L’Angolo del dialogo – Pianeta donna

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L'ho preso dal Blog Zero Violenza Donne.

    I just want to work  

Annamaria Simonazzi e Gina Pavone, Ingenere.it

 

23 gennaio 2014

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“Cinquanta anni fa il volto della miseria era quello dei ragazzini vestiti di stracci. Oggi emblema delle ristrettezze economiche sono le donne che lavorano ma guadagnano troppo poco.

Un esercito di working poors sempre in affanno e a un passo dal baratro, tra paghe bassissime, pochi diritti e ancor meno welfare. Una situazione tipicamente femminile, ma che riguarda sempre più anche gli uomini.

Fiocchetto animato verde

“Troppi vivono ai margini della speranza”, dichiarava il presidente degli Stati uniti Lyndon Johnson nel 1964. In un discorso al congresso in cui annunciava la sua “guerra incondizionata alla povertà”, definiva “speranze essenziali” avere un lavoro a tempo pieno, con una retribuzione da tempo pieno, qualche sicurezza in caso di malattia, disoccupazione, anzianità. Cinquanta anni dopo la povertà ha cambiato profilo in modo consistente. La classe media non ha più l’aspetto florido di una volta e un esercito di persone, per lo più donne, è concretamente a rischio di finire in ristrettezze economiche.

Fiocchetto animato verde

Allora, nei primi anni ’60, i volti della povertà erano quelli di bambini scapigliati e vestiti di stracci o poco più, in sperduti villaggi sui monti Appalachi – come nel servizio che la rivista Life dedicava alla “war on poverty” – o assembrati a frotte nei vicoli dei bassifondi cittadini. Oggi, l’icona dell’insicurezza economica è una madre lavoratrice in affanno di prima mattina, di corsa mentre tenta di sistemare contemporaneamente il figlio e un genitore anziano, schiacciata tra lavoro a basso reddito e i diversi compiti di cura: “La linea che separa la classe media e i working poor dalla povertà assoluta si è fatta più sfumata”, scrive Maria Shriver in un report sulla povertà femminile realizzato insieme al Center for American Progress. Sono le donne, in particolare le madri single e con bassi livelli di istruzione, che ingrossano oggi le fila della vulnerabilità economica.

Fiocchetto animato verde

Ai tempi di Johnson, con la “guerra alla povertà” l’attenzione era puntata su 38 milioni di americani, un quinto della popolazione. Oggi il numero delle persone in condizioni di povertà o a rischio di povertà si è gonfiato fino a superare i 100 milioni, di cui 42 milioni di donne e 28 milioni di bambini che da esse dipendono, si nota nel report. Persone che vivono sulla soglia di povertà, a un passo dal baratro, e quel passo potrebbe essere un qualsiasi imprevisto (spese mediche, un pagamento ricevuto in ritardo o la macchina da portare dal meccanico, per esempio).

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Eppure stiamo parlando di un paese, gli Stati Uniti, in cui la maggior parte dei neolaureati è donna, e in due terzi delle famiglie entrano due stipendi. Allo stesso tempo, però, negli Usa sono di genere femminile i due terzi dei lavoratori che lavorano per il minimo salariale. Come mai allora questa polarizzazione nella condizione femminile? Come mai tante donne rivelano una così elevata vulnerabilità economica?

Il report individua 3 grandi cambiamenti culturali e sociali.

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1. Innanzi tutto la convivenza di due tendenze: se da un lato è vero che molte più donne raggiungono alti livelli di istruzione rispetto al passato, è comunque sempre facile rimanere segregate in quei lavori da “colletti rosa” a basso reddito nei settori dei servizi o della cura, tipicamente femminili.

