignoli strani, mai li ho visti in atteggiamenti particolari, solo, a volte la mamma, non lo sopportava più e gli diceva vai in paese, vai fuori dalle scatole, e lui naturalmente rispondeva, che nessuno doveva dirgli cosa fare... li vedevo fare conti e dividere quei pochi soldi, li ho visti ridere e ballare, ricordo la gelosia del mio papà per lei, e la gelosia per noi, ricordo le canzoni che cantavamo con la mamma, era felice davanti alla macchina da cucire, mi diceva "starei qui tutto il giorno ", guardava la tele facendo l'uncinetto, le sue mani tutte storte non erano mai ferme.

 

Ricordo lui che andava a lavrare in moto, mai abbiamo avuto un'auto, d'inverno portava i giacconi che la mamma faceva e che foderava con le pelliccette dei nostri conigli  che lei stessa conciava ma lui comunque metteva anche dei fogli di carta di giornale dentro il giubbotto per ripararsi dal freddo. D’estate quante cose facevano: lui andava a fare provvista di legna per scaldarci d'inverno, a raccogliere il fieno per i conigli e le galline, lei preparava le verdure sotto sale, la giardiniera per Natale, l'uva americana in solaio per l'ultimo dell'anno. A novembre venivano macellati i maiali: salami, prosciutti e pancetta nella nostra cantina  e la carne nel nostro freezer non mancavano. Per Natale, venivano diverse persone a comperare, una gallina, un coniglio, un gallo, un tacchino e anche questo aiutava ciò che ora chiamano budget familiare. La mattina di buon'ora ci svegliavano e mentre noi tutti ci preparavamo mamma aveva fatto già la pasta in casa e papà aspettava mio fratello che tardava sempre ad alzarsi per andare al lavoro.

Quando ero piccola, a volte i compagni di scuola mi chiamavano contadina, mio papà mi diceva che era meglio esser contadine che essere in giro con il naso all'insù, che se non ci fossero più contadini e allevatori o pescatori, anche le signorine “tu mi stufi”, morirebbero di fame.

Sono diventati nonni e avevano qualche difficoltà a dire qualche nome dei nipoti Damiano diventava a volte Giuliano o Graziano e ci dicevano... ma che nome è?

Ognuno di noi aveva un soprannome, mio fratello era Agnelli, perché aveva macchine grandi, mia sorella Emanuela perché amava vestirsi bene la chiamavano “Sue Ellen”, io “Mentina” perché ero golosa di caramelle e Cinzia “Pagnoschi” perché era ghiotta di pane.

Forse l'amore è anche questo... poche parole tante litigate ma insieme e uniti, comunque, nelle avversità del vivere.

Italo e Adele si sono sposati, erano i miei zii, Adele, l'amica di una vita della mia mamma, le univa la lontananza dalla propria casa, e dalla famiglia, le teneva unite la voglia di ascoltarsi e il fatto di voler bene a due fratelli sicuramente molto tosti ma concreti: veri uomini.

     

Ennio Morricone - For love one can die

http://www.youtube.com/watch?v=E0BRyvrTrGo&list=FLNSrLyPMe3ffjMLZJhkN44g


COMMENTI

  1. il 24 febbraio, 2013 serghei dice:

    Complimenti Giuseppe per quello che hai pubblicato, io conosco questa persona personalmente, però la sua storia non la sapevo. Devo dire che una persona splendida e merita di conoscerla, aggiungo altro che contadina.

  2. il 24 febbraio, 2013 giuseppe3.ca dice:

    Ti ringrazio Serghei ma il merito è tutto di Enrica, merita veramente i nostri complimenti per la sua bravura, dedizione, serietà e competenza. La invitiamo a scrivere ancora. Grazie Enrica.

  3. il 24 febbraio, 2013 Lorenzo.rm dice:

    Una bellissima storia italiana. Grazie alla protagonista e agli sviluppatori. E’ proprio una bella domenica, questa.

  4. il 24 febbraio, 2013 giuseppe3.ca dice:

    Vero Lorenzo, uno spaccato di vita della storia sociale del dopoguerra che un pò abbiamo vissuto tutti e che la brava Enrica, con il suo racconto, si ha riportato alla memoria.