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2. Quella che negli anni ‘60 era la famiglia-tipo – padre breadwinner, madre casalinga – oggi ammonta solo a un quinto del totale delle famiglie. Più della metà dei bambini avuti da donne di trent’anni o più giovani, è nato fuori dal matrimonio. E nel 40% dei nuclei familiari in cui vivono dei minorenni, la donna è l’unica o la principale fonte di reddito. Il sistema di welfare non è stato ancora adattato a questa trasformazione e la maggior parte delle persone intervistate per il report si sono dichiarate a favore di interventi pensati indipendentemente dalla condizione familiare, in modo da arrivare ad aiutare i genitori single e i loro figli.

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3. Una laurea è ancora un biglietto per entrare a far parte della classe media, ma accedere a alti livelli di istruzione è sempre più costoso, sottolinea ancora il report.

Un circolo vizioso ben descritto da Barbara Ehrenreich quando su The Atlantic scrive che in realtà essere poveri costa caro. Chi ha bisogno di soldi, finirà per ricorrere a prestiti concessi a tassi più alti di quelli applicati a clienti più facoltosi. Chi non può permettersi una cucina ed elettrodomestici con cui preparare i propri pasti, finirà per arrangiarsi con cibi pronti, dannosi per la salute e costosi.

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I lavori a basso reddito sono solo un’altra gabbia: si guadagna così poco da non riuscire mai a ritagliarsi il tempo necessario per cercare un lavoro pagato meglio; gli orari e la mancanza di flessibilità non permettono di organizzarsi con i bambini a casa, tanto meno di incastrare un secondo lavoro. Molti di questi lavori a salario minimo non prevedono giorni di malattia pagati, né permessi in caso di malattia del figlio o della figlia, sottolinea ancora il report, senza contare che risultano fisicamente usuranti, e particolarmente stressanti (il 42% delle donne con basso reddito accusa alti livelli di stress, contro il 22% degli uomini), senza però garantire l’accesso all’assistenza sanitaria. Così chi un lavoro ce l’ha, fa fatica a mantenerlo, e anche se guadagna poco, non ce la fa a ottenere una qualche prestazione pubblica a sostegno del reddito, spesso non rientra nemmeno nel programma sanitario minimo Medicaid.

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Innalzare il minimo salariale è la prima cosa che secondo il report si può fare sul fronte delle politiche pubbliche, ma anche migliorare le possibilità di accesso alle forme di sostegno al reddito, e le forme di sostegno per il lavoro di cura: quasi tutte le madri single intervistate (il 96%) indicano i permessi pagati come la risorsa che più le aiuterebbe, mentre più in generale un 80% degli statunitensi auspica provvedimenti governativi per ampliare la disponibilità di servizi di qualità per l’infanzia, e economicamente accessibili.

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Le donne, dal canto loro, devono imparare a fare delle scelte utili per mettersi al riparo dal rischio povertà, e la prima è “College before kids” (prima l’università poi i bambini). Puntare cioè su un buon livello di istruzione, perché le donne che hanno bassi livelli di istruzione hanno da tre a quattro volte maggiori possibilità di finire sull’orlo della povertà.

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Infine le imprese sono chiamate a fare la loro parte con politiche di valorizzazione delle loro lavoratrici, occupandosi della loro crescita, e su questo punto, il report propone un “indice di prosperità”, elaborato insieme ai ricercatori di un’università californiana.

Fiocchetto animato verde

La situazione dei working poors mette bene in evidenza come in realtà il problema più grosso non è tanto il soffitto di cristallo, che le poche arrivate (quasi) in alto non riescono a sfondare, ma il pavimento che sprofonda, nota un commento sul New York Times in cui si sostiene che elaborare politiche per migliorare le condizioni di lavoro delle donne voglia dire produrre effetti positivi su tutti i lavoratori, e anzi, paradossalmente, sarebbe parecchio utile anche per gli uomini, sempre più coinvolti in condizioni (tipicamente femminili) di basso reddito e instabilità lavorativa.”.

Fiocchetto animato verde

Fose fa bene ogni tanto spingere lo sguardo in Paesi e situazioni lontani dal nostro Paese. Tuttavia, pur con le differenze, la condizione della donna è sempre debole e precaria. Così negli Stati Uniti, come in Italia.

Per non parlare delle violenze, ecc. Ma questo discorso ci porterebbe lontano".

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 Giovanni Marradi - For the rest of my life

 


COMMENTI

  1. il 26 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Riporto il parere di un mio amico su FB, Gian Carlo Moglia. Se il problema dell’occupazione in genere, e di quella femminile in particolare, fosse da ascrivere al sistema dominante, sarebbero dolori per tutti. Ma le donne, abituate fin dall’inizio della loro vita, a operare in difficoltà, forse si troverebbero meglio in un sistema diverso.
    “L’attuale sistema capitalistico è talmente stupido che da una parte riduce in miseria il maggior numero di persone e dall’altra vorrebbe che le stesse si lanciassero in un consumismo sfrenato.”.
    M

  2. il 26 febbraio, 2014 franco muzzioli dice:

    Caro Lorenzo lo sai che “il mal comune non è mezzo gaudio” anche se il vecchio adagio dice il contrario.
    L’America in certi casi è persino peggio della bistrattata Italia , dove le disuguaglianze sociali sono ancor più evidenti e le tutele per i poveri minori.
    Ecco la parolina magica “uguaglianza”!
    Cercare la ridistribuzione della ricchezza, l’equità sociale, combattere l’evasione fiscale e l’ignoranza (mancanza endemica di cultura)…..abbiamo gli strumenti politici per farlo……facciamolo.

  3. il 26 febbraio, 2014 Nembo dice:

    Lorenzo, inizio subito con il dire che l’argomento attuale è molto tosto e, sarebbe utile sviscerarlo in tutta la sua realtà attuale ma non ci basterebbe solo un commento. Working Poors ovvero nuovi lavoratori che pur avendo un lavoro la loro vita è cambiata poichè il loro reddito da lavoro è da poveri,tantè che oggi abbiamo una notizia che i consumi nel 2013 sono calati del 2,6%, altro che luce in fondo al tunnel!Concordo con Muzzioli quando parla dell’America, tantè che Obama, ha denunciato la disparità economica e sociale anche della classe media, poichè l’economia è logorata e la disparità per molti è attuale anche in questo stato, per questo Obama ha aperto la strada proponendo politiche veritiere e concrete come aumentare il salario minimo e, non come sventolato come il discorso dell’attuale pres. del nostro consiglio… va bene che siamo in tema di carnevale, ma sinceramente dopo il suo discorso credo che siano solo coriandoli perchè sinceramente non ho ancora capito bene il suo programma che mi ricorda solo la canzone di Mina parole…parole…parole, altro che la Cinquetti visto che si è vantato per la sua età -39-al Senato(che ci vuole 40 anni)altresì visto i ministri che ha dovuto scegliere ops, (imposti) poco ci credo anche perchè vedasi l’attuale ministro allo sviluppo economico Guidi, e il ministro del lavoro -Poletti- tutto lascia pensare a cosa succederà, visto che la stessa ministra le sue aziende di famiglia le ha trasferite all’estero! Certamente il mondo della produzione attuale con questa crisi mostra con grande chiarezza in quale prospettiva va l’emarginazione della donna, per questo è necessario immettere le donne nel mercato del lavoro e non escluderle o riservarle per lavori sottopagati o subordinarle al lavoro domestico. Se si riesce portare avanti la sfida del lavoro equipaggiandoci per essere in grado di combattere questa battaglia prendendo come esempio il protagonismo costante espresso in varie lotte nelle quali le donne sono sempre in prima fila, questo mondo che è sempre più incanalato esclusivamente al malsano conformismo che sempre più distolge la gente alle realtà quotidiane sarà una concreta attuazione alla realtà che tutti noi vogliamo. Invece caro amico Lorenzo visto il nostro nostrano Fonzie di noatri, credo che il tanto disprezzato manuale “Cancelli” della primissima repubblica!!!venga di nuovo in vigore! Speriamo che finchè tiene le mani in tasca nei suoi pantaloni, il nostro pres. non ce le metta in tasca a tutti noi.