    La Domenica del Bosco è sempre un’occasione per ritrovarci insieme anche con queste letture che spaziano tra piacevoli ricordi di vita vissuta, cultura e il meritato relax del giorno festivo. Grazie.

  5. il 24 febbraio, 2013 giuseppe3.ca dice:

    Non posso esimermi dal ringraziare la bravissima Giovanna per l’impostazione grafica e la scelta del video musicale: bellissime immagini accompagnate dalle splendide note di Morricone.

  6. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    Ora nn so davvero cosa dire, ringrazio come sempre Voi, che mi lusingate, la verità è che i miei genitori mi mancano e molto, spesso mi tornano alla mente dei particolari a volte col sorriso sulla bocca perchè mio papà, sapeva essere molto simpaico e di compagnia, a volte un po tristi perchè era anche una persona molto severa e difficile. In un articolo di qualche fa,parlavate di una medaglia che ha due facce che devono però sapersi unire e aiutarsi, loro si compensavano e si sono cercati sempre,quando litigavano erano litigate,….. ma erano sempre uniti nelle cose importanti.questo scritto è il seguito del Vostro articolo Eravamo forse tra i più poveri del paese, ma dignitosi,mia mamma ha rinunciato a tanto per noi, ma se ci trovavamo tutti insieme con le nostre famiglie,a casa loro prendendo sotto braccio mio fratello e me iniziava a cantare, cantava benissimo , questo succedeva quando tutti i suoi figli erano presenti , poi c’erano i momenti duri ma nn voglio ricordarli.

  7. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    Ringrazio Giuseppe, e Giovanna riescono a far sembrare un mio scritto qualcosa di bello, e sono grata a tutti e due,grazie grazie

  8. il 24 febbraio, 2013 riccardo2.co dice:

    Che bello leggere la storia di un amore nato tra mille avveristà del dopo guerra, la scrittrice non ha dovuto che attenersi alla sua vita e al racconto dei suoi genitori senza cambiare uma virgola.
    Ma il grande pregio di questa donna è sapere fotografare immagini del passato e del presente trasformandole il parole, che incantano per la loro semplicità di lettura,
    Grazie amica mia aspetto nuovi momenti di viaggio da condividere con te nel bosco.
    Un grazie partigolare a Giovanna e Giuseppe per come sanno cogliere sempre il meglio per noi lettori.

  9. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    grazie a te Riccardo

  10. il 24 febbraio, 2013 Nembo dice:

    Un racconto bello, ma veritiero di quei anni con le condizioni di vita e di lavoro assai dure, specialmente se si era lontano da casa senza i propri cari. Ma esistevano dei forti valori della vita, e con essi una forte voglia di vivere anche umilmente.
    Kursaal -casinò-conoscevo bene però quello di Lugano, forse nel racconto si intende quello di Locarno.

  11. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    no era proprio il kursal-Casino di Berna ne sono sicura, così come mi raccontavano dell’orologio e della terrazza delle Rose
    Sono stata a Berna, e forse xk me l’avevano talmente decantata, nn mi ha entusiasmato particolarmente, un freddo che nemmeno in Danimarca ho sentito, tanto che nemmeno l’orso è uscito dalla sua tana, ma per mia mamma svizzera doc era la città del cuore, nn l’ha mai dimenticata

  12. il 24 febbraio, 2013 abbondanza dice:

    un bellissimo racconto,le storie vere sono quelle che preferisco,sei una grande donna Enrica piena di forza e vitalita’ e i tuoi genitori sono stati degli ottimi insegnanti…ammirevoli le persone di una volta erano piene di valori…peccato che al mondo di oggi si stiano perdendo…..buona domenica a te e a tutti gli amici del bosco….

  13. il 24 febbraio, 2013 giovanna3.rm dice:

    Molto avvincente la storia della tua famiglia, Enrica, e anche ben raccontata. Te l’ho già detto che la tua collaborazione nel Bosco è preziosa e speriamo di potercene avvalere a lungo.
    Un caro abbraccio.