  4. il 26 febbraio, 2014 lucia1.tr dice:

    Oggi si parla tanto di “Capitale umano”, la capacità di ogni individuo di produrre reddito. Nel nostro Paese è evidente un grande differenza di genere, i recenti dati ISTAT hanno accertato che una “donna” vale la metà di un “uomo”. Non riporto le varie tabelle che possiamo trovare facilmente nella rete, ma reputo interessante chiedersi il motivo di questa disparità. Le donne che lavorano sono di numero molto inferiore, i loro salari sono notevolmente più bassi anche a parità di lavoro, difficilmente riescono ad occupare posizioni importanti perché penalizzate dal loro ruolo di mogli e madri. Alle cifre della statistica andrebbero aggiunte le cifre del lavoro domestico non retribuito, spesso dimenticato, quello della cura dei figli, della pulizia della casa, della spesa quotidiana, che non viene riconosciuto né quantificato.

  5. il 26 febbraio, 2014 giovanna3.rm dice:

    La musica, purtroppo, è sempre la stessa, anche in altri paesi. Mi meraviglia, tuttavia, che la situazione sia assai pesante anche negli Stati Uniti. E’ vero che non hanno mai avuto l’assistenza sanitaria gratuita, se non con l’avvento di O Bama,e ancora, non conosco come funziona. Ero, però, convinta che le discrepanze salariali non fossero tanto distanziate tra uomini e donne. Inoltre, pensavo che i servizi sociali funzionassero bene, ciò che da noi manca, in modo molto esteso ed è, addirittura, inesistente in alcune regioni.
    Ebbene, niente di nuovo, per noi per quanto riguarda il ridotto guadagno femminile, rispetto a quello maschile, alle stesse condizioni di responsabilità e di compiti.
    Che si ritenga dovuto e del tutto gratuito poi, il lavoro domestico, la cura dei figli e dei familiari malati è un altro aspetto vergognoso, ovunque avvenga.
    Incidentalmente, mi ritorna alla mente una perla di diversi anni fa. Ero stata assunta da una Compagnia aerea straniera e, nel contratto, c’era una bella postille: “se mi fossi sposata sarei stata licenziata”! Ciò, ovviamente, in previsione della nascita di un figlio, poiché lo spettro delle assenze conseguenti erano inaccettabili. Ma la maternità non dovrebbe essere concepita come un aspetto sociale positivo per tutta la comunità?
    Credo che le donne abbiano sopportato, da sempre e a non finire, condizioni di inferiorità salariale, sociale, culturale, umane ecc., per non parlare della violenza, sempre più accesa, anche ai nostri giorni. Evidentemente questa situazione di precarietà, ingiustizia e illegaalità non è più sopportabile e occorre che i governi trovino al più presto provvedimenti efficaci per sanare queste difformità inaccettabili. Non si finirà mai di portare alla luce condizioni di grande difficoltà, oltre che disumane e disperate.

  6. il 26 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Franco, è vero, la diagnosi è palese, ma è la prognosi che spesso, molto spesso, va in altra direzione. Sempre più si sente affermare la necessità di un’eguaglianza di genere e, seppur faticosamente, tale necessità si va realizzando. Il fatto è che ora c’è la crisi e la crisi porta con sé l’esigenza di vincere sui mercati. A tutti i costi, aggiungo. E sui mercati si vince se i costi sono contenuti e la produttività elevata. Almeno, questo ci hanno insegnato i cultori del capitalismo “tout court”. Io non la penso così e so che anche tu non la pensi così. Ma in questo quadro, altro che che esigenze di redistribuzione.

  7. il 26 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Grazie, Fiorenzo Nembo, del tuo intervento così appassionato sul quale sono fondamentalmente d’accordo.Io penso che, senza un recupero sostanziale della funzione pubblica, nel nostro Paese, come anche negli altri Paesi capitalisti, non si possa recuperare l’essenziale funzione delle donne a fini di vera crescita. A questo punto, però, occorre anche dire che il ruolo del “pubblico” è allo stato attuale non tanto di moda. Si intende tranquillamente il settore pubblico come quello della spesa pubblica e, sotto sotto, come quello del debito pubblico. Altro che un settore importante a fini di equilibrato e duraturo sviluppo delle risorse. Sia ben chiaro, non a fini di interessi di un singolo Paese ma esteso a tutte le esigenze di crescita del mondo, soprattutto di quello povero. Guai se le donne, in questo quadro, si accontentassero di “quello che viene loro concesso”: paghe basse e sfruttamento. Io penso che le donne abbiano e possano svolgere un ruolo di vero riequilibrio delle strutture economico-sociali. Ma saremmo fuori dal capitalismo del guadagno facile e dell’aggressione nei confronti dei poveri, interni ed esteri.

  8. il 26 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Grazie, Lucia, del tuo intervento, che ho molto apprezzato. Tutto vero ciò che dici dell’attuale situazione femminile. Hai parlato anche, opportunamente, del tanto lavoro fuori mercato, gratuito e volontario, che svolgono le donne. Ebbene, ho l’impressione che questo tipo di lavoro femminile possa essere d’esempio per assicurare ad un Paese condizioni di vera crescita. Rinchiudendoci progressivamente nel fortino del cosiddetto “mercato”, alla fine riteniamo, sbagliando, che la crescita di un Paese sia legata soltanto al suo risultato economico o, peggio, ad alcuni indici, come debito pubblico, spread, conti economici, ecc. Occorrerebbe uno sforzo di sana fantasia per affermare senza equivoci, e in tutte le sedi che contano, che occorre ragionare in altro modo. Ragionando in altro modo verrebe tranquillamente riconosciuto e considerato il ruolo fondamentale delle donne. Non per nulla in alcuni ambienti si va affermando l’idea che il vero modello di crescita da applicare ad un Paese sia quello di tipo femminile, fondato su attività che non mirano immediatamente al guadagno ma vengano svolte a favore dell’intera società in modo spesso gratuito, indispensabile alla coesione familiare e sociale.

  9. il 26 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Giovanna, grazie. Tu sai che la penso esattamente come te. Il commento in risposta a Lucia posso indirizzarlo pure a te. Una considerazione vera di parità di genere, anzi, di maggiore impiego del fattore “donna” in tutta la società, anzi in tutte le società, potrebbe essere il vero fattore di novità di queste società capitaliste che hanno raggiunto guadagni infiniti, non li hanno saputi impiegare ed oggi arrancano in fase di riflusso. E non pensiamo che i Paesi più poveri ne trarranno vantaggio. I mercati sono sempre più ristretti e, al massimo, un Paese sostituirà un altro, la Cina ad esempio farà la parte del leone, ma non si accrescerà l’armonia, il benessere, non solo economico, delle società nel mondo.

  10. il 26 febbraio, 2014 giovanna3.rm dice:

    Non avevo dubbi, Lorenzo, che tu avessi idee avanzate e positive nei confronti della condizione femminile. Mi domando se non si possa fare qualcosa per sollecitare, presso i parlamentari, una sollecita presa di posizione a proposito di questi argomenti. Chi si occupa attualmente, come Ministero, delle questioni femminili?