  14. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    ancora grazie a tutti

  15. il 24 febbraio, 2013 cicco53 dice:

    Ciao una bellissima storia, significativa leggendola mi ricorda la mia famiglia, molto unita due genitori stupendi che mi mancano tanto. I miei ricordi si proiettano a mio padre e mia madre, che ogni mattina con devozione e come incanto egli si poneva a mia madre con il sorriso e sguardi felici, chinandosi come se fosse una regina a porli il bacio,e sorridendo si avviava al lavoro. Crescendo queste immagine sono sempre presenti con amore e mi viene spontaneo eseguire questo gesto perchè mi appaga. Rivisitare questo racconto mi ha emozionato, e rafforza in me che l’amore è una parola che esprime tante cose, forse ci dimentichiamo spesso di pronunciarla. Buona domenica .

  16. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    grazie Cicco nel mio caso nn lo dicevano ma si volevano bene, brontolavano e e poi si cercavano, e anche io con il mio papà discutevo tutti i giorni era un teatrino recitato tutti i santi giorni, come mi manca

  17. il 24 febbraio, 2013 alba morsilli dice:

    Leggendo mi son trovata al cinema dove trasmettevano un film sentimentale pieno di amore,vedevo i personaggi con gli abiti puliti ma pieni di toppe che mamma alla sera cuciva per tutti.
    Lui uomo forte, e lei con dei cuccioli umaniche amava oltre modo, chi ha scritto questo racconto di vita vissuta porta con se dei valori inestimabili, lo leggo ai miei nipotini per far capire loro L’amore di una famiglia

  18. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    grazie albamorsilli,spesso si dice ti amo loro nn lo dicevano nn ne avevano il tempo, ma tutte le scuse erano buone per chiamarsi, la chiamava sempre….Agnese Agnese e lei ogni tanto sbuffavae poi si guardavano e ridevano da soli, oppure litigavano e nn cedeva nessuno dei due, poi passava qualche giorno e la cosa sfumava,nessuno chiedeva scusa e si continuava

  19. il 24 febbraio, 2013 sandra vi dice:

    Bellissimo il tuo racconto Enrica ,cosi’ ricco di caric umna.L’ho letto con commozione,mi ha ricordato papa e mamma e il loro grande amore durato un intera vita ,pur tra brontolii ,con mamma che trovava sempre da ridire su quello che faceva papa,ma era il suo modo di dirgl che gli voleva bene che era unico.Una vita 55 anni e quando papa mori,la sentimmo sussurrare ,aspettami ,vengo presto.L’anno dopo moriva anche lei.Complimenti a Giovanna ,la musica di MORRICONE e’ semmpre piacevole ,ma il vdeo e’ bellissimo.

  20. il 24 febbraio, 2013 novella dice:

    bravissima enrica, sei dotatissima scrivere dei sentimenti esemplari vissuti nelle nostre vere sante famiglie ciao carissima bravissima ripeto

  21. il 24 febbraio, 2013 enrica.Co dice:

    grazie ancora a tutti

  22. il 24 febbraio, 2013 Cecilia Zenari dice:

    Bellissima esposizione di un pezzo di vita straordinaria, perché realmente vissuta e con tanta grinta!!!
    Quante cose positive e lodevoli abbiamo sempre da imparare!
    I tuoi genitori, Enrica: una coppia che ha vissuto tra tante difficoltà e con vero amore.
    Come tu li descrivi: in unione tra loro e con grande desiderio di non far mancare nulla alla famiglia stessa.
    Una vita ammirevole, nonostante la povertà e i sacrifici, che han dovuto affrontare in quei lontani anni.
    Un racconto piacevolissimo, perché genuino!
    Un ringraziamento a te e ai tuoi cari genitori.
    Quanta ricchezza di valori possiamo trasmettere in questa nostra vita! Basta leggere il tuo scritto!
    Buona continuazione! Un abbraccio!

  23. il 25 febbraio, 2013 enrica,Co dice:

    grazie Cecilia,

  24. il 25 febbraio, 2013 franco muzzioli dice:

    “Poveri ma Belli”…con un pizzico di neorealismo ….le valige di cartone …poco di tutto…molto amore e tanta speranza! Se Risi o Rossellini avessero letto questa “trama” sarebbe scattata una bella sceneggiatura !