  11. il 26 febbraio, 2014 Giuseppe3.ca dice:

    In guerra e nelle grandi battaglie i condottieri e i generali responsabili mettono sempre in conto il “Fattore Umano” tenendo conto delle perdite di vite umane che ogni battaglia inesorabilmente comporta.
    Lucia richiama il “Capitale Umano” per quanto riguarda la capacità di produrre reddito; Franco mette in evidenza l’esigenza di eliminare le “disuguaglianze sociali” che tutti conosciamo e che, purtroppo, si stanno allargando; Giovanna ci racconta l’episodio da lei vissuto in prima persona relativamente alla discriminazione della donna in caso di matrimonio, inserito palesemente con una postilla di un contratto di lavoro e, infine, Lorenzo pone in risalto il “Fattore Donna” del quale è diventato ormai indispensabile tener conto per cercare di risalire la china e far fronte all’invasione del Capitalismo dei paese emergenti che stanno dimostrando di avere una velocità molto superiore alla nostra vecchia bicicletta con la quale stiamo faticosamente arrancando.
    È vero che l’arte della politica è quella delle parole, parole, parole… e con le parole riescono a convincere l’ignaro cittadino. I nostri politici hanno dimostrato, finora, un arrivismo esasperato per raggiungere i posti di potere e di gestione dei soldi pubblici ma noi sappiamo che d’ora in poi occorrono fatti e non parole e il “Fattore Donna” sarà determinante per vincere la nostra battaglia quotidiana per la sopravvivenza.
    Grazie Lorenzo, sempre perspicace nella scelta degli argomenti.

  12. il 26 febbraio, 2014 lucia1.tr dice:

    A tutela delle donne mi riconosco nel pensiero di Mirian Maffai, mi piace postarlo in questo spazio:

    “Corri, bambina, corri…, tu che hai buona la testa, le gambe e il cuore. Corri senza rallentare davanti agli ostacoli, alla stanchezza, alla nostalgia (che pure talvolta ti coglie) del tempo della lentezza e della protezione. Corri per arrivare dove avevi deciso, per soddisfare il tuo sogno e la tua ambizione. La modestia, la rinuncia alle proprie ambizioni, se pure riuscirono, segretamente, a nutrirle, fu il connotato delle donne delle generazioni che ti hanno preceduto, donne educate alla modestia e alla rassegnazione, a mettersi al servizio dell’ambizione del maschio della famiglia, fosse il marito, il fratello, il figlio. Tu sei diversa, tu hai deciso di arrivare dove ti sei proposta. Tra le donne che oggi hanno successo, molte portano nomi illustri. Hanno successo, dunque, per diritto ereditario. Tu non hai un nome illustre, né una famiglia importante alle spalle, ma hai buona la testa, le gambe e il cuore. E hai diritto a correre, e ad arrivare prima se la corsa non sarà truccata. Noi, della generazione che è venuta prima di te, una generazione che si è impegnata nella corsa, che spesso ha vinto, che più spesso ha perso, ti daremo una mano, se ce la chiederai. Ma tu devi sapere che hai diritto a una corsa non truccata, che hai diritto al successo.”

  13. il 27 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Dovrebbe essere confermato anche nel nuovo governo un apposito incarico per le pari opportunità. Intanto è stato assunto il pari numero fra ministre e ministri. Vedremo gli sviluppi, Giovanna.

  14. il 27 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Grazie, Pino, soprattutto per la lucida analisi con la quale hai fatto il punto dei diversi interventi. Eh già, d’ora in avanti non si potrà prescindere dal fattore “donna” come di quello indispensabile per la nuova crescita, economica e sociale.

  15. il 27 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Splendido l’inserto di Miriam Mafai che hai riportato, Lucia.Sì, la corsa della donna non dovrà mai più essere truccata usando gli ingredienti del maschio, a tutto discapito delle donne e a vantaggio esclusivo degli uomini.

  16. il 27 febbraio, 2014 giosue1.vi dice:

    care amiche avete voluto la parità ,,vi avete schiavilizzate con le stesse vostre mani, non avete pensato alle giovani donne che futuro avranno.Provate a chiedere alle giovani che futuro avranno??????

  17. il 27 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Giosué, in una certa misura hai ragione. Le donne hanno chiesto parità e hanno ricevuto sacrifici ulteriori. Nel lavoro sono maltrattate e fuori dal lavoro tutto pesa sulle loro spalle. A quando una seria riflessione sulle condizioni della donna, al di là degli slogan? Se tutto ha un valore (non un prezzo), il valore della donna è inestimabile.