  25. il 25 febbraio, 2013 Giovanni dice:

    Carissima Enrica ho avuto il piacere immenso di leggere il tuo racconto, accetta i miei personali complimenti per l’esposizione dei fatti accaduti. Ho letto tutto il racconto dall’inizio alla fine preso interamente dagli avvenimenti che si sono succeduti. I miei migliori auguri affinchè possa avere dalla vita gioia e felicità per te e i tuoi cari. Giovanni

  26. il 25 febbraio, 2013 rossana 1 dice:

    Ciao Giuseppe, mi ha commosso leggere questo racconto,forse perchè penso che non tutti riescono a viviere una vita assieme così tra mille problemi In questo scritto ritrovo l’amore che aveva mio padre per mia mamma, anche loro si sono sposati alla fine di una guerra in cui mio padre ha subito un’invalidità, che a volte lo faceva sentire diverso, anche se invece doveva esserne orgoglioso, visto che a 20 anni ha perso l’uso della mano destra, anche loro hanno avuto tanti problemi con 3 figli da far diventare adulti,e un solo stipendio più un piccolo risarcimento dello Stato a causa appunto della sua invalidità, ma l’amore è stato l’ultima cosa che è morta assieme a mio padre. Grazie

  27. il 25 febbraio, 2013 giuseppe3.ca dice:

    Si Franco, concordo. Con qualche aggiunta che Enrica mi ha comunicato in confidenza, c’è proprio tutto per costruirci intorno un bel film di neorealismo d’epoca ed è proprio questo che ho comunicato all’autrice del racconto, incoraggiandola al fine di avere più fiducia in se stessa e per invitarla a scrivere ancora.

  28. il 25 febbraio, 2013 giuseppe3.ca dice:

    Grazie per il tuo intervento Rossana. Posso dirti che non sei stata la sola ad emozionarti e commuoverti nel leggere il racconto di Enrica perchè contiene, in sintesi, diversi aspetti della vita sociale del periodo post-bellico che un pò tutti abbiamo vissuto per cui possiamo rispecchiarci, in un modo o nell’altro, nei vari personaggi della storia.

  29. il 25 febbraio, 2013 silvana1.ge dice:

    Enrica, traspare dal tuo toccante racconto, tanto amore a gratitudine per ciò che hai ricevuto dalla tua famiglia .Significativa, direi esemplare, questa tua storia personale . Una bella famiglia, al di là delle asperità dei caratteri, al di là del tempi duri, della povertà. Il filo conduttore mi pare sia stato sempre l’affetto vero,nel suo significato più profondo che significa coesione familiare: quel tipo di affettività che attraversa il tempo, nel bene e nel male.E’ la progettualità che lascia nei figli quel calore familiare insopprimibile che si portano dentro unitamente ai ricordi. Un patrimonio morale, affettivo, un valore inestimabile che si trasmette di generazione in generazione . L’amore vero, vissuto con semplicità e dedizione. Grazie per averci permesso di condividere uno spaccato della tua vita così importante per te.
    Molto apppropriata, Giovanna la musica di Ennio Morricone!

  30. il 26 febbraio, 2013 enrica,Co dice:

    rispondo solo ora xk ieri proprio nn ne ho avuto la possibilità, ringrazio tutti Rosanna Franco e e Silvana, credo che in quegli anni i sacrifici per una famiglia li facessero davvero tutti, la differenza stava che i miei erano soli, mia mamma nn sapeva cosa fosse una famiglia, mio papà si, ma come tanti altri ha dovuto lasciare tutto per un post odi lavoro, gli aneddoti erano tanti, i miei zii (fratelli del papà) si sono sistemati prima economicamente e figli ne hanno avuti pochi o niente addirittura. I miei no, i figli, forse nn li hanno cercati, ma voluti sicuramente, e davvero anche nella povertà sono state persone a modo con pregi e difetti, sono orgogliosa dei miei genitori,anche se nn erano sempre rose a volte avevano delle belle spine

  31. il 26 febbraio, 2013 maria11 dice:

    ciao enrica, letto tutto il tuo racconto, mi e’ piaciuto molto, ciao

  32. il 26 febbraio, 2013 enrica,Co dice:

    grazie Maria


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