  18. il 27 febbraio, 2014 lucia1.tr dice:

    Vorrei ricordare a Giosue1.vi che incolpa le donne di avere rovinato il futuro delle nuove generazioni, che la vita non è facile per nessuno e in questo momento di grave crisi economica, il lavoro delle donne rappresenta una risorsa e un valido aiuto per il mantenimento delle famiglie. La nostra storia ci dovrebbe aver insegnato che la democrazia è un bene immenso, che tutela le donne, i diversi e gli anziani e sta nella responsabilità di tutti difenderla!

  19. il 27 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Tanto più preziosa diventa l’attività delle donne in periodi di crisi. La loro generosità disinteressata è ben conosciuta in tutti gli ambienti, soprattutto in quello familiare.

  20. il 27 febbraio, 2014 gianna dice:

    Lorenzo, scusami ma i commenti gia’ scritti ogni persona ha spiegato tutto piu’ che bene, ma il commento di Lucia tr: mi ha colpito molto le sue parole sono la pura verita’dopo il suo commento, c’è poco da discutere, ma da complimentarsi con Lucia tr: bravissima le tue parole sono la pura verita’, grazie

  21. il 27 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Hai ragione, Gianna: i pensieri espressi da Lucia sugli argomenti di cui ci stiamo occupando sono davvero pura verità. Aggiungo ai tuoi i miei complimenti. Grazie, Lucia.

  22. il 27 febbraio, 2014 lucia1.tr dice:

    Vi ringrazio per i complimenti, ho scritto solo quello che sento, come già esposto in un altro post in Eldy, nella famiglia odierna è la figura del padre che non ricopre più il suo ruolo di guida, spesso ha delegato alla madre le responsabilità dell’educazione dei figli. E’la donna che spesso, pur lavorando fuori e dentro casa, cerca di imporre le regole e il rispetto ai figli, diversamente dal padre che a volte non è capace di ascoltarli e di entrare in un’alleanza per farli crescere.

  23. il 27 febbraio, 2014 lukeber dice:

    Sto scoprendo la vostra iniziativa e più lo conosco e più apprezzo il vostro impegno. E’ stata giovanna3.rm a segnalarmelo e di questo la ringrazio moltissimo. Mi auguro che la nuova compagine governativa possa fare qualcosa per migliorare la situazione ed eliminare rapidamente tutti gli ostacoli che incontra ancora oggi una donna nel mondo del lavoro .

  24. il 28 febbraio, 2014 giovanna3.rm dice:

    Grazie Luca di essere venuto a trovarci: mi fa molto piacere. Avere un cugino in Alta Valtellina che scopre un Software, conosciuto in tutta Italia ma, di fatto, lo scritto di cui parli parte da Roma, è una cosa simpatica! Se continuerai a leggere i nostri servizi, scoprirai che, nel nostro blog il Bosco, trattiamo argomenti di natura varia: arte, politica, economia, musica, la nostra terra, il mondo degli animali, pianeta donna, attualità ecc.
    Ti ringrazio ancora per il tuo commento e mi auguro di leggerti ancora.
    Un abraccio a te, Elena e Désirée.

    (Gianna: per la famiglia)

  25. il 28 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Sì, Lucia, tanto cresce e diventa nitida l’importanza della madre nel rapporto con i figli, tanto diviene sbiadita ed insicura la figura del padre. Che spesso si manifesta in termini di violenza nei confronti della madre.

  26. il 28 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Lukeber, ti ringraziamo molto per l’attenzione che ci hai riservato e per i complimenti, soprattutto a Giovanna.

  27. il 28 febbraio, 2014 giosue1.vi dice:

    carissima lucia io non ce lo con le donne , anzi ho sempre avuto molto rispetto, ma lo sai che in italia ci sono un milione di badanti straniere e loro non si lamentano ???

  28. il 28 febbraio, 2014 lucia1.tr dice:

    Credo che tutti conoscano le condizioni disagiate di un gran numero di “collaboratrici domestiche”, il termine badante non mi piace, che lasciamo i loro figli, i genitori, i Paesi d’origine per venire a lavorare in Italia. Scelte dettate dalla mancanza di lavoro e dalla necessità, di dare un futuro accettabile ai loro figli, costrette ad accettare lavori pesanti che, le donne italiane si rifiutano di fare, senza lamentarsi per paura di essere cacciate. Mi auguro che alla vigilia d’importanti riforme economiche, che il nuovo governo si accinge a fare, sia necessario rimettere al centro la preziosità del lavoro di cura, così marginale e poco riconosciuto, senza il quale invece non sarebbe possibile nessuna economia.

  29. il 28 febbraio, 2014 giovanna3.rm dice:

    Caro Giosuè, come spesso accade, nei tuoi commenti relativi ai problemi femminili, non manchi mai di affermare che tu le donne le rispetti e non hai niente contro di loro, ma puntualmente ti contraddici. Il numero che citi, di un milione di collaboratrici di famiglia, straniere, non so confutartelo perché non ho idea da quali dati l’hai rilevato, in ogni caso il numero elevato che hai indicato ti dimostra, di per sé, che donne del nostro paese, disposte a fare enormi sacrifici, per prendersi cura di persone anziane, malate, bisognose di costante assistenza, ce ne sono ben poche e lo sanno bene le persone che hanno bisogno di questi aiuti.
    Ti meravigli che le collaboratrici straniere non si lamentano della loro condizione……
    a tu, dove vivi Giosué? Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani donne, e non solo, dell’Est Europeo, dove gli stipendi sono bassissimi e queste persone hanno spesso figli, genitori, mariti disoccupati da mantenere quindi, è ovvio, che sono più disposte a fare sacrifici per aiutare le proprie famiglie e, se possibile, dopo alcuni anni, ritornare al loro paese. Conosco diversi casi di ragazze, anche ben istruite, laureate, ma pronte a sacrificarsi senza battere ciglio. Certo, può capitare anche qualche caso negativo, che non svolge i compiti per i quali è stata assunta, ma non ti risultano casi molto più estesi di compatriote che abbindolano persone anziane, le circuiscono, le accompagnano alla posta o in banca a ritirare la pensione poi, sempre molto cortesemente, le riaccompagnano a casa e con una scusa plausibile le derubano di tutti i loro averi? Situazioni del genere avvengono molto spesso quando, addirittura, non vadano oltre e, per pochi spiccioli, pensionati, anziani soli, vengono uccisi.
    In conclusione, Giosuè, sarebbe opportuno che tu leggessi bene i vari servizi, che si basano su inchieste portate avanti da persone che conoscono le situazioni di grande difficoltà in cui versano le donne, in generale, e descrivono la realtà esistente, e non solo nel nostro Paese ma anche altrove, come viene precisato in questo articolo.
    Forse potresti riflettere un po’ di più sui vari casi elencati, quindi essere meno superficiale nelle tue affermazioni e, permettimi, anche un po’ più informato.
    Mi auguro di leggerti più ben disposto, in avvenire, alla luce di fatti conclamati! Ciao Giosué.

  30. il 28 febbraio, 2014 giosue1.vi dice:

    cara , giovanna,io non voglio essere dalla parte della ragione prima di lamentarvi tanto , guardate un po chi sta peggio di voi io esprimo la mia idea da cittadino italiano,, ciao giovanna

  31. il 28 febbraio, 2014 Lorenzo.rm dice:

    Non avevo dubbio che l’intervento di Giosué avrebbe determinato un certo dibattito. Anche questo va bene, per conoscerci meglio e per verificare le situazioni concrete, così come si manifestano. A me va bene così.


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